“Siamo tutti stranieri residenti in questo mondo e abbiamo il diritto di riscatto nei confronti dei prigionieri, degli sconfitti della storia e dall’egoismo umano”: così il vescovo, Michele Tomasi, sabato sera, 8 febbraio, al momento di preghiera in cattedrale nella giornata contro la tratta e lo sfruttamento di esseri umani, che si celebra nel giorno in cui si ricorda santa Giuseppina Bakhita, la schiava sudanese che proprio nelle nostre terre (a Zianigo di Mirano, diocesi di Treviso, e poi a Venezia, dove si è formata come suora canossiana) ha conosciuto la libertà e la fede cristiana. Una veglia, quest’anno, nella quale è risuonato forte il tema della speranza, che è al centro del Giubileo. L’iniziativa è promossa da Caritas Treviso, Centro missionario, Discepole del Vangelo, Cooperatrici pastorali diocesane, Migrantes, Pime, Emmaus Treviso, Domus nostra.
Esiste un forte legame tra la tratta di persone, la migrazione forzata e i cambiamenti climatici, hanno ricordato gli organizzatori: molte persone sono costrette a lasciare le loro case a causa di guerre e conflitti, siccità. “Questa maggiore vulnerabilità sta esponendo tante persone a un rischio maggiore di sfruttamento e di tratta. Quest’anno giubilare ci rivolge l’appello a stare dalla parte dei più vulnerabili” hanno sottolineato.
Partendo da piazza Duomo, i partecipanti si sono poi raccolti in presbiterio, dentro la cattedrale, per pregare e per ascoltare alcune storie di donne che, nei cinque continenti, hanno vissuto il loro riscatto da situazioni di sfruttamento, nel lavoro e nella vita personale, diventando testimoni di speranza.
Mons. Tomasi ha riflettuto sulla figura, nelle Scritture, del “Go’el”, il redentore, una figura che si prende cura delle persone e le riscatta, libera dalla schiavitù, ricompra la terra che è stata venduta per necessità. “Il Go’el ha il diritto di riscatto – ha spiegato il Vescovo -. È tradotto sempre così. Non ha il dovere, ma il diritto di liberare altri e altre. Significa che possiamo vivere pienamente la nostra dignità di persone riscattando quella di altri e di altre. È un diritto che ci è stato donato a caro prezzo dalla Croce di Cristo. Rivendichiamo questo diritto, fratelli e sorelle, ed esercitiamolo insieme!”.
Al termine, tutti hanno potuto scrivere su un’orma di cartoncino un impegno o una preghiera da porre vicino al mappamondo, a indicare i propri passi di speranza e quelli di tante persone che stanno facendo rete di solidarietà per aiutare le persone a liberarsi dalle situazioni di schiavitù.
Infine, l’uscita dal duomo con la candela accesa, a indicare la volontà di essere, insieme, una piccola luce di speranza là dove ci si trova a vivere, portatori di libertà, pace e giustizia.