Beato Enrico: lasciamoci interpellare dall’irruzione dei “piccoli” nella storia. In cattedrale la messa presieduta dal Vescovo

Questa mattina, 10 giugno, memoria liturgica del beato Enrico da Bolzano, il vescovo Michele Tomasi ha presieduto la messa in cattedrale, ricordando il beato come uno di quei “piccoli” che irrompono nella storia dei “grandi”. “La vicenda di Enrico da Bolzano – del beato Èrico – è una di queste irruzioni, lui è un «piccolo», un accidente della storia”, ha sottolineato il Vescovo. Una testimonianza, però, la sua, che ci interroga sul valore di quella “piccolezza” che può aiutarci a vivere la nostra convivenza civile, se ci lasciamo interpellare proprio dall’irruzione dei piccoli e dei bisognosi, grazie alla “tenerezza” di cui parla papa Francesco nell’enciclica “Fratelli tutti”.

Era un solitario, Enrico; vicino a Dio, certamente, ma non un modello da imitare per i concittadini del tempo, ha ricordato mons. Tomasi. “Uomo della preghiera e della solidarietà con i miseri (mendicava e poi ridistribuiva ai poveri della città quanto raccoglieva, ndr) per amore di Cristo viene conosciuto e riconosciuto dopo la sua morte: le campane convocano l’assemblea in questa Cattedrale, a salutare il «piccolo» del Signore”. E poi le richieste di intercessione, di aiuto e di guarigione, e questo «piccolo» si manifesta sempre più nella vicinanza alla forza di Dio, amico di Gesù. Quanto bisogno vero e profondo si manifesta in tante preghiere di piccoli e di deboli, oggi, e che solo in invocazioni discrete, talvolta mute, riesce a trovare una dignità di redenzione”.

“Anche noi, nelle nostre belle città, rischiamo di non vedere il Figlio rivelato dai «piccoli» – ha sottolineato il Vescovo -. Siamo troppo veloci in ogni manifestazione della nostra vita, soprattutto nei giudizi su che cosa abbia veramente valore” perdendo, forse, “il dono della domanda grande sul senso profondo della vita” che spesso i «piccoli» sanno provocare, e restando, così, tristi, aggressivi, litigiosi, violenti. “Perché non siamo felici? Il più piccolo di tutti, il Cristo crocifisso, ci viene incontro come il Risorto, il vivente: dove gli faccio concretamente spazio?” si è chiesto mons. Tomasi.

“Enrico pregava, camminava per le nostre strade e restava saldo “come se vedesse l’invisibile” (Eb 11,27) – ha ricordato il Vescovo -. Senza questo dialogo continuo con il Signore, senza l’ascolto della Parola contenuta nelle Scritture ed eloquente nelle vicende della vita, siamo destinati a non vedere nemmeno nulla di ciò che è visibile, incapaci di cogliere il profondo mistero della vita in cui siamo immersi. Incapaci di capire la realtà, siamo condannati a vedere oggetti da sfruttare là dove invece c’è vita da amare: fratelli e sorelle scaturiti dalla stessa fonte dell’amore di Dio”.

Quindi, l’appello del Vescovo rivolto alla politica e all’esercizio della cittadinanza: “In quell’arte del vivere insieme che chiamiamo politica e cittadinanza – che è compito e responsabilità di tutti e di ciascuno – lasciamoci interpellare dall’irruzione del beato Èrico, dall’irruzione dei piccoli e dei bisognosi: “Anche nella politica c’è spazio per amare con tenerezza. Cos’è la tenerezza? È l’amore che si fa vicino e concreto. È un movimento che parte dal cuore e arriva agli occhi, alle orecchie, alle mani. […] La tenerezza è la strada che hanno percorso gli uomini e le donne più coraggiosi e forti. In mezzo all’attività politica, «i più piccoli, i più deboli, i più poveri debbono intenerirci: hanno “diritto” di prenderci l’anima e il cuore. Sì, essi sono nostri fratelli e come tali dobbiamo amarli e trattarli»” (Fratelli tutti, 194). Quella reliquia, il corpo del beato Èrico custodito là, in fondo alla Cattedrale, sarà allora un poco meno sola e solitaria, e forse verremo sorpresi da suoni di festa, come di campane spiegate. Forse allora, il Padre rivelerà anche a noi le cose che contano veramente, perché saremo anche noi tra quei «piccoli». Forse potremo osare di essere felici”.

Al termine della celebrazione, la preghiera del Vescovo davanti all’urna del beato.

In allegato l’omelia integrale

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(Diocesi di Treviso)

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