STUDI DI SETTORE ADDIO

BERTIN (PRESIDENTE ASCOM): “VA BENE PERCHE’ERANO 23 ANNI CHE LI CONTESTAVAMO E DUNQUE NESSUNO VERSERA’ UNA LACRIMA MA LE PICCOLE IMPRESE SI ATTENDONO DI PAGARE MENO TASSE”
“Se dopo 23 anni saranno soppressi, credo che nessuno tra i milioni di piccoli imprenditori italiani verserà una lacrima in favore degli studi di settore”.
Il presidente dell’Ascom, Patrizio Bertin, è soddisfatto della nota del Ministero dell’Economia e delle Finanze che ha annunciato la sostituzione degli studi di settore con gli «indicatori di compliance», ma rimane prudentemente alla finestra.
“A parte il fatto che i termini inglesi applicati alle tasse italiane adombrano sempre il sospetto che ci sia la fregatura, di positivo – continua Bertin – è che anche nel “palazzo” ci si è finalmente accorti di quanto andavamo dicendo dalla loro comparsa, ovvero che erano (anzi, lo sono ancora fino a soppressione da confermare) indicatori troppo rigidi che mal si prestavano a valutare il reddito delle imprese perché erano troppo “orizzontali”, perché non tenevano conto, o ne tenevano in minima parte, delle situazioni contingenti e risultavano “scontati” solo per i negozi che operavano in prossimità degli outlet quando invece a “fare il mercato” sono le decine di centri commerciali disseminati in ogni dove.
Tutti argomenti che avevano fatto schizzare gli studi in vetta alla classifica delle norme “più odiate dai piccoli imprenditori” e che, in questi quasi cinque lustri, hanno più volte scatenato manifestazioni di protesta, fatto organizzare convegni, ma anche determinato fatiganti incontri in sede ministeriale, talvolta proficui ma mai decisivi.
“Adesso finalmente si mandano in soffitta – puntualizza il presidente dell’Ascom – e con loro viene seppellito il fatidico “ricavo di congruità” a cui le imprese sono costrette ad uniformarsi per rispettare le pretese del Fisco, quasi mai congruenti con la realtà delle situazioni”.

Dunque il Fisco abbandonerà gli studi come strumento di accertamento presuntivo per far posto a uno strumento che, grazie ad nuovo meccanismo, guarderà solo «ai ricavi dichiarati, sempre integrabili in dichiarazione» che insieme ad altri elementi contribuiranno a definire l’affidabilità di imprese e autonomi a cui è connessa la riduzione dell’attività di controllo».
“Tutti bei proponimenti certamente sottoscrivibili – precisa Bertin – ma vale la pena ricordare che la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni e, almeno fino ad ora, non è che agli annunci che sembravano disegnare un rapporto nuovo tra Fisco e piccole imprese, siano seguiti fatti altrettanto lusinghieri”.
Valga per tutti il dato diffuso nei giorni scorsi: il 45% dei controlli ha prodotto un recupero (peraltro teorico) di maggiore imposta inferiore a 1.500 euro. Il che significa che l’amministrazione finanziaria continua a concentrasi sui “piccoli” sia perché così riesce a “fare numeri” ma sia soprattutto perché dai “grandi” continua a portare a casa pochissimo e anche quando scopre grandi evasioni e/o elusioni, puntuale arriva l’accordo che abbatte il dovuto.
Sia come sia, tra le dieci novità indicate dal ministero, sono degne di nota la riduzione delle informazioni richieste nel modello dati, il fatto che i risultati saranno personalizzati per singolo contribuente, che ci sarà maggiore elasticità rispetto al valore aggiunto, si valuterà meglio la realtà economica dell’impresa, ma soprattutto perché sarà l’Agenzia delle Entrate a comunicare al contribuente il suo “risultato di affidabilità” indicando il valore dell’indicatore sintetico e delle sue diverse componenti, comprese quelle che appaiono incoerenti.
“Non vi è dubbio – chiarisce Bertin – che il Fisco debba fare i conti con la realtà e la realtà è quella che il sistema produttivo delle piccole e medie imprese non riesce, in misura sempre più consistente, a fare fronte ai propri impegni, strozzato dalla crisi di liquidità e confermato, nelle scorse settimane, dal rinvio del pagamento delle tasse da parte di una percentuale valutabile intorno al 60% dei piccoli imprenditori. La prossima legge di bilancio, pertanto, se si vuole che il superamento degli studi di settore abbia un minimo di valore, dovrà contenere le necessarie modifiche normative e anche l’attesa riduzione delle tasse sulle imprese”.
Infine una battuta: “A Padova – conclude Bertin – sono interessati al provvedimento più di 100 mila tra imprese e professionisti. Nessuno di questi si chiama Apple e la stragrande maggioranza di loro, perché legata al territorio, non può avere sede legale in Irlanda!”

Padova 12 settembre 2016

(Ascom Padova)

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