Giornata di fraternità sacerdotale: l’omelia, le foto della messa e tutti i giubilati

Giornata di fraternità sacerdotale giovedì 18 maggio per i preti trevigiani. Un momento nel quale sono stati anche ricordati i giubilei di ordinazione presbiterale: dai 65 ai 25 anni di vita donata al Signore e alla sua Chiesa. Hanno concelebrato tutti insieme durante la messa presieduta dal Vescovo Michele Tomasi nella chiesa di Monastier e poi hanno condiviso un momento di convivialità negli spazi parrocchiali. “Siamo convocati da Lui, dal Signore – che è il senso, l’orientamento, il fondamento, la gioia della nostra vita -, a fare veramente eucaristia, a rendere grazie, ciascuno per sé e tutti insieme, per il bene che ci concede di fare con il suo aiuto” ha detto il Vescovo all’inizio della celebrazione.

Mons. Tomasi, nell’omelia (in allegato), ha messo a confronto i tempi dei primi discepoli con i tempi di oggi. Essi sono con Gesù nell’ultima Cena, e fino al venerdì santo, e poi non lo vedono più, nel sabato del silenzio, per poi reincontrarlo a Pasqua, il tempo dell’esperienza nuova della sua presenza definitiva con loro («Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete»).
Il primo tempo breve sarà tempo di tristezza, di gemiti e di pianto, e di un male che gioisce perché sta vincendo contro il Figlio, sta apparentemente vincendo contro Dio. Il secondo tempo sarà tempo che converte la tristezza in gioia, e che dunque contempla anche la sconfitta del male. Questi sono i tempi dei discepoli – ha spiegato il Vescovo -, in quella sera e in prospettiva di quei giorni. E noi, noi in che tempo ci troviamo?” si è chiesto mons. Tomasi. “Qual è la nostra esperienza di Cristo?  Le parole che egli ha rivolto ai suoi discepoli cadono al centro dell’ultima cena. Esse risuonano per noi nell’Eucaristia, al cuore di quel momento centrale della vita della Chiesa la cui presidenza ci è affidata attraverso il sacramento dell’Ordine”.

“Cari fratelli in Cristo: in quale di questi tempi ci troviamo?”, la domanda del Vescovo. Lo vediamo là dove Lui vuole che lo conosciamo, là dove ne incontriamo il mistero, là dove nel suo dono di sé Egli ci mostra il volto del Padre? Ogni sua Parola, ogni Parola che ascoltiamo nelle Scritture diventa per noi esegesi, spiegazione ed applicazione della sua passione e crocifissione? Come ascolto la Parola contenuta nelle Scritture? Incontro in essa la voce del Figlio, ne colgo la volontà del Padre, vengo mosso attraverso di essa dal soffio dello Spirito? Il tempo che dedico ad ascoltare, a gustare, a pregare la Parola è almeno quel «poco tempo» di cui parla Gesù?”.

“E quando sperimento il «poco ancora» dell’assenza, del vuoto, della mancanza? Rimango fedele nei periodi della mancanza di senso, della vittoria del male personale e strutturale? So partecipare a quel silenzio subìto da Cristo nel sepolcro, a quella sospensione dell’esperienza della sua presenza che talvolta viene a visitare la mia vicenda personale, e che talvolta pare essere la cifra della storia che stiamo vivendo, in cui un’umanità apparentemente autosufficiente decreta l’esclusione di Dio dalla storia e ne condanna ogni parola all’irrilevanza?”.

“E poi, la domanda ancora più decisiva: dopo questo radicale ed esigente «poco ancora» posso dire di averlo visto, di vederlo, di farne esperienza reale e concreta? Cari fratelli, Gesù ci sta parlando dal cuore dell’Eucaristia. Capiamo quello che ci vuole dire? Comprendiamo quello che significa per noi quell’espressione «un poco»? Questi differenti tempi, che sono comunque tempi di grazia, possono essere reali contemporaneamente per ciascuno di noi. Da testimoni del Risorto noi ci troviamo nel tempo della gioia. È questo il tempo del nostro ministero di presbiteri, della vicenda della Chiesa oggi, del tempo della storia in cui risuona l’annuncio della Pasqua: se Cristo è risorto tutto cambia, tutto si rinnova. Ma noi incontriamo il Risorto a partire dall’Eucaristia, e cioè dal memoriale vivo di quella cena in cui sono risuonate le parole di Vangelo che la liturgia oggi ci ha consegnato. Siamo chiamati a trovare e ad accogliere i segni della Passione di Cristo nella forma quotidiana del nostro ministero. Siamo chiamati a prendere sul serio il silenzio di Dio che sperimentiamo nella nostra carne come in quella di tanti che soffrono, che sono nella prova, che non riescono a trovare una presenza buona nelle pieghe della propria esistenza. Ma l’uno come l’altro sono un «tempo breve», sono la nostra esperienza ma non ne costituiscono né l’estensione né la profondità di senso e di significato”.

“Amiamo la fatica del vivere illuminata dal Vangelo della Passione di Cristo, dono supremo di amore nell’accettazione suprema di ogni bruciante contraddizione, di ogni fatica dell’esistenza. Amiamo il tempo in cui il rischio del nulla ci si presenta come la possibilità estrema, e la scelta di rimanere diviene opzione improbabile accolta sul ciglio della disperazione, nell’abisso di un silenzio che solo può generale al mondo la Parola di vita, vanità di vanità in cui per ogni cosa c’è un tempo opportuno. Amiamo il Risorto quando si mostra noi con l’evidenza del vivente, con la forza di chi quasi ci impone a dar credito ad un incontro, ad un tocco, ad uno sguardo, ad una parola antica detta in modo nuovo, come se si fosse presenti all’alba dei tempi. Ritorniamo, fratelli, a contemplare, ad accogliere, a vivere la fraternità fra noi a partire dalla Parola. Parola che non fa sconti, che ci impedisce di mettere tra parentesi la passione di Cristo e la nostra, come se fosse un esercizio teorico che vale eventualmente per altro e per altri. Parola che nasce dal silenzio del sabato santo, che si deve misurare con ogni domanda di senso, anche la più radicale e apparentemente spietata. Parola che non espone un teorema ma che dona l’eccedenza di un fatto che non si impone con la chiarezza di un’evidenza, ma che interpella con l’urgenza di un evento realmente incontrato e che non riesci più a sfuggire. La fraternità tra noi – ha concluso il Vescovo – diventerà allora il luogo del dono, della domanda e dell’incontro. Il «tempo breve» della prova, il «tempo breve» del silenzio e della domanda, il tempo eterno della gioia”.

Prima della consegna del dono da parte del Vescovo a tutti i giubilati (è stato ricordato anche il 25° di ordinazione presbiterale del vescovo Michele), don Samuele Facci, delegato per la Formazione permanente del clero, ha voluto ringraziare tutti i confratelli, a nome del Vescovo. E lo ha fatto declinando il “grazie” secondo tre espressioni – azioni che si ricavano dal verbo “porre” (tìthemi), che Gesù usa parlando del pastore che dona la vita per il gregge: esporre, disporre, deporre.

Ecco, allora, il grazie “per aver “es-posto” la vostra vita a favore del gregge, mettendoci la faccia, soprattutto per gli ultimi – e aver sopportato per questo anche la solitudine -, o e per esservi esposti manifestando il vostro amore per questa Chiesa conoscendone i limiti, ma apprezzandone di più le ricchezze”. E poi il grazie “per aver dis-posto la vostra vita a favore del gregge: spostando tavoli e sistemando sedie, facendo fotocopie, aprendo la porta, ma soprattutto per tutte le ore passate in quel metro quadro di confessionale ad ascoltare, condividere, com-patire, correggere, sostenere, incoraggiare; per tutte le volte in cui il ruolo non ha impedito alla vostra umanità di esprimersi ma ne è divenuto il veicolo”. E, infine, il grazie “per aver de-posto la vostra vita a favore del gregge: per tutte le ore passate in compagnia della Parola e dell’Eucarestia; per tutti gli scatoloni che avete fatto accettando di prendere i vostri stracci e andare a servire altrove… Grazie, dunque, per aver reso presente con la vostra vita sacerdotale il profumo di Cristo, per aver lasciato che il Crisma penetrato nelle vostre mani vi rendesse mani, piedi, cuore, mente e voce per far proseguire l’avventura del Vangelo nella nostra terra e nel nostro tempo”.

GIUBILEI SACERDOTALI 2023

65° di Ordinazione presbiterale (1958)

Don Mario Beltrame, della comunità della Casa del Clero

Don Felice Boffo, residente a San Zenone degli Ezzelini

Don Renato Comin, Collaboratore pastorale di Zero Branco, Sant’Alberto e Scandolara

Don Lino Cusinato, preposto della Comunità Sacerdoti Oblati Diocesani e direttore di “Maestro e Padre”

Mons. Antonio Marangon, già docente presso lo Studio Teologico Interdiocesano di Treviso e Vittorio Veneto, della comunità della Casa del Clero

60° di Ordinazione presbiterale (1963)

Mons. Cleto Bedin, già rettore del Santuario Nostra Signora della Rocca a Cornuda, della comunità della Casa del Clero

Don Giuseppe Benetton, già bibliotecario della Biblioteca Capitolare, residente a San Giuseppe di Treviso

Don Fiorindo Sergio Busato, collaboratore pastorale di Cappelletta di Noale e Moniego

Don Umberto Cargnelli, residente a Signoressa

Don Rino Giacomazzi, Collaboratore pastorale della Collaborazione di Ponte di Piave

Don Eraldo Modolo, Cappellano dell’Ospedale di zona “San Camillo” e Assistente spirituale I.S.R.A.A. di Treviso

Mons. Giovanni Moreschini, già docente presso lo Studio Teologico Interdiocesano di Treviso e Vittorio Veneto e Assistente delle Cooperatrici Pastorali Diocesane, residente a Treviso

Don Lino Nichele, Collaboratore pastorale della Collaborazione di Cornuda

Don Mario Pierobon, Collaboratore pastorale della Collaborazione di Piombino Dese-Trebaseleghe

Don Giovanni Salvalaggio, Cappellano del Cimitero Comunale Maggiore di San Lazzaro

Don Giuseppe Sovernigo, Collaboratore pastorale della Collaborazione di Castelfranco Veneto

50° di Ordinazione presbiterale (1973)

Don Gian Paolo Bano, Collaboratore pastorale di Zianigo e Campocroce di Mirano

Don Daniele Bortoletto, parroco di San Trovaso

Don Giuseppe Durigon, parroco di Mazzocco

Don Renato Gazzola, parroco di Vascon

Don Luigino Mattiazzi, parroco di Onigo

25° di Ordinazione presbiterale (1998)

Don Lino Bertollo, parroco di Gardigiano e Peseggia

Don Gianluca Durante, parroco di Crocetta e Ciano del Montello

Don Massimo Gallina, parroco di San Donà di Piave e Palazzetto di San Donà

Don Francesco Guarise, parroco di Ca’ Tron, Musestre e San Cipriano

Don Michele Marcato, direttore Istituto Superiore di Scienze Religiose “Giovanni Paolo I”

Don Edy Savietto, Fidei Donum Diocesi di Roraima

Don Claudio Trabacchin, parroco di Cappella di Scorzè e di Rio San Martino

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(Diocesi di Treviso)

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