Domenica 2 febbraio 2019 – XLII GIORNATA PER LA VITA
Aprite le porte alla Vita
La Veglia diocesana, presieduta dal Vescovo di Vicenza Beniamino Pizziol
si terrà nella
Chiesa di San Pietro apostolo Via Carducci 13 Vicenza
VENERDÌ 31 GENNAIO 2020 – ORE 20,30
in collaborazione con
Associazione Genitori Scuole Cattoliche – Azione Cattolica – Centro Aiuto alla Vita di Vicenza – Centro Italiano Femminile – Movimento dei Focolari – Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale – Movimento per la Vita di Vicenza – Rinnovamento nello Spirito – Unione Giuristi Cattolici Italiani
Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente
per la 42ª Giornata Nazionale per la Vita
2 febbraio 2020
Aprite le porte alla Vita
Desiderio di vita sensata
1. Che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna? (Mt 19,16). La domanda che il giovane rivolge a Gesù ce la poniamo tutti, anche se non sempre la lasciamo affiorare con chiarezza: rimane sommersa dalle preoccupazioni quotidiane. Nellanelito di quelluomo traspare il desiderio di trovare un senso convincente allesistenza.
Gesù ascolta la domanda, laccoglie e risponde: Se vuoi entrare nella vita osserva i comandamenti (v. 17). La risposta introduce un cambiamento da avere a entrare che comporta un capovolgimento radicale dello sguardo: la vita non è un oggetto da possedere o un manufatto da produrre, è piuttosto una promessa di bene, a cui possiamo partecipare, decidendo di aprirle le porte. Così la vita nel tempo è segno della vita eterna, che dice la destinazione verso cui siamo incamminati.
Dalla riconoscenza alla cura
2. È solo vivendo in prima persona questa esperienza che la logica della nostra esistenza può cambiare e spalancare le porte a ogni vita che nasce. Per questo papa Francesco ci dice: Lappartenenza originaria alla carne precede e rende possibile ogni ulteriore consapevolezza e riflessione . Allinizio cè lo stupore. Tutto nasce dalla meraviglia e poi pian piano ci si rende conto che non siamo lorigine di noi stessi. Possiamo solo diventare consapevoli di essere in vita una volta che già labbiamo ricevuta, prima di ogni nostra intenzione e decisione. Vivere significa necessariamente essere figli, accolti e curati, anche se talvolta in modo inadeguato .
È vero. Non tutti fanno lesperienza di essere accolti da coloro che li hanno generati: numerose sono le forme di aborto, di abbandono, di maltrattamento e di abuso.
Davanti a queste azioni disumane ogni persona prova un senso di ribellione o di vergogna. Dietro a questi sentimenti si nasconde lattesa delusa e tradita, ma può fiorire anche la speranza radicale di far fruttare i talenti ricevuti (cfr. Mt 25, 16-30). Solo così si può diventare responsabili verso gli altri e gettare un ponte tra quella cura che si è ricevuta fin dallinizio della vita, e che ha consentito ad essa di dispiegarsi in tutto larco del suo svolgersi, e la cura da prestare responsabilmente agli altri .
Se diventiamo consapevoli e riconoscenti della porta che ci è stata aperta, e di cui la nostra carne, con le sue relazioni e incontri, è testimonianza, potremo aprire la porta agli altri viventi. Nasce da qui limpegno di custodire e proteggere la vita umana dallinizio fino al suo naturale termine e di combattere ogni forma di violazione della dignità, anche quando è in gioco la tecnologia o leconomia.
La cura del corpo, in questo modo, non cade nellidolatria o nel ripiegamento su noi stessi, ma diventa la porta che ci apre a uno sguardo rinnovato sul mondo intero: i rapporti con gli altri e il creato .
Ospitare limprevedibile
3. Sarà lasciandoci coinvolgere e partecipando con gratitudine a questa esperienza che potremo andare oltre quella chiusura che si manifesta nella nostra società ad ogni livello. Incrementando la fiducia, la solidarietà e lospitalità reciproca potremo spalancare le porte ad ogni novità e resistere alla tentazione di arrendersi alle varie forme di eutanasia .
Lospitalità della vita è una legge fondamentale: siamo stati ospitati per imparare ad ospitare. Ogni situazione che incontriamo ci confronta con una differenza che va riconosciuta e valorizzata, non eliminata, anche se può scompaginare i nostri equilibri.
È questa lunica via attraverso cui, dal seme che muore, possono nascere e maturare i frutti (cf Gv 12,24). È lunica via perché la uguale dignità di ogni persona possa essere rispettata e promossa, anche là dove si manifesta più vulnerabile e fragile. Qui infatti emerge con chiarezza che non è possibile vivere se non riconoscendoci affidati gli uni agli altri. Il frutto del Vangelo è la fraternità.