Le omelie 2020 – Oltre la morte la vita da risorti

La morte è la realtà più universale e più seria che esista. Con essa ogni essere vivente ha a che fare, anche se non ne ha coscienza e perciò semplicemente la subisce, come nel caso dei vegetali e degli animali. L’uomo invece ha consapevolezza che lo attende al varco la morte, nell’ora che non gli è dato di conoscere. Per l’uomo la morte è il problema dei problemi. La questione delle questioni. Generalmente lo impensierisce, lo impaurisce e lo incupisce.

Ed ecco, a quanto risulta anche dai media, la reazione della cultura più diffusa e dominante: togliere possibilmente ogni contatto con la morte. Evitare, soprattutto al mondo dei bambini, dei ragazzi e degli adolescenti, le occasioni di farla entrare nel flusso del vivere quotidiano, perché li turberebbe troppo. È meglio far chiudere gli occhi e fingere che non esista. O pensarla solo come un brutto sogno. Ma intanto diamoci al divertimento, appiattiti sull’oggi. Anzi facciamo i nostri scongiuri e facciamo della morte una occasione di divertimento burlesco, macabro, e di affari economici. L’uomo di oggi fatica a prendere con serietà le cose serie e a lasciarsene interpellare. E anche quando è posto di fronte a fatti sconvolgenti, come la morte tragica di un amico, di una amica, dopo aver giurato solennemente: “Sarai sempre nel nostro cuore! Non ti dimenticheremo mai!”, di fatto nel volgere di poco tempo quasi in tutti cade l’oblio. Come cade l’oblio sui solenni funerali di noti personaggi dello spettacolo o della politica. Come cade l’oblio sulle morti allucinanti dei migranti per annegamento in mare o per asfissia su un Tir. L’oblio non è una risposta degna dell’uomo al mistero della morte.

Ogni persona umana ha diritto di riflettere su se stessa, sulla propria carica di risorse e potenzialità ma anche sui propri limiti e sulla propria finitezza. E allora scopre che la morte coincide con l’esaurirsi delle risorse fisiche biologiche a disposizione. La  morte è l’estremo limite non dilazionabile dell’essere vivente. Più oltre non va la sua esistenza biologica corporea, perché sono venute a meno le risorse donatele dalla natura, dopo essere state rese inefficaci anche quelle suppletive della scienza e della medicina. Concretamente, come precisa sant’Agostino, da quando siamo venuti al mondo siamo ogni giorno morienti, in quanto perdiamo ogni giorno un frammento della carica di esistenza terrena primordiale, fino alla sua consumazione totale, che coincide appunto con la morte.

Dal momento che a nessuno è possibile sfuggire alla presa della morte, è saggio ricercare possibili soluzioni al suo essere un dramma sommo e una tragedia immane: l’essere passaggio ad una vita in altra condizione oltre il morire o la scomparsa dell’essere vivente umano come accade per animali e vegetali, fino alla riduzione al nulla.

La fede cristiana offre una password adeguata ad entrare nel mistero del morire che apre al mistero del vivere oltre la morte. La fede cristiana svela nella morte non un annientamento dell’intero essere umano, ma una migrazione da questa vita terrena alla pienezza del vivere con Cristo Risorto; un passare, come Cristo e in Cristo, da questo mondo al Padre. O, per dirla con l’immagine di san Paolo, “il momento di sciogliere le vele”, per approdare alla terra promessa del Paradiso. In quel passaggio e in quell’approdare si capisce davvero il valore della vita e i valori eterni che nemmeno la morte fisica è in grado di azzerare. Potessimo dire anche noi in tutta verità come Paolo: “ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede!” Come a dire: sono vissuto di fede! Ora non mi resta che ricevere la corona di gloria. Paolo aveva nitida coscienza di ciò che lo attendeva: non l’abisso del nulla, ma la pienezza del proprio essere in una vita preparata con una vita da paradiso qui, con un cuore pieno di amore; in una vita da risorto nello spirito nella fase terrena, preludio della vita di risorto nello spirito e nel corpo oltre la morte.

Paolo è vissuto nella limpida e indiscussa fede in Cristo Risorto, che infinite volte ha annunciato e per il quale ha dato la sua vita fino al martirio, eco prolungata di quanto Gesù stesso aveva autoproclamato nei confronti dell’amico Lazzaro morto da quattro giorni, come è narrato dall’evangelista Giovanni: “Io sono la risurrezione e la vita”. Come a dire: “Per mezzo di me sarete risorti ed entrerete nella pienezza della vita, quando ognuno sarà ciò che si è meritato di essere, accogliendo in sé nella fede la potenza delle staminali generate dalla mia risurrezione”.

Noi abbiamo scelto di sostare in preghiera e in riflessione sulle tombe dei cari. Per raccoglierne il messaggio di saggezza. Alla scuola del cimitero. Il cimitero è una grande scuola di vita. Alla luce della fede. La fede è una grande scuola di saggezza.

 

 

(Diocesi di Verona)

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