San Liberale come uno di quei credenti di cui Gesù riconosce la beatitudine, perché faranno il loro atto di fede, senza l’esperienza così radicale di Tommaso, che ha voluto toccare il segno delle ferite mortali del suo Signore per poter credere. Lo ha ritratto così il vescovo Michele, nella sua omelia della celebrazione per la festa liturgica, lunedì 28 aprile, in cattedrale. Presenti alla celebrazione una folta rappresentanza di autorità civili e militari. Oltre al sindaco Mario Conte, il presidente del Consiglio comunale, Antonio Dotto, assessori e consiglieri, il prefetto Angelo Sidoti, il questore Alessandra Simone. Hanno partecipato anche molti aderenti dell’Azione cattolica, Le cooperatrici pastorali diocesane, l’Ordine di Malta e i Cavalieri del santo Sepolcro. A concelebrare con il Vescovo, mons. Andrea Bruno Mazzocato, arcivescovo emerito di Udine, i canonici del Capitolo della Cattedrale, i vicari foranei e altri sacerdoti diocesani.
Una fede ardua
“La fede nella risurrezione di Gesù di Nazaret, il Crocifisso, è stata ardua fin dall’inizio per i suoi discepoli – ha detto il Vescovo riflettendo sul brano del Vangelo secondo Giovanni che racconta l’incontro tra Tommaso e il Risorto -. In ciascuno dei racconti della risurrezione che ci hanno trasmesso i quattro Vangeli, pur con sfumature differenti, notiamo l’incredulità di fronte ai primi racconti delle donne tornate dal sepolcro, le resistenze di fronte ai segni, la difficoltà a riconoscere in quella figura che li chiama, li saluta, viene loro incontro veramente Gesù, quello che avevano seppellito poche ore prima. Ed è comprensibile. Chi di noi darebbe così facilmente credito ad una notizia simile, ad un sovvertimento così radicale, inedito ed unico del corso della vita, di una delle poche certezze dell’esistenza, quella cioè dell’ineluttabilità della morte?”. E Tommaso non si accontenta della testimonianza degli altri discepoli.
Atto di fede per aver incontrato il vivente
Ma Gesù “riconosce la beatitudine di quanti verranno nel corso della storia della Chiesa – ha aggiunto mons. Tomasi -. Di quelli che saranno in grado di fare la loro professione di fede. Di quanti soprattutto vivranno quella formula dell’atto di fede come la descrizione del loro incontro con il vivente. San Liberale è sicuramente uno di questi tanti beati. Non avrebbe potuto, infatti, lasciare la sua carriera militare, il suo rango, i suoi onori, per dedicarsi allo studio della dottrina cristiana, alla meditazione, alla preghiera costante, alla vita ascetica alla scuola del suo Vescovo Eliodoro di Altino, non avrebbe trovato la forza di dedicarsi al servizio dei poveri e dei bisognosi; non avrebbe sentito il dovere di controbattere alla corrente teologica allora maggioritaria degli ariani, che non riconosceva la piena divinità di Gesù se non avesse vissuto un incontro, se per lui l’insegnamento non fosse diventato vita e la vita non avesse dato elementi di conferma di quanto aveva appreso. San Liberale è un testimone affidabile dell’incontro con Gesù di Nazaret, vero Dio e vero uomo, crocifisso e risorto, testimone credibile e riconosciuto tale da quanti fin da subito lo hanno ritenuto santo e ne hanno custodito le spoglie mortali, che conserviamo come reliquie a fondamento di questa nostra chiesa cattedrale”.
La fatica a credere del nostro tempo
“E noi? – la domanda del Vescovo – Siamo come Tommaso affranto dalla morte di Gesù? Siamo come tanti contemporanei di Liberale che non erano in grado di vedere la presenza piena di Dio nelle vicende dell’uomo Gesù? Diremmo anche noi che Dio non può coinvolgersi così definitivamente e pienamente con le vicende dell’uomo da essere veramente morto e veramente risorto? Il nostro tempo fa fatica a credere in Dio, e se ci crede fa fatica a credere che Dio si coinvolga davvero con la nostra esistenza. Il nostro tempo – soprattutto nella nostra parte di mondo ricca e invecchiata – oscilla tra la pretesa di risolvere tutto e sempre con le proprie forze, con la forza della ricchezza e dalla competenza tecnica, con la forza del denaro e delle armi, da un lato, e la disperazione di non sapere più fare i conti con il limite, la precarietà, la fragilità e la morte, dall’altro. Così innamorati di questa vita terrena, così assetati di esperienze di pienezza, rimuoviamo ogni segno e ogni realtà che ci ricordi la fatica del vivere, e siamo sempre meno capaci di sostenerci a vicenda nel cammino dell’esistenza, lasciando alla fine più solo chi è più nella fatica e nella prova”.
Le ferite di Cristo, passaggio verso la pienezza di vita della risurrezione
“Tommaso ci offre l’alternativa: riguardare proprio ai segni del limite e dell’apparente sconfitta di Cristo, alle ferite del crocifisso come la prova che proprio queste sono il passaggio verso la pienezza di vita della risurrezione, che ci viene offerta, concessa, donata. Dio non è assente. Dio non è altrove. Dio è il Cristo risorto che ci viene a visitare, che si mostra a noi; proprio quel Cristo che allora, a Tommaso ci ha proclamati beati. La vita va vissuta fino in fondo perché non finisce con la morte, perché Cristo è veramente risorto. E Liberale ci traccia la via: vivere con Gesù e per Gesù, per fare allo stesso tempo esperienza del vero Dio e del vero uomo. Dell’amore infinito e misericordioso che è Dio che guida l’esistenza e la storia, al di là di ogni apparenza contraria, e della vera e profonda umanità che risuona sulle note dei nostri incontri e delle nostre relazioni, e che risplende in ogni esperienza di cura reciproca”.
Il ricordo di papa Francesco
Il Vescovo ha, poi, voluto ricordare il recente funerale di papa Francesco: “Due giorni fa, durante il funerale di papa Francesco, ho fatto l’esperienza di un popolo che, pur vivendo in un tempo buio, faticoso e conflittuale, si è ritrovato a salutare il suo pastore. E questo popolo ha saputo riconoscere in papa Francesco un testimone del vero Dio e vero uomo Gesù, un uomo che fino al suo ultimo respiro ha indicato nel Risorto il centro di ogni esistenza, il fondamento di ogni speranza. E che ci ha confermato nella beatitudine di credere. Di fare esperienza di vita con il crocifisso risorto. Con l’alternativa di Tommaso. Sulla strada tracciata da Liberale”.
Cooperatrici: il rinnovo delle promesse
All’interno della celebrazione, il rinnovo delle promesse delle Cooperatrici pastorali diocesane, che avviene ogni anno nella festa del patrono: “È anche questa la testimonianza della beatitudine di un incontro, dell’incontro di donne che intendono seguire Cristo vivente con tutta la loro esistenza, al servizio della vita della nostra Chiesa diocesana di Treviso. Insieme pregheremo perché San Liberale possa confermare la loro strada, e accompagnarle e sostenerle nel loro servizio”.
Da mons. Tomasi anche un ricordo della catechista Lina Pietroboni, di Istrana, morta a Roma durante il Giubileo degli adolescenti.
“Affidiamo all’intercessione di San Liberale la nostra città e la nostra Diocesi – ha concluso il Vescovo -, affinché possiamo dare alla nostra terra e al nostro tempo l’unico contributo, l’unico annuncio necessario: Cristo è veramente risorto, e ci apre le vie della vita, ora e per l’eternità”.