Il dono di aver vicino una persona buona

Se dovessi scegliere tra tutte le doti quella essenziale da cercare nella persona con cui condividere la vita, direi che la cosa in assoluto più importante è trovare se possibile una persona buona.
Non che siano irrilevanti la bellezza, l’intelligenza, l’intraprendenza, la capacità di avere successo; ma nessuna di queste doti da sola è quella cruciale nella vita comune. Negli anni mi sono convinta che per vivere bene insieme e amarsi ogni giorno da capo, bisogna soprattutto imparare a diventare persone buone. La bontà non è molto di moda, e forse non lo è mai stata: viene percepita infatti come una caratteristica dei perdenti e dei deboli, di quelli che si fanno andare tutto bene pur di non prendere posizione, oppure di chi non è capace di stare dalla propria parte, di difendere e affermare i propri diritti. La bontà sembra dunque una qualità triste, riservata a chi non possiede le altre, ben più interessanti risorse. Inoltre spesso si confondono tra loro la bontà e il buonismo: una sorta di indifferentismo superficiale, compiacente e stucchevole, che non può certo affascinare nessuno.
Ma che cosa vuol dire essere buoni? Romano Guardini, che amo molto e che cito spesso, ci sorprende con questa folgorante definizione: «Un uomo buono è uno che ha buona opinione della vita». Avere una buona opinione della vita non è una cosa banale, perché la maggior parte di noi trova molto più naturale parlare male della vita e averne una cattiva opinione. La vita del resto è piena di difficoltà: limiti, disgrazie, prepotenze, ingiustizie sono all’ordine del giorno; le persone ci feriscono, le cose ci resistono, i contrattempi ci irritano. La cosa più ovvia sembra quella di corazzarsi, adottando difese che sono spesso difese preventive, utili ad evitare di rimanere feriti. A molti poi la vita appare come una promessa non mantenuta; superata l’infanzia, soprattutto oggi così vezzeggiata, e l’adolescenza, soprattutto oggi così de-responsabilizzata, la vita reale con le sue responsabilità e i suoi limiti ci appare deludente e ingiusta: quasi senza accorgerci assumiamo perciò un atteggiamento di credito perenne, che rende il cuore duro e invidioso verso chi ci sembra più favorito.
È proprio qui che entra in gioco la differenza di chi ha il cuore buono: la persona buona, che riesce a mantenere in ogni caso una buona opinione della vita, è in grado di trovare in ogni circostanza il bene che è possibile trovare, sa leggere i doni magari anche piccoli che ogni giorno porta con sé, sa gioire del bene degli altri, sa apprezzare ogni germoglio che vede nascere e lo incoraggia a crescere.
La fiducia che un cuore buono ha verso la vita permette al bene di moltiplicarsi e al male di rimanere confinato, senza dilagare o prendere il sopravvento ; permette di
leggere le ragioni degli altri e di assumere il loro punto di vista, e dunque di provare a perdonare, o almeno a non alimentare mai il rancore.
Il cuore buono ci dispone in modo fondamentalmente positivo di fronte a qualsiasi persona o accadimento, e dunque ci predispone ad essere, per quanto possibile, anche felici.
Avere vicino una persona buona è un dono prezioso: non è difficile amare persone così. Per questo, se desideriamo essere amati, forse la cosa migliore è allenare il nostro cuore a diventare buono; anche ad essere buoni ci si allena: giorno dopo giorno, cercando con cura il bello e il bene che comunque ci passano accanto, predisponendo lo sguardo alla parte positiva degli altri, imparando a far scivolare via il fastidio dei piccoli, grandi contrattempi senza lasciare che ci rovinino la giornata.
E coltivando anche il nostro senso dell’umorismo, che nasce da uno sguardo buono sulla fragilità e stranezza dell’umano: come anche le neuroscienze ci insegnano, una risata fatta di cuore apporta al nostro corpo e alla nostra psiche molti più benefici di tante medicine.

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(Diocesi di Padova)

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