Vescovi del Triveneto incontrano i cappellani delle carceri del Nordest: problemi emergenti, attività e obiettivi pastorali

I Vescovi del Triveneto riuniti oggi, in via straordinaria, ad Aquileia – dove nel pomeriggio è poi in programma l’incontro di preghiera ecumenica insieme alle altre Chiese cristiane in occasione dei 1700 anni dal Concilio di Nicea – hanno incontrato una folta rappresentanza dei cappellani e delle cappellanie (equipe pastorali) delle carceri del Nordest italiano (sacerdoti, religiosi/e, diaconi, fedeli laici uomini e donne) per fare il punto della situazione in questo ambito.

Dopo l’introduzione del Vescovo delegato mons. Carlo Roberto Maria Redaelli (Arcivescovo di Gorizia) e del coordinatore triveneto don Mariano Dal Ponte (cappellano del Carcere circondariale di Padova), sono stati presentati i seguenti dati ufficiali:

·         nel territorio della Conferenza Episcopale del Triveneto (che corrisponde al Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria Veneto – Friuli Venezia Giulia – Trentino Alto Adige) sono presenti 17 strutture penitenziarie distribuite in 13 delle 15 diocesi: 13 Case Circondariali, 2 Case di Reclusione (Padova maschile e Venezia femminile), 1 Carcere di Alta Sicurezza (Tolmezzo) e 1 Istituto Penale per Minorenni (attualmente a Treviso, in trasferimento a Rovigo); solo le diocesi di Vittorio Veneto e Chioggia non hanno strutture carcerarie nel loro territorio;

·         attualmente sono ristrette 3.912 persone su una capienza regolamentare di 2.857 posti, con un sovraffollamento del 137% (superiore alla media nazionale del 121%). Le situazioni più critiche riguardano Verona (186%), Treviso (181%), Venezia maschile (163%) e Trieste (151%). Il minorile di Treviso raggiunge il 200% di sovraffollamento;

·         il 52% dei detenuti sono stranieri, con punte del 75% a Trieste, 72% a Bolzano e Padova CC, 62% a Verona. Le provenienze principali sono Marocco, Albania, Romania, Tunisia, Nigeria;

·         i detenuti del Triveneto rappresentano il 7,6% del totale nazionale, ma gli stranieri detenuti sono il 10,1% di tutti gli stranieri ristretti in Italia;

·         il 70% dei detenuti ha già una sentenza definitiva, il 20% è in attesa del primo giudizio, il 10% in fase di appello;

·         almeno 8 detenuti su 10 che entrano in carcere hanno problemi di dipendenze da sostanze, alcol o gioco d’azzardo. Tra i più giovani si diffonde l’uso improprio di farmaci assunti in modo non terapeutico. Il 10% presenta malattie psichiatriche certificate, mentre il 30% soffre di disturbi della personalità (borderline, antisociale, narcisistico);

·         nelle carceri del Triveneto lavorano 2.445 dipendenti, di cui 2.171 appartenenti alla Polizia Penitenziaria. Nonostante le numerose assunzioni degli ultimi anni, permane una carenza cronica di effettivi di circa il 10%.

L’attività pastorale nelle carceri, in questi ultimi tempi, ha visto la novità del passaggio dalla figura del singolo cappellano alla costituzione di équipes pastorali articolate che comprendono uomini e donne, dipendenti e volontari, sacerdoti, persone consacrate e fedeli laici che operano insieme. La pastorale in carcere si articola su più dimensioni:

·         l’ascolto puro: il cappellano e i suoi collaboratori rappresentano il gruppo più importante di ascolto disinteressato dentro il carcere; il volontario accoglie la persona detenuta per quello che è e non per il reato commesso;

·         il servizio alla persona: attivazione di sportelli per bisogni primari (vestiti, aiuto economico), mantenimento dei contatti con le famiglie, accompagnamento durante i permessi premio;

·         l’annuncio della fede cristiana: animazione liturgica, gruppi di ascolto e catechesi, gruppi di preghiera, preparazione ai sacramenti.

La Chiesa cattolica, inoltre, come servizio all’ecumenismo e al dialogo interreligioso, si adopera per facilitare l’accesso alle guide spirituali delle altre confessioni.

Guardando poi al dopo carcere si è sottolineato che molte realtà ecclesiali si rendono disponibili ad accogliere persone in misure alternative attraverso affidamento in prova, semilibertà, lavori di pubblica utilità. Resta però la necessità di maggiore accompagnamento e informazione su come attivarle. In molte diocesi si registra una positiva sinergia tra Caritas e Cappellania del carcere mentre esistono anche esperienze di collaborazione interdiocesana (come la Fondazione Esodo) che meritano attenzione e possibile estensione.

Tra gli elementi da potenziare e gli obiettivi pastorali per il futuro sono stati evidenziati:

·         passare dalla logica dell’emergenza ad un progetto strutturato di pastorale carceraria;

·         promuovere sinergie e la disponibilità di enti ecclesiali, parrocchie, famiglie religiose o privati ad accogliere persone in misura alternativa o reinserimento post-detenzione, accompagnando e sostenendo sempre più l’attivazione delle misure alternative al carcere;

·         sviluppare la collaborazione Caritas-Cappellania per non esporre né le realtà ospitanti né gli ospiti al rischio di sentirsi abbandonati;

·         sensibilizzare la comunità civile ed ecclesiale sul mondo del carcere e della giustizia, superando l’isolamento della realtà-carcere rispetto ai quartieri e alle parrocchie circostanti.

Il gruppo dei cappellani delle carcere del Triveneto auspica inoltre di organizzare nei primi mesi del 2026 un incontro unitario con i Direttori degli istituti dell’area, alla presenza dei Vescovi che hanno appoggiato tale richiesta, per costruire o rafforzare la collaborazione attraverso un dialogo non centrato sui limiti della realtà carceraria, ma orientato a creare insieme strategie per parlare ai territori e ridurre l’isolamento del carcere dalle comunità, la proposta di un tavolo comune per affrontare questioni nodali (come il riconoscimento istituzionale non solo dei singoli cappellani ma delle équipes pastorali) e l’offerta di una collaborazione molto concreta per mitigare le criticità nel trovare accoglienze esterne, possibilità lavorative, occasioni di formazione professionale e lavori di pubblica utilità.

I Vescovi del Triveneto – durante il dialogo su questi temi, che ha toccato le singole situazioni locali e i rapporti con i vari istituti ed accennato anche alle tematiche del tempo della pena come un periodo rieducativo e formativo, della giustizia riparativa, del rapporto tra esigenze di sicurezza ed esercizio di giustizia, della particolare realtà del carcere minorile ecc. – hanno quindi incoraggiato e sostenuto, con gratitudine, l’attività dei cappellani delle carceri e dei loro collaboratori nelle cappellanie.

(Diocesi di Treviso)

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