Migliaia i fedeli che, dentro e fuori dalla Cattedrale hanno seguito oggi pomeriggio, Festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, la celebrazione di apertura dell’Anno giubilare “Pellegrini di speranza”, e che hanno accolto le tre consegne del Vescovo per l’anno che sta per iniziare: troviamo un momento quotidiano di preghiera, incontriamoci tra noi gratuitamente, andiamo pellegrini dal Cristo che aspetta la nostra visita, andiamo a trovare infermi, carcerati, anziani in solitudine, persone con diverse abilità, persone che non riescono più a sperare. Il Giubileo è un tempo nuovo, di grazia, di speranza, donato da Dio e condiviso tra noi, ha detto mons. Tomasi, sviluppando una riflessione importante sul tempo e sulla speranza.
Una celebrazione che era iniziata nella chiesa di Sant’Agnese, in Borgo Cavour, dove è stato dato l’annuncio del Giubileo, dal libro del Levitico, letto anche in ebraico e con il suono del sax a imitare il corno, lo jobel, con cui si dava inizio al Giubileo. E’ seguita la processione lungo le vie cittadine, dietro al crocifisso, fino alla cattedrale, dove tutti sono entrati dopo il Vescovo e i concelebranti. Hanno concelebrato con il Vescovo Tomasi l’arcivescovo emerito di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato, e 120 sacerdoti, oltre a 15 diaconi.
Al termine della messa mons. Tomasi ha ringraziato tutti per la partecipazione e chi ha lavorato all’organizzazione, i volontari, le forze dell’ordine e le autorità che hanno collaborato per la buona riuscita di un momento importante, di fede, in comunione con papa Francesco e con tutte le Chiese nel mondo.
Il Vescovo ha poi consegnato la sua nuova lettera pastorale, dedicata al Giubileo, ad alcuni rappresentanti delle Istituzioni e delle realtà ecclesiali.
“In occasione del Giubileo ho scritto una lettera pastorale che ho intitolato “Un anno di grazia del Signore”. Riflessioni sul Giubileo. Lettera pastorale per accompagnare il Giubileo della speranza” – ha voluto spiegare -. Vi propongo in questo scritto, che considero come un semplice invito alla riflessione, una rilettura di alcune indicazioni del libro del Levitico e del Deuteronomio che culminano nell’istituzione del Giubileo biblico, e delle misure economiche, sociali, religiose e politiche indicate perché il popolo potesse vivere un’autentica fraternità, quotidiana e concreta. Ne sottolineo alcuni elementi e principi di fondo, e sviluppo poi una “lettura per l’oggi”, in dialogo con alcuni principi e criteri che sono stati elaborati dal Discorso sociale della Chiesa. Ne consegno ora alcune copie a rappresentanti delle istituzioni civili e della vita multiforme della Chiesa, che ringrazio per l’accoglienza che vorranno concedere alla lettera”. All’uscita della chiesa, dopo la celebrazione, la lettera è stata poi distribuita ai presenti.
L’omelia integrale del Vescovo:
“Trascorsi i giorni della Festa, mentre [i genitori di Gesù] riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero” (Lc 2, 42).
Il dodicenne Gesù resta a Gerusalemme dopo la festa della Pasqua mentre i suoi genitori tornano a casa, in comitiva con i loro compaesani. Essi lo cercano, e lo trovano “dopo tre giorni nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava” (Lc 2, 46).
Per Maria e Giuseppe il tempo era proseguito come previsto e come programmato. Erano saliti a Gerusalemme, si sono presi il tempo delle celebrazioni al tempio, e sono poi ritornati a casa, assieme a tutti gli altri, a tempo debito. Ma senza Gesù.
Per Gesù il tempo era scorso diversamente. Il fanciullo si è fermato al tempio, ha ascoltato i maestri, li ha interrogati, e ha dato anche ottime risposte, ha stupito per la sua intelligenza.
Come dirà ai suoi genitori, “doveva occuparsi delle cose del Padre suo”. Poi anche Lui è tornato a casa con loro, e addirittura ci viene sottolineato che “venne a Nazaret e stava loro sottomesso” (Lc 2, 51).
Per Lui il tempo aveva un’altra dimensione, un’altra scansione. Come potremmo pensare anche solo per un istante che Gesù non volesse bene a Maria e a Giuseppe, o che non si interessasse a loro? Eppure, trascorsi i giorni della festa, Lui era rimasto altri giorni al tempio, ad ascoltare, a chiedere, a parlare di Dio Padre. Tutto ciò era evidentemente più importante ancora che tornare a casa assieme alla Madre.
E anche quando poi era tornato a casa a Nazaret, Egli ha continuato a vivere il tempo insieme ai familiari – ai quali era sottomesso, abbiamo sentito – ma ora ancora più aperto alla presenza di Dio Padre. E grazie a Lui abbiamo visto anche Maria rimanere in questa nuova dimensione: “Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore”. Ella custodiva tutto quello che con Gesù viveva e sperimentava nel suo cuore, e custodiva così il suo cuore nel cuore stesso di Dio.
Papa Francesco ha voluto che in tutte le Diocesi il Giubileo venisse aperto con questa nostra celebrazione e con questo Vangelo. Accogliamolo come un dono grande.
Il Giubileo ci potrà aiutare a credere al grande messaggio biblico, che attraversa tutte le Scritture: “La terra è di Dio”. E scopriremo che anche il tempo è di Dio. Noi siamo accolti nel tempo, il Signore ci dona il tempo del vivere che è il ritmo del respiro, del battito del cuore, del sonno e della veglia, degli incontri, degli sguardi. Ma è Dio Padre il Signore del tempo.
Già all’inizio del suo pontificato – in un’omelia del 2013 – papa Francesco ci aveva avvertiti:
“L’unica virtù possibile per guardare al tempo deve essere regalata dal Signore: è la speranza”.
Non la virtù dell’organizzazione, della pianificazione o della gestione. Men che meno quella della produzione o del consumo. È la virtù della speranza.
La speranza ci fa attendere che maturi l’amore e che sbocci un senso alla vita, la speranza ci fa cogliere la fiammella accesa anche nella notte più buia e tempestosa.
La speranza ci fa gustare il pane, buono perché condiviso. Nella speranza del cammino insieme verso una meta prende forma la comunione che tutti sogniamo e che d’un tratto, quasi d’improvviso, scopriamo già vera.
La speranza ci fa vibrare tutti delle stesse emozioni, la speranza compone le musiche più belle della vita.
Ma anche per noi come per Gesù, la fonte della speranza è la vita del Padre.
È stare con Lui e grazie a Lui con gli altri.
È ascoltare altri parlare di Lui.
È chiedere agli altri quanto essi hanno scoperto di Lui.
È narrare agli altri quanto di Lui ci fa vivere.
Il Giubileo sia questo: sia tempo donato e dono ricevuto con semplice gratitudine, nutrita di speranza.
Non rincorriamo gli eventi nel tempo così come li avevamo pianificati e decisi prima di questo momento, confezionati e immagazzinati, pronti all’uso, a nostro piacimento e a nostro insindacabile giudizio.
Torneremo anche noi dal tempio di Gerusalemme alle nostre quotidiane Nazaret, certo.
Torneremo da questa celebrazione ai ritmi delle nostre comunità, delle nostre famiglie, dei nostri affari.
Ma permettiamo a questo nostro momento di cambiare almeno un po’ le nostre vite.
Tornando a casa, accorgiamoci se per caso non abbiamo perso qualcuno per strada, e corriamo indietro a cercarli, questi compagni di viaggio smarriti, questi figli, questi fratelli: sono più importanti delle nostre agende.
E lasciamoci catturare dalle cose del Padre nostro. Anche se saranno presto trascorsi i giorni della festa (e dietro l’angolo c’è già la prossima), restiamo almeno un poco impigliati con la mente e con il cuore nelle Parole che Dio ci rivolge: parliamo con Lui, parliamo di Lui.
Lascio tre piccole consegne alla Diocesi, in questo tempo giubilare. Per favore, prendetele almeno in considerazione:
- Troviamo un momento quotidiano di preghiera, a seconda delle condizioni di vita e di impegno di ciascuno, ma tutti. Pochi minuti di silenzio in presenza del Signore, la lettura di una pagina di Vangelo, un’invocazione a Maria.
E se abbiamo donato la vita consacrandola al Signore, torniamo – cari uomini e care donne di Dio – ad una preghiera più intensa, più frequente, più generosa, in ascolto della Parola. Più tempo e un tempo migliore per pregare, perché il tempo è di Dio. Da qui poi nasceranno opere e giorni di giustizia: “Riversa il tuo amore su chi ti riconosce, la tua giustizia sui retti di cuore” (Sal 31, 11). È il tempo migliore da segnare sulle nostre agende.
- Incontriamoci tra noi gratuitamente, per amore di Dio e per la gioia di stare insieme, senza pretendere troppo gli uni dagli altri (anche nelle nostre comunità, anche tra preti e laici). Un tempo per condividere le ragioni della nostra speranza, narrare le opere di Dio nella nostra vita e lodare la sua giustizia. Un tempo per volerci bene. Da segnare in agenda anche questo, come tempo prezioso, donato in modo speciale da Dio.
- Andiamo pellegrini dal Cristo che aspetta la nostra visita, colmo di speranza: andiamo a trovare infermi, carcerati, anziani in solitudine, persone con diverse abilità, persone che non riescono più a sperare. Forse queste nostre visite sono già segnate nell’agenda di Dio.
Giubileo sia un tempo nuovo, donato da Dio e condiviso tra noi: il Giubileo sia un tempo di grazia.
Rito di apertura del Giubileo nelle Chiese particolari
Diocesi di Treviso – Cattedrale – 29 dicembre –
Omelia del Vescovo Michele