Legambiente presenta il suo Piano nazionale di Ripresa e Resilienza che serve al Paese

 Legambiente presenta il suo Piano nazionale di Ripresa e Resilienza che serve al Paese 

Il commento di Legambiente Veneto: Un’occasione da non sprecare

Poteva essere meglio gestita “la lista della spesa” presentata dalla Regione Veneto per la ripresa post Covid da finanziare con il Next Generation EU. Serve una programmazione organica e soprattutto un dibattito pubblico per un processo condiviso.

155 progetti raggruppati in 13 macroprogetti che vanno dalle infrastrutture alle Olimpiadi di Cortina, dalla sanità all’ambiente, dal rischio idrologico alla mobilità, dall’energia alla digitalizzazione, con due soli livelli di priorità, indispensabile e necessaria, per un totale di investimenti che sfiora i 25 miliardi. Questi sono i numeri del Piano Regionale di Ripresa e Resilienza Veneto (PRRR) redatto per indirizzare gli interventi finanziati attraverso PNRR, di cui molto si sta parlando in questi giorni, strumento europeo creato ad hoc per rispondere alla riconosciuta crisi climatica in corso, aggravata da quella pandemica che ha sconvolto il nostro continente a partire dal mese di febbraio 2020.

La sensazione è che si tratta di una serie di progetti per lo più fondati su una concezione di sviluppo legata al passato dove asfalto, consumo di suolo e fonti fossili fanno la parte del leone. “Che le idee della Giunta regionale sul futuro della nostra regione e dei nostri giovani siano state tradotte in un piano avido di innovazione e ricco di progettazioni del passato non è certo sintomo di buoni presagi – commenta il presidente regionale di Legambiente Luigi Lazzaro – e anzi rischia di fortificare l’assunto di una delle menti scientifiche più brillanti del XX secolo, Albert Einstein, secondo cui non si può risolvere un problema con la stessa mentalità che l’ha generato”.

Certamente ci sono nel PRRR opere assolutamente condivisibili come il completamento dell’Idrovia Padova mare, canale navigabile di V Classe, che rappresenterebbe un’alternativa all’ormai obsoleto trasporto merci su gomma e contemporaneamente un intervento di messa in sicurezza idrogeologica del territorio, o come le opere ferroviarie tra cui la nuova linea Cortina-Calalzo o gli adeguamenti delle obsolete linee a gestione regionale come la Adria-MestreMa ci sono anche le autostrade, nuovi raccordi e tangenziali; tanto voglia di asfalto che riporta alla luce anche l’autostrada Mestre – Cesena, meglio nota come Romea Commerciale, opera retaggio di superate concezioni trasportistiche e soprattutto opere progettate all’epoca della pessima gestione Galan.

Marginali nel PRRR le proposte della Regione Veneto sugli interventi per contrastare l’inquinamento ed il consumo di suolo oltre a quelli di prevenzione e controllo della qualità ecologica del territorio o di promozione della sostenibilità ambientale. Assenti anche gli investimenti in settori strategici come quello dell’economia circolare e delle energie rinnovabili.

“Da tempo chiediamo di completare la filiera impiantistica dell’economia circolare veneta realizzando in ciascuna provincia un impianto per il riciclo dei prodotti assorbenti come già fatto nel trevigiano, un centro di preparazione al riutilizzo (come nel vicentino) e un impianto per il riciclo delle terre da spazzamento, oltre a una discarica autorizzata allo smaltimento dei rifiuti contenenti amianto su ambito regionale – sottolinea Lazzaro – e lo stesso dicasi per gli impianti da energie rinnovabili, su cui la Regione deve puntare con più coraggio”.

Nel complesso si sente la mancanza di una visione di insieme, di un vero e proprio processo di condivisione e partecipazione popolare a nostro avviso indispensabile per contrastare il rilevante rischio di conflittualità sui territori derivante da centinaia di cantieri aperti. Una mancanza, quella della partecipazione, che Legambiente si augura venga colmata al più presto.

Ufficio stampa Legambiente Veneto

 

SEGUE COMUNICATO STAMPA NAZIONALE

Roma, 2 febbraio 2021                                                                        Comunicato stampa

 

Per un’Italia più verde, innovativa e inclusiva
Legambiente presenta il suo Piano nazionale di Ripresa e Resilienza che serve al Paese

23 priorità di intervento, 63 progetti territoriali da finanziare e 5 riforme trasversali necessarie per accelerare la transizione ecologica e rendere la Penisola più moderna e sostenibile

 Tra i progetti sì a sviluppo di fotovoltaico, eolico, biometano e idrogeno verde, alta velocità nel centro sud e potenziamento delle reti ferroviarie regionali, elettrificazione della mobilità urbana e dei porti, decarbonizzazione delle acciaierie, bonifiche dei siti inquinati, banda ultralarga, ciclovie e turismo di prossimità. No all’idrogeno da fonti fossili, all’impianto di cattura e stoccaggio CO2 a Ravenna, al Ponte sullo stretto di Messina.

 

Legambiente: “Non si sprechino le risorse europee. La ripartenza del Paese parta da più semplificazioni, controlli pubblici più efficaci e una nuova norma sul dibattito pubblico”

 

Link al PNRR redatto dell’associazione ambientalista

 https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/2021/02/proposte-Legambiente-per-PNRR.pdf

 

Un’Italia più verde, più vivibile, innovativa e inclusiva. Così potrà diventare la Penisola da qui al 2030 se saprà utilizzare al meglio le opportunità e le risorse che l’Europa ha messo a disposizione dell’Italia con il Next Generation EU (NGEU). Di ciò ne è convinta Legambiente che, nel giorno in cui viene audita in Parlamento in Commissione Ambiente della Camera dei deputati, per dare una “scossa” alla recente discussione poco centrata sui contenuti presenta il suo Recovery Plan, frutto di un lungo dialogo durato 5 mesi con istituzioni, imprese, associazioni, sindacati, e di una scrittura collettiva e condivisa. Il documento in questione ci proietta verso l’Italia del 2030 e indica, per le 6 missioni indicate dall’Europa, 23 priorità di intervento63 progetti territoriali da realizzare – tra rinnovabili, mobilità sostenibile, economia circolare, adattamento climatico e riduzione del rischio idrogeologico, ciclo delle acque, bonifiche dei siti inquinati, innovazione produttiva, rigenerazione urbana, superamento del digital divide, infrastrutture verdi, turismo, natura e cultura – insieme a 5 riforme trasversali necessarie per accelerare la transizione ecologica del Paese per renderlo più moderno e sostenibile, dando il via ad una nuova stagione della partecipazione e della condivisione territoriale. Il faro che ha guidato Legambiente nella redazione del suo Recovery Plan è la lotta alla crisi climatica che riguarda trasversalmente le 23 priorità nazionali di intervento. Nel documento, inoltre, l’associazione ambientalista descrive, regione per regione, quelle che a suo avviso sono le opere da realizzare e quelle da evitare, indicando in maniera chiara come spendere i quasi 69 miliardi di euro destinati per la “Rivoluzione verde e transizione ecologica” e i 32 miliardi destinati alle “Infrastrutture per la mobilità sostenibile”.

Tra i progetti da finanziare, Legambiente indica, ad esempio, oltre all’Alta Velocità nel centro Sud, le reti ferroviarie di Sicilia, Calabria, Basilicata, Molise, Campania, Sardegna, Toscana, Umbria, Emilia Romagna, Trentino Alto Adige, Veneto, Lombardia e Piemonte; l’elettrificazione dei porti; l’idrovia Padova Venezia; la chiusura dell’anello ferroviario di Roma; gli interventi per ridurre gli impatti ambientali nelle acciaierie (l’ex Ilva di Taranto e l’impianto di Cogne ad Aosta), la riconversione del distretto dell’Oil&Gas di Ravenna (puntando sulla nuova filiera dell’eolico e del fotovoltaico offshore e della dismissione delle piattaforme non più operative), la riconversione delle centrali a carbone ancora attive e i progetti sull’agroecologia in Puglia, Umbria, Emilia Romagna e Trentino. Senza dimenticare la realizzazione di digestori anaerobici per il trattamento della frazione organica differenziata, con produzione di biometano e compost di qualità, in ogni provincia in Sicilia, Calabria, Campania, Basilicata, Abruzzo, Marche, e Liguria e quelli per trattare gli scarti agricoli, i reflui zootecnici e i fanghi di depurazione. E poi le delocalizzazioni degli edifici a rischio idrogeologico in Calabria, Sardegna e Umbria; la decarbonizzazione delle isole minori in Sicilia; la digitalizzazione nelle aree interne e una nuova fruibilità turistica delle aree montane come nelle Marche, dove an­drebbero finanziate le connessioni ciclopedonali, che mancano, tra Appennino e costa adriatica; la riqualificazione dell’edilizia popolare (messa in sicurezza ed efficientamento energetico) e degli istituti scolastici in Campania; il progetto integrato sulla “città adriatica” nelle Marche, la rigenerazione socio-economica delle quattro regioni del centro Italia colpite dal sisma. Tra i progetti da evitare e che l’associazione ambientalista boccia c’è, ad esempio, l’impianto di cattura e stoccaggio di CO2 proposto da Eni a Ravenna, il ponte sullo stretto di Messina, quelli legati alla produzione di idrogeno da fonti fossili, i nuovi invasi, gli impianti TMB di trattamento meccanico biologico dei rifiuti, gli impianti di innevamento artificiale e di risalita al di sotto dei 1.800 m.s.l.m., gli incentivi legati all’acquisto dei veicoli a combustione interna.

 “Negli ultimi mesi – spiega Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – il percorso di definizione del PNRR da parte del governo italiano è stato a dir poco confuso e, soprattutto, per nulla partecipato. Per dirla con una battuta auspicavamo un “PNRR partecipato” e ci siamo trovati un “PNRR delle partecipate”, come poi è emerso dalle bozze circolanti con i progetti proposti da Eni. Il nostro auspicio è che, una volta superata la crisi governativa in corso, l’Esecutivo abbia il coraggio di cambiare registro e passo pensando ad un Recovery Plan diverso, modificandolo e mettendo al centro la crisi climatica, anche prendendo spunto dal nostro documento. Questi interventi devono essere accompagnati da un profondo pacchetto di riforme per accelerare la transizione ecologica: servono più semplificazioni, controlli pubblici migliori, un’organizzazione burocratica aggiornata professionalmente e all’altezza della sfida, una maggiore partecipazione con una nuova legge sul dibattito pubblico che riguardi tutte le opere per la transizione verde, per coinvolgere i territori e ridurre le contestazioni locali. Solo così – conclude Ciafani – si darà concretezza al nome scelto per il PNRR: Next Gene­ration Italia, con un forte richiamo agli impegni che si assumono per le prossime generazioni. Ma perché alle intenzioni dichiarate corrispondano i fatti è necessaria quella volontà politica che non abbiamo visto finora. È il momento di mostrarla”.

Critiche al PNRR predisposto dal Governo – Per Legambiente gli anni fino al 2030 saranno cruciali per fronteggiare l’emergen­za climatica: per questo non deve essere sprecata la grande opportunità del PNRR per diventare un paese moderno, per liberarsi da zavorre, emergenze ambientali croniche, progetti e inadem­pienze che provocano procedure d’infrazione da parte dell’Europa, e soprattutto per superare lo shock causato dalla pandemia. Ad oggi purtroppo il PNRR predisposto dal Governo, non ha ancora imboccato con determinazione questa strada. Per l’associazione ambientalista si tratta di un piano privo di una bussola, dove la grande assente tra le priorità trasversali è proprio la crisi climatica (che andrebbe affiancata a parità di genere, sud e giovani) e dove manca la messa a punto di obiettivi, strumenti e interventi dettagliati, coerenti e integrati tra loro, tale da delineare la visione del Green Deal Italiano e le tappe della transizione per tradurlo in realtà. Nel Piano governativo arrivato in Parlamento il 15 gennaio 2021, non compare più infatti l’allegato con le schede progetto circolato il 29 dicembre scorso e questo non rende possibile un’analisi approfondita e puntuale. Ma una descrizione più generale di quello che si vuole finanziare c’è ed è sufficiente per valutare gli errori del Piano. Solo per fare un esempio nel PNRR proposto dal Governo alle opere ferroviarie per la connessione veloce vanno quasi 27 miliardi di euro (la fa da padro­na l’Alta velocità e la velocizzazione della rete con poco meno di 15 miliardi di euro) e 18,5 all’efficientamento termico e sismico dell’edilizia residenziale privata e pubblica. Sono di gran lunga più contenute le risorse destinate a produzione e distribuzione di energia da fonti rinnovabili (9); al trasporto locale e alle ciclovie (7,5) a cui andrebbero destinate più risorse, all’economia circolare (4,5 miliardi di euro), che pure vede l’Italia come paese leader in Europa, il rischio idrogeologico (3,6), che interes­sa il 91,1% dei Comuni, l’agricoltura (2,5), motore indispensabile del “made in Italy” agroalimentare.

Riforme necessarie –  La storia dell’Italia ricorda che non bastano i finanziamenti europei per realizzare le opere pubbliche necessarie, ma servono anche delle riforme in parallelo. È necessario organizzarsi velocemente e in modo diverso, per garantire qualità dei progetti, velocità della spesa e certezza del rispetto delle regole. Per questo l’associazione ambientalista indica nella sua proposta di PNRR le numerose riforme necessarie per ciascuna delle 23 priorità di intervento individuate, a cui se ne affiancano altre 5 trasversali, da mettere in campo per accelerare la transizione ecologica: 1) Velocizzare l’iter autorizzativo con le semplificazioni all’iter di approvazione dei progetti, 2) Combattere la concorrenza sleale con il miglioramento qualitativo dei controlli ambientali attraverso il potenziamento del Sistema Nazionale di Protezione dell’Ambiente, 3) Istituire una governance efficace con una Struttura di missione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri sul modello di quanto già fatto, con risultati incoraggianti, sul rischio idrogeologico e sull’edilizia scolastica; 4) Aumentare le competenze della pubblica amministrazione con un vasto programma di formazione e aggiornamento professionale; 5) Ridurre i conflitti territoriali con una nuova legge sul dibattito pubblico per la condivisione e la partecipazione di cittadini e istituzioni locali che potenzi quanto già previsto da Codice degli appalti e Valutazione di impatto ambientale.

A questo link è possibile scaricare le schede e le cartine dell’Italia con le opere da realizzare e quelle da evitare: https://we.tl/t-VXYaVXn9Cu

Sul sito di Legambiente è possibile scaricare il documento completo “Per un’Italia più verde, innovativa e inclusiva. Il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza che serve al Paese

(Legambiente Veneto)

Please follow and like us