San Pio X e san Matteo: un invito a vivere la bellezza delle nostre vite in questo tempo e in questa nostra terra

Un pomeriggio di festa ieri, 21 settembre, a Riese Pio X, fatto di inaugurazioni e di preghiera, di celebrazione e di convivialità. Nella festa del patrono, San Matteo, la comunità ha vissuto insieme al Vescovo Michele Tomasi l’inaugurazione della casa natale di papa Sarto e del museo a lui intitolato, dopo i lavori di restauro e riallestimento. Poco prima, l’inaugurazione del nuovo percorso dedicato alla poesia religiosa al parco della poesia Andrea Zanzotto.

Davanti alla casetta di papa Sarto, nel piccolo giardino che la divide dal museo, alla presenza delle autorità civili e militari, e delle Discepole del Vangelo, che animano la “Casa di accoglienza Margherita”, il vescovo ha messo in luce il significato vero di fare memoria, in particolare in questo periodo di celebrazioni diocesane per san Pio X, in occasione della Peregrinatio delle sue spoglie mortali, che si terrà dal 6 al 15 ottobre.

“Questi sono luoghi della memoria. Fare memoria significa ricordare, ossia riportare al cuore. Al cuore, non solo alla mente: un’operazione che dovremmo fare con tutti noi stessi” ha sottolineato il Vescovo. E riflettendo sulla figura di papa Sarto e sulla sua “carriera” vissuta in tutte le dimensioni pastorali, a servizio della Chiesa, mons. Tomasi ha sottolineato che la sua è stata una vita vissuta nella vicinanza piena al popolo di Dio, nelle gioie e nelle fatiche. Quella di Pio X è una santità cresciuta nella semplicità, così come ci invita a immaginare la casetta di famiglia, semplice e dignitosa, dove si è svolta la vita quotidiana di una famiglia dalla fede profonda, legata dall’amore reciproco: “Qui Bepi Sarto avrà corso, giocato, riso, pianto, da bambino e da ragazzo, qui si è svolta la vita di tutta la sua famiglia – ha ricordato il Vescovo -. Le grandi figure di santità non sono grandi perché hanno vissuto nei palazzi, ma perché hanno vissuto in profondità la propria fede, anche nella semplicità delle origini. Una ‘santità della porta accanto’, come ci ripete papa Francesco. Un invito per tutti noi, oggi, a vedere la nostra vita come a un percorso possibile di santità, a considerare che anche noi possiamo essere i santi della porta accanto per i nostri vicini”. Ecco che, secondo il vescovo, la prossima Peregrinatio delle spoglie di san Pio X, “è un dono perché può essere un momento di festa, di condivisione e di grazia, perché san Pio X ci può dire che in questo nostro tempo e nella nostra terra noi possiamo vivere la bellezza delle nostre vite, con lo stile del Vangelo di Gesù Cristo”.

Il sindaco, Matteo Guidolin, ha ricordato l’impegno del Comune di Riese Pio X, della Fondazione Giuseppe Sarto e di tutti i progettisti, le ditte e le maestranze che hanno lavorato per ristrutturare “la casa natale di Bepi Sarto, dichiarata monumento nazionale nel 1952, ma per noi soprattutto un luogo del cuore, di identità e di spiritualità”.

Dopo l’inaugurazione, la messa presieduta dal vescovo Tomasi nella chiesa parrocchiale e concelebrata dal parroco, mons. Giorgio Piva, e da numerosi sacerdoti del vicariato od originari di Riese. Il Vescovo, nell’omelia, ha ripercorso la storia della vocazione di san Matteo, chiamato da Gesù a seguirlo. Un uomo che Gesù “vede” nella sua umanità, fatta di ferite e di male, ma anche di una inesauribile possibilità di bene. Quello sguardo di Gesù è anche per ciascuno di noi. C’è un momento della nostra vita nella quale possiamo deciderci ad alzarci e a seguirlo. Perché non può essere questo il momento, per i fedeli di Riese, nel giorno in cui celebriamo il patrono, Matteo? Noi sappiamo che siamo amati, voluti, che Gesù è assolutamente dalla nostra parte, perché c’è stato questo incontro. Quanti lo sapranno da noi, perché ci incontreranno cambiati e capaci di amare, di perdonare, di dare una carezza? E’ possibile perché siamo toccati, cambiati da questo amore grande e meraviglioso. Chiediamo a san Matteo, che ha seguito Gesù e ci ha trasmesso i suoi insegnamenti con il Vangelo, di darci la forza affinché noi siamo quella comunità che è amata e ama “un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo” ha ricordato il Vescovo citando la prima lettura, la lettera di san Paolo agli Efesini. “Fratelli, sorelle, siamo chiamati a diventare pieni di vita, nella perfezione di ciò che siamo, perfetti non perché non facciamo errori, ma perché non smettiamo mai di credere che è possibile amare. Questo ha incontrato Matteo, l’abisso dell’amore, e ha capito che anche lui, pubblicano, è amato e può amare, e ce lo sta gridando da venti secoli. Noi siamo come lui: lasciamoci guardare”.

Al termine della messa, la cena comunitaria negli spazi parrocchiali, con il Vescovo e oltre 400 persone

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(Diocesi di Treviso)

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