Le omelie 2020 – Una Messa Crismale anomala

Stiamo celebrando una Liturgia, che sempre è stata attesa dall’intero Presbiterio: la Messa del Crisma. Quest’anno anomala nel tempo liturgico, a ridosso della Pentecoste, e nella presenza solamente rappresentativa del Presbiterio: Consiglio Presbiterale e rappresentanza dei Canonici. Giustamente si sono aggiunti alcuni consacrati/e e alcuni Laici, sempre in segno di rappresentanza. Provvidenzialmente RTP consente che siano spiritualmente presenti tutti i nostri Presbiteri, di ogni età di ordinazione e di ogni condizione di salute, compresi i Presbiteri della Casa del Clero di Negrar, che tanto avremmo desiderato poter incontrare in questi ormai tre mesi di quarantena da pandemia. Sentiamo a noi vicini i preti fidei donum, il Vescovo ausiliare emerito Andrea Veggio e il Vescovo emerito padre Flavio Roberto Carraro.

Le sofferenze del Presbiterio durante la pandemia

Nessuno si sarebbe aspettato uno sviluppo così devastante della pandemia del covid 19 e una fine ingloriosa per l’intera umanità. In ogni caso, noi pastori d’anime ne abbiamo vissuto il dramma stando tra le case della gente, condividendone noi pure la quarantena. Non c’è dubbio che tutti ci siamo sentiti feriti a sangue dall’impossibilità di avere il popolo di Dio a noi affidato partecipe delle Liturgie Eucaristiche. Nemmeno nella Veglia Pasquale e per tutta la solennità della Pasqua, fino al diociotto di maggio! Un inedito assurdo, mai accaduto in due mila anni di storia. Abbiamo subìto delle restrizioni ferree, che abbiamo accettato solo per il bene della nostra gente.

Motivo comunque di enorme sofferenza per il Presbiterio, con il suo Vescovo. Anche noi ci siamo sentiti impotenti di fronte ad uno tsunami dalle imprevedibili conseguenze. E tuttavia, abbiamo cercato di dare il nostro apporto specifico al bene spirituale della gente. Se ho intercettato bene, abbiamo dedicato molto più tempo del solito alla preghiera, lasciando fare a Dio ciò che compete a Dio, il quale, nel dono del suo Spirito, ha infuso coraggio e sapienza alla nostra gente più di quanto avessimo potuto fare noi, con la nostra zelante diretta attività pastorale. Con questo non intendiamo svilire e deprezzare l’attività pastorale, che è necessaria, nel piano della Provvidenza, quando è possibile. Ma vogliamo evidenziare il fatto che anche quando siamo impediti, o dalla salute malferma o da fenomeni estranei a noi come il covid 19, Dio non rimane inattivo nel suo Spirito nel cuore degli uomini. Il nostro modo più efficace allora di essere pastori d’anime è proprio quello di pregare e di offrire in sacrificio a Dio la nostra inattività coatta, lasciando fare tutto ed esclusivamente a Lui. E, sempre se ho bene inteso, tra i Presbiteri si è intensificato il senso della fraternità sacerdotale. Ne siano rese grazie a Dio.

Gli Oli dei Catecumeni, degli Infermi e del Crisma

Ed ora, eccoci con le porte aperte delle nostre chiese e, ovviamente, della Cattedrale. Benché a regime assai ridotto, persino del Presbiterio. Auspicando tempi accelerati per una normalità di vita sociale relazionale, una volta debellato il virus nefasto. Siamo qui, come Presbiterio, per rinnovare le promesse sacerdotali, ma anche per benedire gli Oli dei Catecumeni e degli Infermi e per consacrare l’Olio del Crisma. Pensiamo all’Olio dei Catecumeni, che con l’Olio del Crisma, segnano il Sacramento del Battesimo, la cui celebrazione è stata resa problematica in questo periodo e ancora non è del tutto normalizzata. Pensiamo all’Olio degli Infermi, finalizzato ai malati soprattutto se gravi: che sofferenza non aver potuto accedere a questi malati per dare loro il conforto dell’Olio degli Infermi; malati che magari hanno concluso la loro vita terrena senza nemmeno un funerale dignitoso! Che strazio! Va da sé che appena ne intravedete l’occasione propizia, fosse pure di domenica, riservate una celebrazione della Messa ai fedeli della parrocchia o dell’Unità Pastorale deceduti durante il tempo della pandemia, ricordandone esplicitamente il nome, in quanto parte della Comunità Cristiana. Pensiamo all’olio del Crisma, che dà il nome a questa celebrazione eucaristica. Non può non evocare in prima battuta il Sacramento della Cresima: a quando potremo celebrare le Cresime, dopo averne non celebrate a migliaia dall’inizio della pandemia! Era una delle più significative celebrazioni popolari! È un vulnus per tutti noi. E il Sacramento dell’Ordine, pure rimandato. Celebreremo l’ordinazione diaconale domenica 21 giugno e quella presbiterale sabato 27 giugno. In ogni caso la consacrazione dell’olio del Crisma evoca la nostra ordinazione e ci fa sperare in un sostanzioso incremento di vocazioni al Presbiterato, per il quale ogni prete e l’intero Presbiterio non può non essere profondamente interessato e favorevole in tutti i modi.

Un Vangelo che ci interpella come sacerdoti e come pastori sensibili ai poveri

Ogni anno, nella Messa crismale, ma soprattutto quest’anno ha profonda risonanza nel nostro cuore la profezia di Isaia che Gesù ha applicato a sé nella sinagoga di Nazareth: “Lo Spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati a proclamare la libertà degli schiavi e la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore”. Che cosa ci attende durante la seconda fase della pandemia, fatichiamo ancora ad individuarlo. A maggior ragione ci è impossibile intercettare che cosa ci attende a pandemia esaurita. Poiché le situazioni sociali, economiche, culturali e religiose nel frattempo stanno imboccando nuovi tragitti, tutti da inventare e costruire, giorno per giorno, anche come sentieri impervi e scoscesi, in qualità di Presbiterio dovremmo essere in ascolto, umile e fiducioso, di ciò che lo Spirito ci dirà proprio vivendo dentro la situazione nella sua complessità.

Comunque si evolvano le cose, a noi compete anzitutto una forte presa di coscienza di essere dei consacrati al Regno, in una relazione purificata e sempre più viva con il Signore, anzi, per dirla più precisamente, con il Mistero dell’Amore Trinitario di Dio, di cui noi siamo i profeti e i testimoni. Ce ne fa memoria la stessa imminente solennità della Pentecoste, alla quale ci siamo predisposti in questo mese di maggio, invocando la Vergine Maria, la sposa dello Spirito Santo e sua collaboratrice nella trasmissione della salvezza operata da Cristo all’umanità intera. La Pentecoste non è solo la festa dello Spirito Santo, ma la Liturgia di lode al Padre per mezzo di Gesù Cristo, il Crocifisso Risorto, per averci fatto il dono salvifico del loro Spirito di Amore.

Siamo dunque i consacrati per il Regno. Proprio per questo, come Presbiterio siamo chiamati a servire il Regno nella dedizione ai poveri, nella varietà delle accezioni: poveri di spiritualità, di valori, di denaro. D’ora in poi i tre aspetti accennati delle povertà non dovranno mai essere da noi separati, perché si riferiscono all’essere umano nella sua interezza. E alla Chiesa compete prendersi cura dell’uomo, nella sua globalità, poiché l’uomo gode di una sua dignità proprio nella sua globalità. La spiritualità dovrà sempre più attingere risorse alla sua fonte, la Parola di Dio, sbriciolata nella catechesi, e i Sacramenti, al cui vertice sta l’Eucaristia: unitamente alla Confessione, l’Eucaristia è il vaccino contro il sistema del peccato, che fa coalizzare tutti gli operatori di iniquità, sotto il giogo di satana. Il patrimonio dei valori: saranno quelli prettamente umani e umanizzanti, che hanno la loro matrice nel patrimonio cristiano. E poi le povertà materiali. Sta davanti a noi un orizzonte cupo e inquietante. Quante nuove e gravi povertà verranno alla ribalta? A noi Presbiterio competerà animare la carità verso le famiglie in stato di disperazione, in stretta collaborazione con la Caritas diocesana, capillarmente presente sul territorio, che, a sua volta, è collegata con l’assistenza sociale. Chi è in grado, a livello personale, di convincere qualche azienda in buona salute ad assumere dipendenti, oltre gli stretti necessari, tra i capifamiglia rimasti disoccupati, sul lastrico, per tante ragioni, anche per chiusura forzata della loro piccola, ma finora significativa, impresa o azienda, specialmente di carattere familiare, si farà davvero mano della Provvidenza. E preghiamo Dio che qualcuno ascolti la voce dello Spirito che parla al cuore e parla anche attraverso la parola suadente di qualche Presbitero o della Caritas. In ogni caso facciamo delle cordate di famiglie benestanti o di chi comunque ne ha la possibilità al fine di adottare famiglie del tutto sprovviste di lavoro, in preda alla disperazione, per farsene carico adeguato. Già abbiamo tutti contribuito con una nostra personale mensilità alla Caritas diocesana o a quella più ravvicinata territoriale.

Ricordiamo che ci attende un tempo in cui sempre più saremo chiamati a stare sulle frontiere, assieme alla gente, sensibili al loro grido, pronti ad intervenire in loro favore. Non sarà un tempo regolamentato da progetti ben delineati. I nostri progetti saranno le situazioni nel loro evolversi, caricandole comunque di ragioni di fede.

In quest’ora drammatica, anche per l’evolversi della pastorale, sentiamo il bisogno di invocare lo Spirito Santo, con quell’atteggiamento di Paolo, descritto dagli Atti degli Apostoli, di docilità alle segnaletiche dello Spirito, che lo indirizzavano là dove Lui indicava. Sentiamo a noi spiritualmente vicini i Presbiteri che in questo anno, dalla precedente messa Crismale, ci hanno preceduti nel Regno eterno di Dio, in particolare i Sacerdoti defunti in questo periodo di pandemia, benché non di covid 19: don Annibale Modena e don Alberto Antonioli, ambedue bravi preti. Sentiamo a noi vicina la presenza materna e tenerissima di Maria.

Carissimi, nel rinnovo delle promesse sacerdotali è concentrata tutta la nostra sincera disponibilità e decisa volontà a restare preti fedeli e appassionati. Fino in fondo. Per la nostra piena realizzazione e, soprattutto, il bene spirituale della nostra gente. Che in questo tempo di confusione, di travaglio, di trepidazione guarda ai suoi preti con singolare fiducia, come figure di valore. Che lo Spirito ci renda degni di così tanta fiducia della nostra gente. 

 

X Giuseppe Zenti

Vescovo di Verona

 

 

(Diocesi di Verona)

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