1 e 2 novembre, una “finestra sul senso della vita”: riflessione del Vescovo

Una “combinazione”, quella delle due giornate di celebrazioni, di festa e di memoria così vicine e legate che, vissute assieme, aprono “una finestra sul senso della vita”.

Domenica 1° novembre e lunedì 2, in tutte le parrocchie si celebreranno le liturgie per la solennità di Ognissanti e per la commemorazione dei defunti. Pur con tutte le precauzioni necessarie per non favorire la diffusione del virus, e in accordo con i sindaci, sacerdoti e fedeli potranno vivere momenti importanti di festa e di ricordo nella preghiera, in molti casi secondo la tradizione, accanto alle tombe dei propri cari nel pomeriggio di domenica 1° novembre; in altri casi vivendo la celebrazione in chiesa, con i soli sacerdoti che passeranno a benedire le tombe.

Il vescovo Michele nel pomeriggio del 1° novembre, alle 15, presiederà la liturgia della Parola nel cimitero maggiore di Treviso, a San Lazzaro, con la benedizione dei sepolcri. Martedì, poi, alle 10, presiederà la Celebrazione eucaristica in suffragio di tutti i defunti, ricordando in modo particolare i vescovi di Treviso che sono morti. Concelebrerà il Vescovo Paolo Magnani, emerito di Treviso.

Riferendosi alla festa di tutti i santi e alla commemorazione dei nostri fratelli defunti, il Vescovo Michele, in una riflessione alla vigilia del 1° novembre, ricorda che “da un lato vi è la grande gioia che da sempre i cristiani hanno provato di fronte alla vita di fratelli e sorelle che hanno vissuto così profondamente il loro amore per Cristo e per gli uomini da vedere in essi una vera realizzazione del Vangelo, un Vangelo vivente”, perché “nell’incontro con i Santi vi è quasi l’esperienza immediata della forza della Risurrezione, una forza di vita e di speranza” che si è realizzata in vite normali, “piene di significato e di bellezza, abitate da un amore profondo”.

Dall’altro lato, sottolinea mons. Tomasi, “vi è l’esperienza del dolore e della perdita, di fronte all’esperienza della morte, soprattutto di una persona cara, che viene a segnare l’esistenza con tutto il dramma e la fatica di un legame spezzato, di un vuoto che non è colmabile”.

“La nostra esperienza della forza della morte e della nostra fragilità, si incontra con quell’esperienza di vita e di speranza che ci mostra – e quasi dimostra – che l’amore, il bene, la stessa felicità sono possibili, e hanno una forza e una durata che vince la morte” sottolinea il Vescovo, che aggiunge: “Questa combinazione attraversa tutta la vita dei cristiani, perché ne coglie la condizione di limite ma la apre anche un orizzonte più ampio, che riapre piste di vita, di respiro, di speranza”.

Inevitabile il riferimento a questo tempo in cui “ci scontriamo con il limite, con la precarietà della vita. Nella pandemia che ci costringe a rivedere ogni aspetto della nostra esistenza, questa combinazione ci prende là dove siamo, ma ci porta oltre, a guardare la vita con speranza. Ci spinge a vedere la forza della vita anche quando ci sembra troppo difficile, ci ridona uno sguardo aperto sulle possibilità di amore e di vicinanza reciproca che ci vengono donate dalla Risurrezione di Cristo, ci permette di prenderci cura gli uni degli altri in un momento in cui la tentazione del ripiegamento su se stessi e i propri bisogni sembra quasi invincibile”.

Il pensiero del Vescovo va, allora, alle persone che sono morte in questi mesi, spesso senza poter avere accanto i propri cari, e senza un vero funerale: “Anche ricordare tutti i fratelli e le sorelle che sono morti durante il periodo di confinamento e che non abbiamo potuto congedare con un saluto, con una carezza, con un rito nella comunità può certo rinnovare il dolore della ferita, ma può – nella prospettiva di queste feste – ricordarci che l’ultima parola non è stata detta dalla solitudine, dalla paura, dalla morte, ma è ancora, e sarà, quella del Dio della vita che dona una vita che non muore, e che consola chi resta con una promessa di futuro. Ricordarci che siamo mortali nella speranza della Risurrezione e della vita eterna ci dà la prospettiva per poter vivere anche la mestizia ed il dolore, e far risuonare l’assenza e la mancanza dei nostri cari, con la forza che ci viene dal vivere con pienezza la nostra vita nel servizio e nell’accoglienza gli uni degli altri”. E questo – conclude il Vescovo – proprio “per essere fedeli a quell’amore che ci lega ai nostri cari defunti e che vediamo testimoniato con semplice luminosità nell’esperienza dei santi”.

(Diocesi di Treviso)

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