A VENEZIA IL DEBUTTO DEL PRIMO GIN DISTILLATO DEDICATO A MARCO POLO. EDIZIONE LIMITATA PER “LONDON DRY GIN GRAN KHAN” PRODOTTO DALLA PIU’ ANTICA DISTILLERIA ARTIGIANALE D’ITALIA ,
SERATA DI DEGUSTAZIONE ESCLUSIVA ABBINATA AL SIGARO NOSTRANO DEL GRAPPA
Debutto a Venezia per il gin “Gran Khan” nuovo prodotto della storica distilleria Vicentina “Fratelli Brunello” di Montegalda. La prima bottiglia è stata stappata in laguna in occasione del Villaggio di Coldiretti organizzato ai Giardini Napoleonici e in Riva Sette Martiri. Un evento che ha attirato molti visitatori e veneziani coinvolti in degustazioni guidate con protagonista tutta l’eccellenza italiana. Nell’enoteca con lo sfondo Piazza San Marco i cittadini e i turisti hanno potuto assaggiare per la prima volta in assoluto il London Dry Gin dedicato a Marco Polo realizzato proprio per festeggiare i 700 anni dalla morte dell’esploratore che ha attraversato l’Oriente diventando ambasciatore dell’impero di Kublai Khan nipote di Gensis Khan. Una edizione limitata, per questa acquavite speciale, a base di cereali che come vuole il disciplinare è aromatizzata con bacche di ginepro. Sugli ingredienti rigorosamente spiegati da Paolo Brunello durante la serata si è interrogato tutto il pubblico presente: dal pepe rosa allo zenzero, alla noce moscata, dai chiodi di garofano al the nero. Un vortice di profumi che ha letteralmente rapito tutti i presenti coinvolti nell’assaggio.
Nella prima parte, un altro prodotto della distilleria è stato al centro dell’attenzione dei partecipanti: il brandy “La Stria Nera” della collezione “Spiriti del Palazzone” abbinato al sigaro “Nostrano del Brenta”. Un incontro a “km-zero” che esprime una terra ricca di sorprese – ha spiegato ancora Paolo Brunello animatore dell’evento insieme a Giampaolo Giacobbo del Consorzio Tabacchicoltori Monte Grappa. E così tra sorsi istruiti per affinare gusto e olfatto, è stata raccontata la storia di cinque secoli, quando i gabellieri della Repubblica di Venezia, i gendarmi dell’imperialregio governo di Vienna e i Finanzieri italiani seguivano “quel fil di fumo” per scovare i «pifferi» del Brenta, sigari fantasma che ufficialmente non esistevano, anche se nella valle, da Asiago a Bassano, tutti li fumavano. Una storia di contrabbando, di povera gente che si ingegnava a garantirsi il piatto di polenta sottraendo qualche foglia di tabacco alla conta del monopolio. Un racconto che dopo quasi quattrocento anni, ha avuto un lieto fine. Ora senza veli, grazie a un centinaio di produttori i sigari sono entrati nel mercato. La produzione dei «pifferi» del Brenta è rimasta immutata nel tempo, l’unica concessione alla praticità è stata l’uso di tabacco trinciato per il ripieno al posto delle foglie avvolte a mazzetto. Certo, il fumo fa male ma questo, almeno, è di tabacco puro, senza diserbanti, antiparassitari o additivi per la stagionatura. È dannoso come quasi tutti i piaceri, che, proprio per questo devono essere centellinati.