Fase3. Coldiretti, un piano per salvare gli uliveti. L’olio d’oliva veronese nel mirino dei dazi di Trump

C’è una fase3 anche per l’olio d’oliva veneto nonostante la manovra protezionistica americana di Trump e la sofferenza per il blocco del canale della ristorazione a causa dell’emergenza sanitaria.

Il prodotto, che interessa una superficie regionale pari a 4750 ettari, concentrata nel veronese per il 70% con 3345 ettari, e una produzione veneta stimata nel 2020 di 190 mila quintali, 133.800 nella provincia veronese, pur subendo, nei mesi della pandemia, un crollo degli ordinativi del 100% nel canale Horeca e del 50% negli spacci aziendali sta rimontando nelle vendite, grazie all’attività di consegna a domicilio, recuperando quota tanto che l’Aipo, l’Associazione interregionale dei produttori, di Verona stima un calo assestato intorno al 20%.

L’analisi è di Coldiretti Verona che commenta i dati diffusi dall’assemblea di Unaprol, la principale organizzazione di aziende olivicole, che parla di crack da 2 mld di euro a causa della chiusura forzata di bar, agriturismi e ristoranti, degli ostacoli alle esportazioni e dell’azzeramento delle presenze turistiche dove l’extravergine è tra i prodotti della filiera corta più acquistati dai vacanzieri.

La situazione è critica anche nella provincia veronese dove il settore è caratterizzato da una forte identità territoriale con livelli qualitativi elevati dati da una biodiversità custodita da generazioni di agricoltori. Il rischio di un crollo di valore c’è soprattutto per la presenza sul mercato mondiale di abbondanti scorte di olio “vecchio” spagnolo, spesso pronto a essere spacciato come italiano a causa della mancanza di trasparenza sul prodotto in commercio, nonostante sia obbligatorio indicare l’origine per legge in etichetta dal primo luglio 2009, in base al Regolamento comunitario n.182 del 6 marzo 2009.

Sulle bottiglie di extravergine ottenute da olive straniere in vendita nei supermercati è quasi impossibile, nella stragrande maggioranza dei casi, leggere le scritte “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari” obbligatorie per legge nelle etichette dell’olio di oliva. La scritta è riportata in caratteri molto piccoli, posti dietro la bottiglia e, in molti casi, in una posizione sull’etichetta che la rende difficilmente visibile tanto che i consumatori dovrebbero fare la spesa con la lente di ingrandimento per poter scegliere consapevolmente.

Il risultato è un danno economico e d’immagine grave per l’Uliveto Italia che, unito agli effetti del coronavirus, rischia di rovinare i buoni risultati ottenuti a livello produttivo, grazie a una quantità di 365 milioni di litri, più che raddoppiata rispetto alla disastrosa annata precedente, seppur ancora sotto la media del decennio. A trainare la produzione Made in Italy sono state soprattutto le regioni del Sud, dove il raccolto è in qualche caso addirittura triplicato. Un incremento peraltro in controtendenza rispetto al dato mondiale in calo del 5%.

Per rilanciare il settore Coldiretti ha elaborato un piano salva ulivi con un pacchetto di misure straordinarie a sostegno delle imprese agricole e frantoi che operano in filiera corta, quelle oggi maggiormente a rischio, con lo sblocco immediato delle risorse già stanziate per l’ammodernamento della filiera olivicola, anche attraverso la semplificazione delle procedure.

Servono poi meccanismi di flessibilità per la certificazione delle produzioni di qualità a partire da Dop (Denominazione di origine protetta), Igp (Indicazione di origine protetta), biologiche e Sqnpi (Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata), anche attraverso finanzianti specifici. Una misura importante per l’Uliveto Italia ma anche per la salute dei cittadini l’acquisto di extravergine italiano al 100% da destinare alle famiglie piu’ bisognose. Nell’immediato vanno poi assicurati sostegno a fondo perduto per le imprese produttrici di olio 100% tricolore per compensare la riduzione delle vendite e un aiuto integrativo per gli olii certificati Dop e Igp in giacenza, sfusi o confezionati non venduti alla data del Dpcm dell’11 marzo.

“Ma serve anche sostenere con massicci investimenti pubblici e privati la ripresa delle esportazioni con un piano straordinario di comunicazione sull’olio che rappresenta da sempre all’estero un prodotto simbolo della dieta mediterranea – sottolinea Daniele Salvagno presidente provinciale e regionale di Coldiretti – si tratta di un’esigenza tanto più pressante se si considera che sulle esportazioni di olio italiano rischiano anche di abbattersi i dazi annunciati dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump nell’ambito della disputa con l’Ue sul settore aeronautico”.


(Coldiretti Verona)

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