Una festa grande per la Diocesi di San Zeno e per la città di Verona è quella del Patrono. A causa della pandemia, questanno siamo costretti a celebrarla in sottotono, con un numero contingentato di presenze, benché molto significative e rappresentative, tra le quali Autorità istituzionali politiche, civili e militari.
In un contesto sociale economico assai alterato rispetto ad esempio allanno scorso, ci viene in soccorso il testo del Vangelo appena proclamato. Ci offre alcune linee maestre per affrontare la situazione carica di problematiche intricate, di non facile soluzione, con lintelligenza della storia. Due in particolare, che sottoscriverebbe anche il Patrono San Zeno. La prima: Non vi chiamo più servi, ma vi ho chiamato amici. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti, perché andiate e portiate frutto. Ci basterebbe questo. Se realizzassimo anche solo questo messaggio già faremmo contento il Patrono e gli faremmo onore. Perché? Perché lui per primo ha avuto coscienza della sua importanza ai fini di un vivere di senso e a tal fine ha operato per portare Verona alla fede cristiana. In effetti, il Cristiano si qualifica anzitutto per la sua relazione interpersonale con Gesù Cristo, frutto di una proposta di Gesù stesso, e non come risposta a comportamenti eticamente impeccabili, bensì come gratuità assoluta. Il Cristiano si sente un chiamato a fare vita relazionale con il Signore stesso. La relazione è interamente improntata ad amicizia confidenziale e fiduciale. Se Gesù ha fiducia in noi al punto da proporci di entrare nel circuito e nel dinamismo dellamicizia personale e intima con Lui, il Cristiano che ne prende consapevolezza ne coglie con riconoscenza la singolare opportunità. La sua esistenza terrena infatti viene riempita di senso, perché Gesù in persona è il Senso del vivere umano, come lo è del Senso dellEssere di Dio Padre, nellabbraccio dello Spirito Santo.
Forse a qualcuno, abituato al cosiddetto senso pratico, questa prospettiva di una vita impregnata di amicizia con Gesù, saprà di astrattezza. In realtà, chi ama riflettere più sul senso del vivere che sulla fattualità del vivere, avverte quanto agli effetti appunto del senso del vivere la relazione amicale è determinante. Oltretutto, nel dinamismo dellamicizia germinano delle sensibilità comuni. Si potrebbe enunciare il seguente assioma: dimmi chi è il tuo amico del cuore e ti dirò chi sei. Tra amici veri è naturale losmosi dei valori e delle sensibilità. Per questo viene spontaneo accogliere ciò che più sta a cuore allamico, nella reciprocità.
Nel caso specifico della relazione di amicizia del Cristiano con Gesù e di Gesù con il Cristiano, nella mente e nel cuore del Cristiano scatta la condivisione piena e incondizionata di quanto sta a cuore a Gesù. Ce lo ha svelato nellultima Cena. Ripetutamente. Si tratta del suo comandamento, espresso due volte nel volgere di otto versetti del testo di Giovanni appena proclamato: Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Eco e continuità di quanto espresso due capitoli prima, dove Gesù aveva precisato: Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri (Gv 13,35). Chi è convinto che il senso del vivere è Gesù Cristo e lamicizia confidenziale con Lui, sente risuonare nelle profondità del suo essere la potenza incontenibile di questo imperativo morale che scaturisce dallamicizia fattiva con Gesù. Sempre, ma con particolare incidenza nelloggi pandemico, dal punto di vista sanitario e, non di meno, da quello etico-morale. Tutti sono convinti che la crisi economica, e la sua conseguente crisi sociale, è la vera spada di Damocle della pandemia sullumanità. Per affrontarla con efficacia si impongono strategie politiche di ampio respiro. Ci riferiamo allItalia. Certo, lo Stato deve trovare soluzioni politiche lungimiranti, con accordi internazionali, soprattutto europei, perché leconomia decolli con interventi mirati. Deve mettere le amministrazioni regionali, provinciali e comunali nella condizione reale di essere il suo braccio operativo efficace, perché i cittadini sentano lo stato non anonimo e lontano ma solidale e interessato ai suoi problemi; non lasciandole mai in balia di se stesse. Deve altresì elaborare leggi ispirate a saggezza, capaci di contemperare e calibrare le necessarie imposte, ma in rapporto al reddito effettivo, specialmente nei confronti di troppe aziende ancora vive, ma col fiatone, a rischio di chiudere se non sono opportunamente supportate, anche con ragionevoli detrazioni fiscali, sia pur di carattere temporaneo: meglio meno tasse oggi, che il loro azzeramento per chiusura coatta, e nessun gettito successivo per il domani.
Ma la soluzione più promettente viene dal cuore della cittadinanza. Sono interpellate in primo luogo le aziende in salute, ottima o comunque consistente. Il virus della crisi occupazionale creerà di fatto la peggiore delle pandemie. Lorizzonte delle possibili povertà è cupo, minaccioso, inquietante. Finché si è in tempo, occorre attivare ogni risorsa per mettere a disposizione il suo vaccino e lanticorpo che è loccupazione dignitosa. Se ne prende coscienza guardando il volto disperato dei genitori senza occupazione e quello dei loro figli che li interpellano con langoscia in cuore: Ma allora, anche noi siamo dei poveri?. Per loro è uno choc sociale che lascerà il segno per tutta la vita, rispetto ai loro coetanei più fortunati, non poveri, né impoveriti. Benemerita sarà allora lazienda che invece di restringere al massimo il personale, i dipendenti, si disporrà ad essere talmente solidale con la società da rioffrire nuove possibilità di assunzione, nei limiti della sopportabilità. Lo sappiamo bene che Verona nel suo insieme è ricca. La ricchezza generale diventi davvero benessere per tutti. È questione di senso sociale, del percepirsi cioè corpo armonioso in tutte le sue membra. Un corpo sociale sta bene se stanno bene tutte le sue membra. Gli impoveriti per chiusura del proprio esercizio economico o per disoccupazione, a cui si aggiungeranno i poveri di sempre, se faranno massa critica, saranno una polveriera in stato di implosione. Poiché la fame non ragiona e non si ferma di fronte a nessun ostacolo. Finché si è ancora in grado, occorre ridurre al minimo le cariche di violenza antisociale, difficilissime da governare.
Oltre però a quanto sono chiamati a fare lo stato e le aziende in salute, anche chi è benestante, magari associandosi ad altri, potrebbe adottare qualche famiglia che resterà comunque senza occupazione. Potrebbe farlo o personalmente o attraverso lassistenza sociale o la Caritas. E persino chi vive con dignità, ma senza tanti larghi, può contribuire con la sua generosità. Perché questa è la caratteristica di Verona, fin dai tempi di San Zeno: la generosità! Ne andava orgoglioso il nostro Patrono, come è documentato dal suo sermone sullavarizia. Possa ancor oggi andarne fiero in tutte le persone che riconoscono in Lui il patrono. Carissimi Veronesi tutti, diamo prova di generosità lungimirante in unora storica che ne grida lurgenza. Ne avremo tutti un grande beneficio. E faremo onore al patrono San Zeno.
X Giuseppe Zenti
Vescovo di Verona