Il 24 dicembre papa Francesco apre la Porta Santa nella basilica di San Pietro: è l’inizio dell’Anno Santo, indetto con la Bolla “Spes non confundit” (Rm 5,5). Il Papa ha invitato le chiese diocesane di tutto il mondo a iniziare l’Anno giubilare domenica 29 dicembre, con la celebrazione dell’Eucaristia, presieduta dal Vescovo nella propria chiesa cattedrale, madre di tutte le chiese della diocesi.
Il Pontificio Consiglio per la nuova Evangelizzazione ha preparato un sussidio con le indicazioni celebrative, ed è interessante percorrere i momenti rituali previsti, rivelativi di un profondo significato spirituale. La Celebrazione si configura come una Messa stazionale. Fin dai primi secoli (in particolare a Roma) alcune celebrazioni erano vissute in forma itinerante, partendo da un luogo significativo per la comunità cristiana (chiamata “colletta”, luogo del raduno). Da lì ci si recava in processione alla chiesa designata per la celebrazione eucaristica (chiamata “statio”, sosta).
L’Anno giubilare, tempo straordinario di grazia, ci invita a essere “pellegrini di speranza” come indica la Bolla di indizione. Il segno peculiare della solenne apertura è il pellegrinaggio con l’ingresso processionale della Chiesa diocesana dietro la croce all’interno della cattedrale. Lo svolgimento della processione si articola in tre momenti: la “collectio”, il pellegrinaggio, l’ingresso in cattedrale. Per la nostra chiesa diocesana la “collectio”, cioè il radunarci insieme in preghiera come popolo di Dio, è nella chiesa di Sant’Agnese in Treviso alle ore 15. Il solenne annuncio del Giubileo è costituito dall’ascolto di passi biblici tratti dal libro del Levitico e dal Vangelo, dal suono del corno e dal canto dell’Inno del Giubileo, da brani della Bolla di indizione.
Segue il pellegrinaggio verso la cattedrale, segno del cammino di speranza della santa Famiglia di Dio che nell’oggi della storia, condivide le gioie e le sofferenze dell’umanità e avanza verso la Gerusalemme celeste. Il pellegrinaggio si snoda per le vie della città, dietro alla croce, “àncora di salvezza, segno della speranza che non delude perché è fondata sull’amore di Dio misericordioso e fedele” (papa Francesco, Udienza generale, 21 settembre 2022). Apre il cammino il “Crocifisso miracoloso” in legno scolpito e dipinto, conservato nell’auditorium di Santa Croce, già chiesa dell’ospedale di Santa Maria dei Battuti in Treviso. L’autore è uno scultore veneto del secolo XV (Antonio Bonvicino o Angelo del Mangano). Questo crocifisso è stato per secoli l’oggetto di culto più importante della confraternita dei Battuti. È uno dei segni identitari della città di Treviso: il crocifisso del vecchio ospedale, davanti al quale pregava santa Maria Bertilla e che viene utilizzato nella processione del Venerdì Santo.
Dopo la croce, l’Evangeliario, scrigno della Parola del Risorto che, come la colonna di fuoco dell’esodo, cammina innanzi al suo popolo. La Parola è luce e guida per i discepoli in questo anno di grazia. Il pellegrinaggio è accompagnato da alcuni versetti dei Salmi detti delle ascensioni, i salmi dei pellegrini che salgono alla Città Santa, Gerusalemme. Questi canti si offrono come una metafora della vita, cammino verso la Città celeste, dov’è la vera dimora di ciascuno di noi. Siamo inviati a pregare per alcune categorie e situazioni presenti nella Bolla di indizione e, secondo antiche consuetudini liturgiche, a invocare i Santi in particolare quelli della nostra Chiesa diocesana.
Alla porta della Cattedrale, segno di Cristo, rivolgiamo lo sguardo verso la croce. Il Vescovo la innalza e, rivolto verso il popolo, lo invita alla venerazione con l’acclamazione: “Ave, croce di Cristo, unica speranza”, alla quale rispondiamo: “Tu sei la nostra speranza, non saremo confusi in eterno”. Dopo la venerazione del «dolce legno che porta il Salvatore del mondo» (Inno del Venerdì Santo), si entra in cattedrale.
La celebrazione eucaristica, vertice del Rito di apertura dell’Anno giubilare, si apre con il rito della memoria del Battesimo. L’aspersione con l’acqua è memoria viva del Battesimo, in cui abbiamo ricevuto lo spirito di adozione a figli di Dio, uniti a Cristo nella sua morte e risurrezione, segnati dall’unzione dello Spirito, siamo “stirpe eletta sacerdozio regale nazione santa popolo che Dio si è acquistato”. Le letture bibliche e il formulario eucologico sono quelli della Festa della Sacra Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe.
Condividere come Chiesa diocesana la solenne apertura del Giubileo ci renda consapevoli della necessità di invocare insieme il dono della speranza e ci sostenga nel desiderio di conoscere e riconoscere i tanti segni di speranza nelle relazioni e situazioni che viviamo nelle nostre giornate. La speranza è una “virtù bambina”, scriveva Charles Péguy: occorre tornare bambini per incontrarla e lasciarci stupire da essa. “Lasciamoci attrarre dalla speranza e permettiamo che attraverso di noi diventi contagiosa per quanti la desiderano»” (Spes non confundit, 25).
(sorella Monica Marighetto, direttrice dell’ufficio Liturgico diocesano – articolo in uscita nella “Vita del popolo” del 22 dicembre 2024)