Molte persone hanno partecipato, questa sera, alla Via Crucis del Venerdì santo per le vie di Treviso. Sei stazioni in altrettanti punti della città, dopo il primo momento di preghiera in cattedrale.
“Fratelli e sorelle, ci siamo radunati oggi, venerdì santo, in quest’anno dedicato al Giubileo della speranza, per percorrere, meditando e pregando insieme, il mistero della passione e morte del nostro Salvatore. Oggi, fra la gente del mondo, Gesù vive la propria passione” ha detto il Vescovo, mons. Michele Tomasi, introducendo la preghiera. A portare a turno la Croce i parroci delle parrocchie cittadine. Insieme al vescovo Tomasi anche mons. Andrea Bruno Mazzocato, arcivescovo emerito di Udine.
“La Via Crucis è fatta di stazioni – ha sottolineato il Vescovo -. Stazione significa “sosta”, “fermata”. Significa per noi “esserci”, stare lì vicino: vicino a Gesù, contemplando il suo dono d’amore e, insieme, vicini a quelle realtà di sofferenza che non è facile consolare. Vivere la Via Crucis significa esserci. Percorriamo la Via Crucis, passo dopo passo, con consapevolezza, con lucidità, con coscienza, con trasparenza. Chiediamo a Gesù il dono delle lacrime e il dono di poter cambiare la nostra vita, di poter ricominciare, grazie al suo amore, a sentirci davvero fratelli e sorelle, figli di uno stesso Padre. Quest’anno la Via Crucis è stata preparata – con alcuni gesti e testi – dai giovani dei gruppi del centro di Treviso che ci faranno dono delle loro riflessioni e dei loro percorsi”.
“Preghiamo. Signore Gesù, tu hai portato la croce e ci hai invitato a seguirti su questa via. Aiutaci ad accettare la croce, a non sfuggirla, a non lamentarci e a non lasciare che i nostri cuori si abbattano di fronte alle fatiche della vita. Aiutaci a percorrere la via dell’Amore e a raggiungere la vera gioia” la preghiera di mons. Tomasi.
Dalla cattedrale la processione, illuminata dalle candele che ciascuno portava, si è snodata fino all’incrocio tra via Canova e via Fra Giocondo, e poi accanto al tempietto del beato Enrico; e a Borgo Cavour, davanti alla chiesa di Sant’Agnese, poi la piazzetta dietro a Casa Toniolo, in via Castelmenardo, fino alla piazzetta davanti al Battistero e il ritorno in cattedrale con la possibilità di baciare la croce.
E i giovani (una sessantina quelli coinvolti, che hanno curato ogni momento con un lavoro che dura da diverse settimane) hanno accompagnato tutti i presenti alla lettura dei brani del Vangelo e a riflessioni che partivano dal loro vissuto, dall’attualità della guerra e della violenza, da tante situazioni di fatica, di sofferenza, di croce. Ma lo sguardo e la riflessione dei giovani si sono posati anche sui tanti gesti e scelte di cura, di testimonianza, di accoglienza, di servizio. Con parole, musica, gesti, ombre proiettate su tela e piccole scene hanno aiutato tutti a meditare e a “stare” sotto la croce, senza fuggire.
“La crocifissione e morte di Gesù sono tra i passi più dolorosi del Vangelo, sia per l’esperienza umana in sé che per il rapporto tra la sofferenza e l’apparente silenzio di Dio – la riflessione dei giovani -. Sembra che la Fede, l’Amore e la Speranza che Gesù ha vissuto si debbano spegnere. “Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso”: viene derisa anche la sua autorità. Gesù è su una croce, costretto all’impotenza, improvvisamente fragile. Vive derisione e senso di abbandono, l’assenza di compassione di quelli che erano stati suoi amici. Sembra tutto perduto, ma Gesù dà senso anche a questo momento perché lo affronta con l’amore e la libertà che ha sempre avuto e che gli vengono dalla relazione con il Padre e lo Spirito Santo. Questo buio, senza apparente via d’uscita, riguarda l’intera storia umana ogni volta che un evento di sofferenza tocca ognuno di noi. Nel nostro essere giovani capiamo che anche nell’ora più pesante e tragica, se ci rendiamo conto che lì c’è Dio, allora sarà un’ora che potrà germogliare ed essere abitata dalla speranza. Non conosciamo i “perché” ma crediamo che tutte le situazioni di disgrazia o inferno siano abitate dalla presenza di Dio in Gesù e non dal suo silenzio”.
Prima della benedizione, il Vescovo ha voluto ringraziare i giovani, perché hanno aiutato tutti a diventare “pellegrini di speranza”, dentro “la nostra città”, con tutte le sue bellezze, fatiche e contraddizioni, sapendo che possiamo camminare per le sue vie con lo stesso spirito di Cristo, che ha portato il peso, è morto e risorto e con noi cammina in questa città. Con lui portiamo i nostri divertimenti, la spensieratezza, le nostre relazioni, i nostri lavori, l’impegno per il bene comune, le nostre famiglie, parole di concordia, di serenità, di vera pace. Negli angoli più bui la luce di una presenza viva, negli angoli più luminosi l’annuncio che la vita è sempre più grande. Impegniamoci perché il mondo sia una casa bella, abitabile, segnata dalle croci, ma portate con il Risorto, e quindi segnate dalla vita. Da questo Venerdì santo entriamo nel silenzio del sabato santo, ma per cogliere nel nostro cuore e tra di noi i germogli del Risorto. Lui li ha posti e stanno già risorgendo e ci doneranno vita”.