La luce dei santi, un continuo dono d’amore: riflessione sulla solennità di Tutti i santi

Ha suscitato un’ondata di commozione il testamento, letto dal vescovo di Vicenza, ai funerali del giovane Sammy Basso, morto a 28 anni per le conseguenze della sua patologia rara. Uno stupore commosso che ha colto anzitutto lo stesso vescovo che, dinanzi allo scritto di Sammy, ha confessato di non avere “parole evangeliche più pregnanti delle sue”. In migliaia hanno già chiesto che per il giovane biologo venga avviata la causa di beatificazione. Perché un tale desiderio di una santità riconosciuta in modo ufficiale? Forse perché, come ha detto il card. Parolin, “Sammy è stato una grande luce che si è accesa nella notte del mondo”. I santi sono, appunto, questa luce. Ce lo ricordava la patrona d’Europa santa Edith Stein, martire ad Auschwitz- Birkenau quando osservava che “nella notte più oscura sorgono i più grandi santi. Tuttavia la corrente vivificante della vita mistica rimane invisibile. Sicuramente gli avvenimenti decisivi della storia del mondo sono stati influenzati da anime sulle quali nulla viene detto nei libri di storia. E quali siano le anime che dobbiamo ringraziare per gli avvenimenti decisivi della nostra storia personale, è qualcosa che sapremo soltanto nel giorno in cui tutto ciò che è nascosto sarà svelato”.
C’è, però, una domanda che sorge dinanzi a ogni storia di santità: perché una persona viene riconosciuta santa? Quali sono i segni della santità? Troppo spesso, per molti, il santo è ancora visto come un essere eccezionale, che va oltre le fragilità umane, cosicché, facendo eco a una vecchia canzone, c’è chi può ben dire: “Sono una donna, non sono una santa”! Il segreto di ogni storia di santità è, invece, quello di essere una storia di amicizia con Gesù. Scrive papa Francesco: “Forse la vita dei santi non è stata sempre perfetta, però anche in mezzo a imperfezioni e cadute, hanno continuato ad andare avanti e sono piaciuti al Signore”. Quando la mamma di madre Teresa di Calcutta salutò per l’ultima volta la figlia, in partenza per l’India, le disse: “Ricordati di lasciarti prendere per mano da Gesù e seguilo ovunque lui vada”. E’ questa intima amicizia con Gesù che forma i santi, per cui li ritroviamo nostri fedeli compagni di viaggio lungo ogni strada della nostra povera umanità visitata dal Signore, fosse anche quella che attraversa gli inferi. Sammy ce lo ricorda quando, riconoscendo di “non essere stato certo il più buono dei cristiani”, dice però: “Non rinunciate mai a un rapporto pieno e confidenziale con Dio… Di sicuro Dio, che è madre e padre, nella persona di Gesù ha provato ogni umana debolezza e nello Spirito Santo vive sempre con noi”.
Quando, recitando il Credo, confessiamo di credere “la comunione dei santi”, confessiamo quella profonda unione che ci unisce in Cristo, al di là della morte. Confessiamo in modo particolare la consolante fiducia che i santi amici del Signore ci sono particolarmente vicini, e ci sostengono con il loro amore, perché, come dice sempre Sammy: “L’amore che si crea nella vita è eterno, poiché Dio solo è eterno, e l’amore ci viene da Dio”. Ci capita, infatti, di avvertire la presenza viva e luminosa di quanti sono giunti alla presenza del Signore, e continuano a mantenere con noi legami d’amore e di comunione. Il loro aiuto non arriva solo su nostra richiesta, ma perché essi stessi avvertono il desiderio di “passare il cielo a fare il bene sulla sterra”, come diceva Teresa di Gesù Bambino. I santi, a immagine di Gesù, non sono vissuti per se stessi, ma come lo sono stati in vita, sono ora oltre la morte un continuo dono d’amore. Ce lo ha ricordato Sammy quando, a conclusione del suo testamento, scrive: “Famiglia mia, fratelli miei, amici miei e amore mio, vi sono vicino e, se mi è concesso, veglierò su di voi, vi voglio bene”. Sono parole che in modo sorprendente fanno ecco a quanto scriveva nel suo testamento un giovane prete della nostra diocesi, don Claudio Girardi (1975 – 2010): “Se mi sarà concesso, non abbandonerò nessuno, ma amerò meglio di come ho saputo fare finora e di più”.

(don Antonio Guidolin – riflessione in uscita sul numero della Vita del popolo del 27 ottobre 2024)

(Diocesi di Treviso)

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