“Antonio, i braccianti e la dignità della persona umana”: Lettera alla Diocesi del Patriarca Francesco Moraglia

Carissimi,

mi rivolgo a voi per condividere alcuni pensieri che possono accompagnare questi giorni, che ci metteranno alla prova, e che si delineano come giorni di una “speranza difficile”, ma proprio per questo necessaria.

Quello che in questi mesi saremo chiamati a riconoscere è la dignità della persona; siamo chiamati ad una vera traversata del deserto, la traversata della “speranza-difficile”; è il tempo dell’ottimismo della volontà, non dobbiamo assolutamente cedere al pessimismo che è strada senza sbocco; solo insieme e con l’aiuto di Dio, sarà possibile uscire da questo guado terribilmente insidioso.

Le forze si devono unire a tutti i livelli, lo richiede l’eccezionalità del momento: forse qualcuno dovrà fare dei passi indietro perché tutti possano uscire dalla crisi. La direzione da seguire è la dignità della persona umana e, soprattutto, di quella meno tutelata e più a rischio.

Addolora la tragedia di Antonio, piccolo imprenditore, del napoletano. Fino alla fine ha provato a darsi forza e ad infondere coraggio; ripeteva a sé, ai familiari, agli amici, ai colleghi: «… ce la faremo, abbiamo superato tante prove, supereremo anche questa crisi»; poi qualcosa si è rotto “dentro” e Antonio, dopo settimane d’angoscia, sentendosi abbandonato, non gli è sembrato poter scorgere degli sbocchi e, sotto il peso di tanta oppressione, si è arreso togliendosi la vita.

Si deve fare il possibile per evitare che angoscia e solitudine s’impossessino, come per il passato – e in crisi anche meno gravi dell’attuale -, di tanti onesti lavoratori che hanno ritenuto di non potercela fare.

Tragedie come quella di Antonio non devono ripetersi. Oltre le parole di speranza sono necessari i fatti, ovvero gli aiuti concreti che rendano la speranza affidabile e la motivino; anche categorie che una volta erano “forti”, ora, non lo sono più e sono messe a dura prova.

La dignità della persona è la stella polare che deve accompagnarci in questa traversata, che non è solo della speranza difficile ma anche della dignità della persona, di tutte le persone.

Sì la dignità della persona! Essa non può prescindere dal quadro dei diritti che la legislazione le attribuisce, quindi dare diritti a chi non li ha è riconoscere concretamente tale dignità; non ci si può limitate ad affermare un principio, bisogna fare in modo che tale principio diventi reale.

Oltre a quella di Antonio, ci sono anche questioni che riguardano centinaia di migliaia di persone, italiani e stranieri, di cui non è possibile ignorare l’esistenza.

Chi non ha diritti diventa socialmente invisibile finendo per costituire una triste risorsa per la malavita, o come potenziale soggetto che pone in essere azioni delittuose o come potenziale oggetto che diventa bersaglio e vittima di tali azioni.

I braccianti agricoli non devono essere considerati solo una risorsa economica, e quindi regolamentati in un’ottica di mera produttività, ma vanno considerati, appunto, come persone degne di ogni rispetto, con tutte le conseguenze.

Quando ci sediamo a tavola per mangiare chiediamoci se, nel nostro piatto, c’è un cibo giusto, ovvero che non proviene da un processo nel quale dignità e tutela delle persone sono state dimenticate.

La politica, che è la grande risorsa per disegnare insieme il bene comune, non deve più inseguire i problemi ma cercare d’intercettarli tempestivamente, offrendo così soluzioni prima che deflagrino le proteste e si ingenerino situazioni dove – Dio non voglia –  si possa ripetere il dramma di Antonio.

 + Francesco, patriarca

(Diocesi di Venezia)

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