«È l’Eucaristia che fa la Chiesa»: l’omelia del Patriarca alla Messa del Crisma. Annunciate, per sabato 27 giugno, due ordinazioni presbiterali


Sabato 30 maggio 2020

Il Patriarca Francesco Moraglia stamane, in San Marco, ha presieduto con i canonici del Capitolo Metropolitano e i Vicari Episcopali e Foranei, la Santa Messa Crismale. La ridotta partecipazione è stata legata alle disposizioni sanitarie vigenti: erano presenti tre diaconi permanenti, una piccola rappresentanza di religiosi, religiose e laici.

Al termine della Santa Messa il Patriarca ha annunciato per sabato 27 giugno p.v. l’ordinazione presbiterale di don Augusto Prinsen e don Daniele Cagnati, diaconi e alunni del nostro Seminario Patriarcale. Di seguito pubblichiamo il testo integrale dell’omelia.

S. Messa del Crisma

(Venezia / Basilica cattedrale di S. Marco, 30 maggio 2020)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

   

Carissimi confratelli nel sacerdozio, carissimi diaconi, consacrati, consacrate e fedeli laici,

innanzitutto ringraziamo per la possibilità di poter celebrare insieme, seppur in modo ancora contingentato. È, infatti, l’Eucaristia che fa la Chiesa.

La S. Messa Crismale cade il Giovedì Santo ed esprime il senso di comunione sacerdotale, ossia la realtà del presbiterio, che ha il suo momento più alto con il rinnovo delle promesse sacerdotali a Dio per il tramite del Vescovo. La comunione nella Chiesa non è mai una realtà solo affettiva, cioè fatta di gesti esteriori e di parole, ma di atti che nascono dal cuore e plasmano lo stile di vita; è alla fine realtà effettiva e carità vissuta. Anche la benedizione degli Olii sacri non è un rito esteriore ma un atto sostanziale, ecclesiale.

Soffermiamoci sul significato ecclesiale degli Olii: la comunione nei sacramenti. Oggi la nostra celebrazione sottolinea proprio questo aspetto. Non è stao possibile, infatti, riunirci fisicamente come presbiterio per la disciplina che ci è imposta e che noi, come cittadini, viviamo con responsabilità, anche se con sofferenza. Tutti insieme ci diamo appuntamento per ritrovarci con gioia non appena sarà possibile.

Carissimi Vicari delle zone pastorali, vi ringrazio per il vostro servizio importante, soprattutto in questo tempo di pandemia: oggi siete qui presenti non a titolo personale ma come rappresentanti dei vostri confratelli e delle comunità dei vostri territori.

È bene che il presbitero sappia far posto al ruolo, al compito o, meglio, al ministero che gli è stato affidato e al quale serve, al di là della sua persona. Noi preti viviamo una vocazione ecclesiale al di là delle nostre persone e dei nostri stati d’animo. Voi, oggi, siete qui a rappresentare i confratelli e le comunità che vi sono affidate.

Mi limito, ora, ad alcune brevi riflessioni che riprenderemo poi nella prossima celebrazione comunitaria con tutto il presbiterio, non appena sarà possibile.

La prima riflessione: non si è, come dicevo, preti per sé stessi. Noi preti siamo il segno di Gesù e di ciò sentiamo tutta la nostra inadeguatezza. Ma è Lui ci ha scelti e ci chiede di confidare in Lui e nella Sua grazia; Lui non ci lascia soli se noi non lo abbandoniamo e se non smettiamo di essere preti e fare i preti.

Seconda riflessione: la pandemia ci ha fatto riscoprire quegli aspetti del nostro sacerdozio che rischiamo, talvolta, di non aver presenti. Faccio solo un esempio: la giusta autostima di sé stessi che fa parte di una sana personalità. Non è egocentrismo o narcisismo, ma giusta stima di sé.

Abbiamo visto, in questo periodo di forzato isolamento, come il prete sia amato dalla gente, dalla nostra gente. In questi mesi, in cui non abbiamo potuto stare con loro, ce l’hanno fatto capire; spesso non ce lo dicono esplicitamente e non ce lo manifestano, ma ci vogliono bene. Facciamo in modo che quel bene che hanno riposto in noi non sia tradito. Molti, quando non riescono ad incontrarci, sentono la nostalgia del prete e ne soffrono. Il nostro esser preti va, di nuovo, oltre le nostre persone.

Terza riflessione: l’Eucaristia. In questo tempo di astinenza forzata l’abbiamo apprezzata di più per quello che è, ossia Gesù stesso; l’Eucaristia è e rimane il suo gesto, quello che Lui compie come vero ed eterno sacerdote. L’Eucaristia è Gesù che edifica la Chiesa – la comunità del Risorto – attraverso lo spezzare il pane e il dono del suo sangue.

Noi siamo il suo corpo e in noi circola la sua vita. Per l’antica alleanza la circoncisione era il segno dell’inizio della vita, che si origina dalla relazione con l’altro. Per l’ebreo il sangue è la vita: l’eucaristia è, perciò, vivere del suo corpo e vivere della sua vita. Questo ci è mancato in questi mesi: Gesù Eucaristia!

È bello che le nostre comunità abbiano patito tale sofferenza. Avvertendo una tale sofferenza, infatti, esse ci dicono che sono vere comunità ecclesiali e non sono solo dei gruppi che si incontrano ma – lo ripeto – sono comunità ecclesiali. È l’Eucaristia che fa la Chiesa.

Ci sarebbero molte altre riflessioni e sarebbe soprattutto bello ascoltare e condividere le vostre; avremo, comunque, modo di trovarci come presbiterio per riflettere su tutto ciò e sulla ripartenza. Con coraggio saremo chiamati a ricominciare, non dimenticando la storia che ci sta alle spalle ma con il desiderio di voltar pagina.

Anche il Consiglio pastorale diocesano e la Consulta diocesana delle aggregazioni laicali saranno invitati – così come i diaconi permanenti, i religiosi e le religiose, ciascuno nel suo ambito – a riflettere su come ripartire e pensando quale contributo si potrà dare a partire dalla vocazione specifica di ognuno ed offrendo il proprio originale contributo.

Sia una ripartenza vera, reale: una rinnovata fedeltà al Vangelo, alla storia della Chiesa veneziana, con coraggio, così da incamminarci verso il futuro spendendosi, mettendosi in gioco, accompagnandoci al Signore Risorto che chiede cambiamenti e fedeltà al Vangelo di sempre.

Oggi consacriamo i Sacri Olii. I Sacramenti sono costituiti da segni semplici che richiamano la vita del cristiano. Gli Olii – oltre a richiamarci il Battesimo, la Confermazione e il Sacramento dell’Ordine – ci riportano anzitutto a Gesù, l’Unto del Padre.

E così i Sacramenti non sono semplici gesti sociali che per taluni, ormai, appartengono solo ad una tradizione che caratterizza l’ambiente sociale in cui si vive. No, i Sacramenti non sono questo ma piuttosto quei segni che “inscrivono” nella nostra vita e nella vita delle nostre comunità Gesù Cristo Risorto, l’Unto del Padre, il Primogenito di una moltitudine di fratelli. E chiedono, quindi, d’esser vissuti. Ricevere un sacramento è ricevere un vero mandato.

Il Battesimo ci fa figli nel Figlio, la Confermazione ci fa testimoni del Padre come Gesù, l’Unzione dei malati ci conforma a Cristo nel tempo della sofferenza che è debolezza nel fisico e nello spirito; l’uomo è infatti un tutt’uno, anima e corpo. L’Ordine sacro, poi, col rito esplicativo dell’unzione delle mani per il presbitero e dell’unzione del capo per il Vescovo (differenza non da poco), rende sacerdoti nell’unico sacerdozio di Cristo, Capo e Sposo della Chiesa.

Carissimi confratelli, cari diaconi, cari religiose e religiosi, cari fedeli laici: viviamo questa celebrazione, ancora “decurtata”, come dono;  anche il desiderio di essere qui, oggi, per coloro che vorrebbero esserci ma non possono, è un dono.

Questi Sacri Olii, che tra poco benediremo, raggiungeranno tutte le comunità della Diocesi – anche le più piccole e le più lontane – e diranno in modo eloquente la realtà della comunione ecclesiale, senza la quale non c’è Chiesa.

Nella vita degli uomini, i segni (come sono questi Sacri Olii), sono importanti; lo sono nella vita di relazione, nella vita di comunità. L’olio, tra i suoi possibili significati, ha quello che gli deriva dalla pianta da cui proviene: l’ulivo. L’ulivo è segno di pace e quindi di incontro, di buone relazioni, di verità, di vita sincera e trasparente.

Dobbiamo pensare che la prossima ripartenza ci chiede di riscoprire ed esprimere il nostro essere comunità-chiesa. La pace che Gesù ci dà, lo sappiamo, non è quella del mondo. E la pace non va confusa con le sue caricature: la pace si misura sulla giustizia e sulla verità.

Senza giustizia e senza verità (il sacramento della riconciliazione nasce da un coraggioso atto di verità), si dà la caricatura della pace. La pace è riscoprire le pagine facili e difficili del Vangelo; tutte, quelle facili e quelle difficili.

La pace è ripartire da Betlemme, una povera capanna, e da Nazareth, di cui nel Vangelo si dice: cosa può mai venire di buono da lì? È ripartire dai semplici pescatori del lago di Genesaret; è ripartire dalle folle smarrite della pagana Galilea. La pace è ripartire dalle beatitudini, è incominciare a recitare in sincerità e verità il Padre nostro e soprattutto l’invocazione: “Venga il tuo Regno!”.

La vita fraterna, come sempre, è dono, ma anche una scoperta e una responsabilità e, prima d’essere gioia, è impegno.

 

Al termine della celebrazione il Patriarca ha poi rivolto queste altre parole:

La Chiesa è il Sacramento di Cristo, vive dei Sacramenti che vanno annunziati e che vanno – per quanto umanamente è possibile – compresi e, soprattutto, fatti nostri nella vita di tutti i giorni.

Portate alle nostre comunità i Sacri Olii che costituiscono momenti essenziali o esplicativi di alcuni sacramenti, gesti fondamentali per la vita delle nostre comunità: l’olio che unge i bambini al fonte battesimale, l’olio crismale per le Confermazioni che dice ai nostri adolescenti che, ormai, è tempo di alzarsi perché sono cristianamente adulti, l’olio dell’Unzione dei malati che unge i nostri cari che stanno affrontando il cammino impegnativo della malattia e che, purtroppo, è mancato a molti nostri fratelli e sorelle che, in questo tempo di pandemia, sono morti in solitudine.

Il nuovo santo Olio crismale di oggi consacrerà sabato 27 giugno, alle ore 9.30, i nostri due carissimi diaconi, alunni del Seminario Patriarcale: don Daniele Cagnati e don Augusto Prinsen. La celebrazione avverrà presso la basilica della Madonna della Salute che è, da oltre duecento anni, la cappella del nostro Seminario. Questo Olio sarà posto sulle mani dei nostri due diaconi che oggi hanno probabilmente svolto il servizio diaconale per una delle ultime volte.

Don Augusto e don Daniele si stanno preparando al sacerdozio: accogliamoli ad entrare nel nostro presbiterio. Il dono grande di essere preti, che – come detto – va al di là delle persone, è dono e responsabilità di cui godremo per tutta l’eternità.

Il popolo di Dio ci attende e ci ama e da noi, che siamo chiamati a stare con loro e a vivere per loro, richiede giustamente molto. Ognuno preghi per sé e per i propri confratelli. Portiamoci tutti nella preghiera perché possiamo essere sempre – vescovo e presbiteri -, per il nostro popolo, occasione di testimonianza semplice, vera e che edifica nella gioia del Vangelo, che ama nella verità della vita di tutti i giorni.

Dio ci accompagni con le nostre comunità ad una vera ripartenza che nasce da un cuore buono e rinnovato!

(Diocesi di Venezia)

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