Le omelie 2020 – Diaconi onorati di servire Cristo nei poveri

Ordinandi diaconi siete in sette, proprio come i primi diaconi, della cui istituzione per l’imposizione delle mani degli Apostoli ci ha parlato la prima lettura. A onor del vero, il termine “diacono” è piuttosto edulcorato rispetto a quello più evangelico e paolino di “doulos”, schiavo, applicato a Cristo stesso (cfr. Fil 2,7) e auto applicato da Paolo che nel prologo della lettera ai Romani si dichiara “doulos” di Gesù Cristo. Qui non siamo di fronte ad una schiavitù di carattere sociale, subita, dove lo schiavo perdeva con la libertà anche la dignità. Essere schiavo sul modello di Cristo e di Paolo è un atto della volontà e della libertà. E significa in buona sostanza la determinazione di mettersi a totale disposizione di una persona, per puro amore. Se pensiamo, ad esempio, al fatto che il Figlio di Dio si è messo a totale disposizione dell’umanità, facendo dono della sua stessa vita, divenendo dunque suo schiavo per amore, si capisce perché Paolo non esiti a dichiararsi schiavo di Gesù Cristo, come in uno scambio di donazione totale: all’amore assoluto e incondizionato non può non corrispondere un amore assoluto e incondizionato. Si tratta di sensibilità. Di cuore. Dove la dedizione è a tempo pieno, senza riserve. Allora è la vita intera che viene improntata sull’obiettivo di essere un dono totale di amore, a cui subordinare tutto. Con gioia. E con la coscienza di lavorare non in proprio per costruire il mito di sé, ma per il Signore!

Diaconi della carità agàpe nell’ambito della Parola, dell’Eucaristia, delle mense

Tenendo sull’orizzonte la Parola di Dio annunciata in questa celebrazione cerchiamo di approfondire il senso dell’essere diaconi, servitori, schiavi per amore. In termini generali si può dire che il diacono è ministro – servitori della carità agape, in ciò di cui l’uomo necessita. Nella sua coniugazione concreta, è ministro della Parola, dell’Eucaristia e delle mense.

Anzitutto, è ministro della Parola: “Predicate Gesù dalle terrazze. Senza paure, riconoscete Gesù davanti agli uomini e fatelo conoscere agli uomini. Con spirito di dolcezza e di rispetto. Con entusiasmo, per far venir voglia di conoscere, assimilare e vivere quella parola annunciata. A coloro che sono poveri di Dio, agli indigenti di vita spirituale, ai senza Dio, giovani o meno giovani, trasmettete i messaggi fondamentali, dal versante di Dio sull’uomo: l’Amore trinitario di Dio; la bellezza misteriosa della Creazione (più che definirla natura); la persona umana capace e bisognosa di Dio come si esprime Sant’Agostino; l’uomo peccatore segnato dal peccato originale; la salvezza in Cristo, il nuovo Adamo, come abbiamo sentito nella seconda lettura (cfr. Rm 5); la famiglia e la vita come dono di Dio da custodire senza alterazioni del suo essere originario: maschio e femmina aperti alla trasmissione della vita; l’oltre il tempo, cioè il mondo dei risorti verso cui essere costantemente protesi.

È ministro dell’Eucaristia, in qualità di servitore, ovviamente, non di presidente. Ma il suo servizio all’altare è finalizzato non ad una coreografia rituale, bensì al coinvolgimento esistenziale, al fine di assimilare a tal punto l’Eucaristia da diventare eucaristia, pane mangiato dalla gente.

Di qui il terzo ambito di diaconia: essere ministro della carità, a servizio delle mense per gli indigenti di pane, oggi purtroppo in crescita esponenziale, destinati a diventare indigenti di dignità. Come diaconi, dovunque vi manderò, siate in stretto collegamento con la Caritas diocesana presente sul territorio, vicini alla gente in difficoltà, a contatto con gli anziani soli e indigenti. E guardateli in faccia! È il volto del Crocifisso! Sentite dentro di voi il dramma della disoccupazione, che si sta profilando su un cupo orizzonte, pur senza fare i sindacalisti. Va da sé che come ogni buon diacono e ogni buon prete, siete chiamati a vivere la sobrietà, evolvendo del proprio alla Caritas, come sono stati sollecitati a fare tutti i presbiteri, ed evitando spese superflue perché ci sono priorità, come si fa in famiglia: prima cibo, vestito senza firma, scarpe, scuola … poi i giocattoli e le ferie.

Mano all’aratro e sguardo solo sull’orizzonte, mai nostalgico

Carissimi ordinandi diaconi, voi siete motivo di speranza e di fierezza per la nostra Diocesi: chi ve lo fa fare di entrare nell’ordine sacro, a servizio della Chiesa e del Regno? Ben altre prospettive vi attendevano. Se dunque avete lasciato cadere un tesoro, è solo perché ne avete trovato uno di maggior pregio e valore. Siate dunque uomini, con la spina dorsale! Avete preso in mano l’aratro. Non voltatevi indietro! Anche se nessuno, a qualsiasi vocazione sia chiamato, è immunizzato dalle sue insidie. Mettetelo già nel conto: viene per tutti, anche per gli sposi, il momento in cui prende il sopravvento la nostalgia delle altre possibili scelte, lasciate cadere alle origini come più secondarie, riapparse al momento con la maschera più affascinante.

Diaconi da atleti dello Spirito

Carissimi, non vi attende una vita da idillio, da divi acclamati dai fans. Abbiate consapevolezza che il vostro valore non sarà determinato dai vostri follower e che il vostro ministero, se vissuto con dignità, non sarà per voi una passeggiata per le bancarelle della città. Voi siete chiamati ad essere atleti dello Spirito, trapezisti, scalatori, rugbisti. La misura del vostro servizio sia la generosità. E state certi che la fatica corrispondente sarà ricompensata dallo Spirito in tanta letizia interiore.

Dio vi conosce fino in fondo, come ci ricorda il Salmista: “Tu mi scruti e mi conosci” (Sal 139,1). Si prende cura di voi, più dei passeri e dei capelli del capo (cfr. Vangelo). Abbiate fiducia in Lui, nella sua grazia, assai più abbondante del peccato. Sicuramente non vi deluderà. Pertanto non abbiate paura di nulla, nemmeno delle contrarietà, avversioni o persecuzioni.

Ricordatevi: Tutto è grazia! Anche il servire. Anzi è un onore. La tua vita serve a qualche cosa, ti fa essere il meglio di te. Allora la gratificazione più ambita è aver avuto l’opportunità di servire, per amore, la famiglia di appartenenza per vocazione, la Chiesa e il Regno, esattamente come è gratificante servire la propria famiglia da parte dei vostri genitori. Con l’umiltà di chi sa abbassarsi fino a terra, come ha fatto Gesù, che da schiavo ha dato la sua vita per coloro che erano e sono schiavi del sistema del peccato.

 

La Vergine Maria sia vostro riferimento quotidiano. Oltre la preghiera canonica della Liturgia delle Ore, non manchi mai la preghiera quotidiana del Rosario. Magari impreziosito da una precisa intenzione: che la Madonna vi faccia essere diaconi talmente generosi e contenti da suscitare in altri giovani una radicale disponibilità vocazionale.

X Giuseppe Zenti

Vescovo di Verona

 

 

 

 

(Diocesi di Verona)

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