Papa Francesco ha viaggiato tantissimo, in tutto il mondo, preferendo luoghi piccoli, lontani dai centri del potere e della ricchezza, piccole comunità cristiane alle periferie del mondo globalizzato. In questi dodici anni ha trovato però anche il modo ed il tempo di fare quattro visite nel territorio del Nord Est, in quella che è la regione ecclesiastica del Triveneto, di cui fa parte anche la nostra Diocesi di Treviso. Quattro visite brevi, ma ciascuna molto intensa e ricca di significati, mossa da un particolare interesse guida di papa Francesco, al cuore del suo pontificato.
Condivido con voi alcune riflessioni, che potrebbero aiutare a considerare alcuni dei grandi temi del pontificato di papa Francesco per come li abbiamo potuti incontrare più direttamente, più da vicino.
Al tempo della sua visita al sacrario di Redipuglia, nel 2014, io non ero ancora Vescovo, ma ricordo bene l’impressione che mi fecero allora le sue parole, pronunciate di fronte agli immensi gradini di quel cimitero di guerra, che costudisce più di centomila salme di soldati caduti durante la Prima guerra mondiale. È il più grande sacrario militare italiano, e si trova in provincia di Gorizia. Le parole del Papa mi avevano colpito, anche perché ricordavo bene le impressioni che quel luogo mi aveva lasciato dopo alcune visite da bambino, assieme ai miei genitori, tanti anni fa. Papa Francesco disse tra l’altro:
“Dopo aver contemplato la bellezza del paesaggio di tutta questa zona, dove uomini e donne lavorano portando avanti la loro famiglia, dove i bambini giocano e gli anziani sognano… trovandomi qui, in questo luogo, vicino a questo cimitero, trovo da dire soltanto: la guerra è una follia. E continuava: “Tutte queste persone, che riposano qui, avevano i loro progetti, avevano i loro sogni…, ma le loro vite sono state spezzate. Perché? Perché l’umanità ha detto: «A me che importa?»”.
Fu qui che papa Francesco parlò tra le prime volte di una “terza guerra mondiale a pezzi”: “Anche oggi, dopo il secondo fallimento di un’altra guerra mondiale, forse si può parlare di una terza guerra combattuta “a pezzi”, con crimini, massacri, distruzioni…”. E aggiunse l’accorato appello: “Con cuore di figlio, di fratello, di padre, chiedo a tutti voi e per tutti noi la conversione del cuore: passare da “A me che importa?”, al pianto. Per tutti i caduti della “inutile strage”, per tutte le vittime della follia della guerra, in ogni tempo. Il pianto. Fratelli, l’umanità ha bisogno di piangere, e questa è l’ora del pianto”.
Dieci anni dopo questo toccante incontro, papa Francesco ci ha voluto visitare per ben tre volte nel corso del 2024: il 28 aprile a Venezia, il 18 maggio Verona, e il 7 luglio Trieste. Tre visite molto brevi, in tre occasioni molto differenti tra di loro. A Venezia, il motivo che aveva portato alla visita era l’allestimento del Padiglione del Vaticano alla Biennale d’arte di Venezia, all’isola della Giudecca, nella Casa di reclusione femminile, alla quale hanno attivamente partecipato anche le detenute della Casa stessa. Nel suo incontro con loro, papa Francesco ha voluto sottolineare con forza la fraternità che ci unisce tutti e che rimane a fondamento di ogni relazione, di ogni impegno, di ogni percorso di riscatto: si trattava per lui, infatti, di “un incontro in cui, per grazia di Dio, ci doniamo a vicenda tempo, preghiera, vicinanza e affetto fraterno”. Papa Francesco ha avuto, infatti, sempre la grande capacità, fondata sulla sua fede evangelica, di tessere relazioni, di rendere quotidiano il grande insegnamento che illumina ogni prospettiva autenticamente evangelica e quindi autenticamente umana dell’esistenza: “Nessuno toglie la dignità di una persona, nessuno!”. Fino agli ultimi giorni della sua esistenza, papa Francesco ha continuamente rinnovato la sua paterna attenzione alle persone in carcere.
Nel successivo incontro con gli artisti che avevano partecipato con le loro opere all’allestimento del padiglione vaticano, papa Francesco aveva chiesto loro di immaginare “città che ancora non esistono sulla carta geografica: città in cui nessun essere umano è considerato un estraneo. È per questo che quando diciamo «stranieri ovunque», stiamo proponendo «fratelli ovunque»”: attenzione, dunque, all’arte come ponte verso la pienezza di vita umana.
A Venezia papa Francesco aveva incontrato i giovani, che hanno ripagato con il loro entusiasmo l’attenzione che lui ha sempre rivolto alle giovani generazioni.
Davanti alla basilica della Madonna della Salute erano in 1500, a rappresentare i tanti che avrebbero voluto essere presenti, provenienti dalle Diocesi del Triveneto, anche dalla nostra. A loro ha consegnato un appello a mettere tutto nelle mani del Signore, i sogni, le capacità e le fragilità, a chiedere perdono e a fidarsi sempre dell’amore di Dio: “Giovane che vuoi prendere in mano la tua vita, alzati! Apri il cuore a Dio, ringrazialo, abbraccia la bellezza che sei; innamorati della tua vita. E poi vai! Alzati, innamorati e vai! Esci, cammina con gli altri, cerca chi è solo, colora il mondo con la tua creatività, dipingi di Vangelo le strade della vita. Per favore, dipingi di Vangelo le strade della vita!”. Ecco un appello appassionato ai giovani, espressione della sua grande fiducia in loro. Ecco un appello credibile ai giovani, rinnovato nelle giornate mondiali della gioventù e in tante altre occasioni.
E poi la Santa Messa in piazza san Marco, così familiare, nell’atmosfera bellissima, ma raccolta, pur nella grandezza della piazza. Un momento semplice e solenne al tempo stesso, l’incontro del Papa con il popolo cristiano, in un sobrio e al contempo sinceramente appassionato scambio di affetti con il pastore: Chiesa assemblea che prega e che loda, Chiesa popolo santo di Dio. Riflettendo sulla bellezza e contemporaneamente sulla fragilità di Venezia, papa Francesco ha ricordato che “restando uniti a Cristo potremo portare i frutti del Vangelo dentro la realtà che abitiamo: frutti di giustizia e di pace, frutti di solidarietà e di cura vicendevole; scelte di attenzione per la salvaguardia del patrimonio ambientale ma anche di quello umano: non dimentichiamo il patrimonio umano, la grande umanità nostra, quella che ha preso Dio per camminare con noi; abbiamo bisogno che le nostre comunità cristiane, i nostri quartieri, le città, diventino luoghi ospitali, accoglienti, inclusivi”.
Nel contesto meraviglioso di Venezia, papa Francesco ha rilanciato dunque il richiamo fondamentale dell’enciclica Laudato si’, di porre cioè attenzione e ascolto al grido della terra e al grido dei poveri: rimarrà sicuramente duraturo l’insegnamento alla cura del creato, e a considerare che la cura della terra e della società e dei poveri debbono andare di pari passo.
L’incontro di Verona, è stato, invece, nel segno “dell’Arena di pace”, e dell’incontro – dialogo a proposito ancora una volta dei temi della pace, del disarmo, dell’impegno dei cristiani per la giustizia. In un dialogo serrato e gioioso con artigiani di pace provenienti da più parti del mondo, il Papa ha incoraggiato ad essere creativi nell’affrontare e a superare i conflitti, e soprattutto ad affrontarli insieme, mai da soli, mai isolati, mai sposando uno o l’altro dei poli in questione, senza rimuoverli e senza però nemmeno lasciarsi catturare da essi. L’abbraccio tra il palestinese e l’israeliano che hanno subito gravissimi lutti nella guerra che ancora imperversa, e che considerano però la pace come “l’impresa più grande da realizzare”, è stato il simbolo di tutto l’impegno di papa Francesco per la pace. Da imprenditori, tra l’altro, essi hanno richiamato il bisogno di un’economia di pace. È risuonato chiaro l’insegnamento dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium sulla dimensione sociale dell’annuncio del Vangelo.
E anche un progetto così ampio ed ambizioso come Economy of Francesco continua a trovare in questo anelito di giustizia e di pace la sua più profonda ispirazione. Allo stadio di Verona, con un’assemblea di 30.000 fedeli, il papa ha motivato tutti a mettersi in ascolto dello Spirito, così come ha fatto in ogni passo del cammino sinodale sulla sinodalità al quale continueremo ad ispirarci anche nel nostro cammino di Chiesa di Treviso. Lo Spirito, ci ha detto, esortandoci tutti a ripetere con lui, “cambia la vita”, “dona coraggio” e “fa di noi l’armonia”.
A Trieste, nel luglio dello stesso anno, abbiamo avuto ancora una volta papa Francesco tra noi. È stato in occasione della 50a Settimana sociale dei cattolici in Italia, convocata con delegati provenienti da tutta Italia sul tema “Al cuore della democrazia. Partecipare tra storia e futuro”. La cinquantesima edizione di questo importante momento di scambio, di elaborazione di pensiero, di incontro e di condivisione di buone pratiche, di partecipazione e di prospettive per il futuro è stata impreziosita dalla presenza di papa Francesco e del presidente della repubblica Sergio Mattarella.
Nel suo intervento in Assemblea papa Francesco – citando anche gli scritti del trevigiano beato Giuseppe Toniolo, padre tra l’altro proprio delle Settimane sociali dei cattolici – ha letto la crisi che stanno vivendo le democrazie come un “cuore ferito”, e la partecipazione dei cittadini e dei fedeli a tutti i livelli alla vita delle comunità come ad una cura che può aiutarci, “affinché la democrazia assomigli a un cuore risanato”.
Anche qui ci ha donato motivi di speranza, aprendoci il suo cuore: “A me piace pensare che nella vita sociale è necessario tanto risanare i cuori, risanare i cuori. Un cuore risanato. E per questo occorre esercitare la creatività. Se ci guardiamo attorno, vediamo tanti segni dell’azione dello Spirito Santo nella vita delle famiglie e delle comunità. Persino nei campi dell’economia, della ideologia, della politica, della società. Pensiamo a chi ha fatto spazio all’interno di un’attività economica a persone con disabilità; ai lavoratori che hanno rinunciato a un loro diritto per impedire il licenziamento di altri; alle comunità energetiche rinnovabili che promuovono l’ecologia integrale, facendosi carico anche delle famiglie in povertà energetica; agli amministratori che favoriscono la natalità, il lavoro, la scuola, i servizi educativi, le case accessibili, la mobilità per tutti, l’integrazione dei migranti. Tutte queste cose non entrano in una politica senza partecipazione”. Quanti i temi della nostra vita che papa Francesco ha saputo illuminare guardando al cuore delle cose. E soprattutto al cuore santissimo di Gesù, cui ha dedicato l’ultima enciclica, che ci apre gli orizzonti verso il centro della nostra fede.
Potrei e dovrei continuare oltre, ma mi fermo a questi cenni, con cui ho voluto raccontarvi alcuni degli aspetti di papa Francesco vissuti in vario modo nei giorni e nei luoghi della nostra esperienza quotidiana. Avremo tempo per raccogliere con più ordine tutto quello che il Papa ci ha donato in questi anni di pontificato. Questo piccolo “diario di viaggio” di alcuni incontri è il mio grazie per la sua guida, i suoi insegnamenti, la sua testimonianza di fede e di vita.
† Michele Tomasi
N.B. L’intervento del vescovo Tomasi è pubblicato nello speciale della “Vita del popolo” dedicato al pontefice, in distribuzione in una certa quantità di copie, nelle parrocchie, in questi giorni