PFAS: non è solo l’acqua ad essere la responsabile della contaminazione

PFAS: NON È SOLO L’ACQUA A ESSERE LA RESPONSABILE DELLA CONTAMINAZIONE PRATICHE AGRONOMICHE E PRODOTTI ALIMENTARI A RISCHIO
Al di là delle responsabilità giudiziarie, la concentrazione di Pfas nella falda acquifera della zona resta altissima. E ora tornano a galla i problemi non affrontati.
Boscagin: “la Regione dimostri coraggio subito. Avviare censimento dei pozzi privati e fermare l’uso agricolo di fanghi da depurazione contaminati da PFAS”

“I pfas fanno male perché costituiscono un fattore di rischio ulteriore nello sviluppo di una serie di malattie” è questa la conferma che arriva dal responsabile del settore prevenzione della Regione Veneto Dott.sa Francesca Russo nel corso di un convegno promosso dall’ordine dei giornalisti a Vicenza il 23 gennaio scorso (fonte quotidiano L’Arena, 25.01.2019). Nello stesso incontro la Dott.ssa Russo ricorda anche come i residenti nelle zone rurali della zona rossa, che si sono sottoposti al piano di sorveglianza promosso dalla Regione, si ritrovino con percentuali di pfas nel sangue pari al doppio rispetto ai residenti nelle aree non rurali della stessa zona rossa.

“Questa è una conferma tanto importante quanto inquietante delle criticità che Legambiente con il Coordinamento Acqua Libera da Pfas solleva inascoltata da anni dalle istituzioni – dichiara Piergiorgio Boscagin di Legambiente Veneto e portavoce del Coordinamento acqua libera dai pfas – ed è ora il momento che la Regione affronti con coraggio il problema della contaminazione alimentare da PFAS e si impegni a fermare l’uso in agricoltura dei fanghi da depurazione contaminati oltre che ad avviare un censimento obbligatorio dei pozzi privati”.

Legambiente e il Coordinamento hanno infatti già segnalato a più riprese alla Regione ed a tutti gli organi coinvolti, come nelle zone rurali a fronte di una grande quantità di captazioni autonome non ancora censite (pozzi privati) e di conseguenza mai sottoposte ad analisi per verificare l’eventuale presenza dei pfas nelle acque emunte, non si sia mai avviato un censimento dell’esistente. Inoltre a questo si aggiunge il probabile dilavamento dei PFAS presenti nei terreni agricoli in seguito ad apporti agronomici che potrebbero determinare di per sé una locale contaminazione delle colture. Una possibile contaminazione puntuale a cui dunque si potrebbe aggiungere la possibilità che l’irrigazione con acqua contaminata contribuisca alla contaminazione ulteriore delle matrici alimentari, che una volta consumate aumentano l’accumulo nell’organismo umano.

Risulta per questo evidente come le criticità per il comparto agricolo ed alimentare siano molteplici , rendendo la presenza di pfas o meno nel sangue delle persone non più limitabile al solo consumo diretto di acqua contaminata da perfluoroalchilici. Un problema vero e da affrontare con urgenza, che Regione Veneto e associazioni di categoria non possono più tentare di nascondere sotto il tappeto, al di là delle responsabilità giudiziarie e delle valutazioni sulla quantificazione del danno ambientale da parte del Ministero e che alla luce di queste problematiche appare oggi sottostimato.

“Ad oggi – continua Boscagin – seppur richiesto esplicitamente alla Commissione regionale di inchiesta sui pfas, oltre a non sapere dove sono e quanti sono i pozzi privati inquinati, non sappiamo neppure se siano state intercettate situazioni agronomiche in cui si sia fatto uso di fanghi di depurazione e ammendanti compostati da fanghi, ritenuti dalla letteratura scientifica i principali apportatori di contaminazione al terreno agricolo per quanto riguarda i composti per- e poli fluorurati a più elevato bioaccumulo. Eppure l’utilizzo dei fanghi di depurazione quale ammendante agricolo è pratica più che verosimile ed è noto è come negli anni lo smaltimento diretto dei fanghi da impianti di depurazione in agricoltura abbia interessato superfici agricole anche nelle province interessate dalla problematica PFAS (Vicenza, Verona, e Padova)”.

A fronte dunque di tale presa d’atto del capo della prevenzione della regione Veneto e delle nuove indicazioni che arrivano da EFSA (autorità europea per la sicurezza alimentare) sulla necessità di rivedere al ribasso le stime sui valori limite di assunzione delle sostanze perfluoroalchiliche attraverso gli alimenti, Legambiente con il Coordinamento Acqua Libera dai Pfas tornano nuovamente a richiedere e a segnalare:

  1. la necessità di un censimento completo dei pozzi di captazione privata nelle aree contaminate denominate come zona Rossa A e B con l’estensione di tale mappatura alla zona denominata arancio, in particolare per i comuni di Sovizzo , Creazzo, Monteviale e Altavilla Vicentina, territori che hanno subito una contaminazione storica da composti fluorurati delle falde acquifere risalente alla metà degli anni 70.
  2. l’estensione alla zona Arancio del piano di sorveglianza nei confronti della popolazione, piano attualmente previsto solo per la zona Rossa.
  3. la rivalutazione delle indagini sulle matrici alimentari e zootecniche, orientandole maggiormente sui fattori di rischio agronomici, alla luce anche delle nuove indicazioni date dall’EFSA.
  4. un piano straordinario di bonifica e risanamento di tutto il bacino dell’Agno Fratta Gorzone, un territorio che da decenni subisce un pesantissimo impatto inquinante di natura principalmente di tipo conciario chimico e dove l’inquinamento da perfluoroalchilici rappresenta solo la punta dell’iceberg.
  5. L’adozione da parte della regione Veneto di iniziative presso i ministeri competenti affinchè le nuove indicazioni fornite da EFSA vengano recepite dalle autorita sanitarie nazionali al fine di salvaguardare la salute di tutti i cittadini
  6. che la regione Veneto si faccia promotrice a livello nazionale ed europeo di iniziative per l’avvio dei processi di “phasing out” del comparto chimico, industriale e conciario in particolare del bacino del Chiampo prevedendo anche la messa al bando della produzione e della commercializzazione delle sostanze perfluoroalchiliche comprese le nuove sostanze a catena corta, visto che per queste ultime non esistono studi attendibili che ne dimostrino la non pericolosità

Legambiente e Coordinamento Acqua Libera dai Pfas

Per informazioni: Boscagin 348 7236715 

(Legambiente Veneto)

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