Prezzi: Coldiretti, in controtendenza grano crolla del 30%

Il conflitto ha aperto altri canali di approvvigionamento, in primis Canada e Brasile

In controtendenza con l’aumento generale dei prezzi al consumo, crollano del 30% le quotazioni del grano duro pagate agli agricoltori nell’ultimo anno. E’ quanto ha denunciato la Coldiretti al tavolo sul grano duro del ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare nel sottolineare che occorre indagare anche sulla base della nuova normativa sulle pratiche sleali. Le quotazioni del grano sono scese a 38 centesimi di euro al chilo e – sottolinea la Coldiretti – non coprono i costi sostenuti dalle imprese agricole mettendo a rischio la sovranità alimentare del Paese.

Le superfici agricole coltivate a frumento duro, secondo le prime previsioni del Masaf per quest’anno, sono in flessione per un investimento di 1,22 milioni ettari con una riduzione di circa il 2% rispetto all’anno precedente.

Siamo di fronte a manovre speculative con un deciso aumento delle importazioni di grano duro dal Canada dove il grano – precisa la Coldiretti – viene coltivato secondo standard non consentiti in Europa per l’uso del glifosate nella fase di preraccolta. Occorre invece – continua la Coldiretti – ridurre la dipendenza dall’estero e lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole e industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali.

Non diversa la situazione relativa alle altre produzioni: nelle sedute delle ultime settimane nelle Borse Merci di Mantova e Bologna, competenti per il mercato delle granaglie, si sono registrati cali che vanno dal 20% al 30% per tutte le materie prime, vale a dire grano duro, grano tenero, soia, mais e girasole.

“Il conflitto russo-ucraino – precisa Massimo Marcomini referente in quota Coldiretti alla Borsa merci di Verona nel settore dei cereali – ha stravolto gli equilibri che fino a poco tempo fa esistevano in Europa. Essendosi chiuso quasi completamente il canale dall’Ucraina, (siamo passati da una fornitura di 5 milioni di tonnellate al mese a un risicato 1,5 milioni) gli importatori si sono rivolti ad altri mercati, prevalentemente in America Latina”.

“Ora il nostro maggiore fornitore di mais – continua Marcomini – è diventato il Brasile, con le navi che arrivano ai porti di Ravenna e Marghera con una frequenza impressionante: almeno una volta ogni 7 – 10 giorni. Il problema è che dal sud America arriva mais Ogm a prezzi stracciati (i contratti già firmati per le forniture di giugno parlano di 220 euro/tonnellata a fronte dei 330/340 euro/tonnellata pagati finora) con conseguenze devastanti per il prodotto italiano che, è bene ricordarlo, non è geneticamente modificato e viene coltivato con canoni agronomici ben più rigorosi”.

“A tal proposito – gli fa eco il Presidente di Coldiretti Verona Alex Vantini – ribadiamo quanto sia importante investire nella ricerca che, come motore dell’innovazione varietale, deve rispondere non solo alle richieste qualitative del mondo industriale, ma anche alle nuove esigenze produttive e di resilienza verso gli effetti del cambiamento climatico e di sostenibilità volute dalla nuova Politica Agricola Comunitaria”.

“Inoltre – continua Vantini – bisogna riattivare da subito la Commissione Unica Nazionale per il grano duro, la cui attività in via sperimentale è stata sospesa nell’ottobre del 2022, perché fornisce trasparenza al mercato e dà la possibilità di poter mettere attorno ad un tavolo tutti gli attori della filiera eliminando le distorsioni e i frazionamenti delle borse merci locali”.

(Coldiretti Verona)

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