Coldiretti Padova a Bruxelles: in tremila in piazza per il giusto prezzo e lo stop all’euroburocrazia
Sono partiti prima dell’alba gli agricoltori padovani che lunedì 26 febbraio hanno sfilato a Bruxelles insieme a migliaia di contadini arrivati da tutta Italia per dire stop alla burocrazia e all’aumento dei costi che danneggiano gli agricoltori italiani ed incrementare gli aiuti alle aziende per contrastare la crisi e l’aumento dei tassi di interesse, garantire una moratoria sui debiti, rafforzare la direttiva europea contro le pratiche sleali e cancellare definitivamente l’obbligo dei terreni incolti.
In testa alla delegazione padovana che si è unita a quella veneta il presidente di Coldiretti Padova Roberto Lorin, insieme al direttore Giovanni Roncalli e ad una nutrita rappresentanza di giovani e donne imprenditrici della nostra provincia. “Siamo tornati a Bruxelles perché è qui che si stanno decidendo le sorti della nostra agricoltura- afferma Lorin – ed è qui che dobbiamo concentrare la nostra azione. Questa Europa non ci piace, chiediamo lo stop ai regolamenti senza senso e alla burocrazia, vogliamo risposte in tempi certi alle necessità delle nostre imprese, chiediamo che sia applicato il principio di reciprocità. I giorni scorsi ne abbiamo parlato nel dettaglio con i nostri agricoltori, incontrati a centinaia nelle assemblee che stiamo organizzando sul territorio”.
In primo piano la battaglia contro la speculazione, che i giovani agricoltori riassumono esponendo alcune cifre eloquenti. “Dal campo alla tavola assistiamo alla moltiplicazione dei prezzi – ricorda Alessia Parisatto, imprenditrice di Baone, a nome di tutti i giovani agricoltori – ma a noi restano solo le briciole che nemmeno coprono i costi di produzione. Io ho esposto il prezzo delle mele: a noi mediamente vengono pagate 45 cent ma al dettaglio vengono vendute ad almeno 1,70 euro. Il nostro radicchio, uno dei prodotti di punta dell’agricoltura padovana, ci viene pagato in media 70 centesimi al chilo mentre il consumatore deve spendere almeno 3 euro. Non va meglio per il latte, pagato alla stalla 50 centesimi o poco più e rivenduto anche ad oltre 2 euro al litro. La nostra farina di grano tenero ci viene pagata 23 centesimi mentre il pane costa 3,50 euro. Potremmo continuare con gli esempi, noi vogliamo solamente il prezzo giusto”.
A questo aspetto si aggiungono le conseguenze della vera e propria invasione del cibo straniero: dal grano di Putin a quello canadese fatto seccare con il glifosato, mai così tanto cibo straniero è arrivato in Italia con il valore delle importazioni agroalimentari dall’estero che nel 2023 hanno raggiunto il record di 65 miliardi di euro. Prodotti spesso provenienti da Paesi che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale e di rispetto dei diritti dei lavoratori.
Accanto alla protesta anche le proposte, riassunte nel Piano presentato dalla Coldiretti in occasione della manifestazione a Bruxelles con gli agricoltori guidati dal presidente nazionale Ettore Prandini, scesi in piazza con un corteo che dalla stazione Luxembourg ha raggiunto Rue de la Loi, a pochi passi dal Parlamento europeo a Bruxelles, in occasione del Consiglio dei Ministri agricoli sulla proposta di semplificazione della Pac.
“Abbiamo messo in campo un lavoro costante di mobilitazione, ma anche di rapporto diretto con le istituzioni europee. Una grande organizzazione come la Coldiretti – dice Ettore Prandini – ha il dovere di trasformare la protesta in proposte concrete, nella consapevolezza che la maggior parte delle battaglie cruciali per il futuro delle nostre campagne si combattono proprio a Bruxelles. Proprio per questo abbiamo predisposto un documento strategico anche sulla Pac dei prossimi anni, che deve essere semplice e in linea con le necessità delle imprese. Dobbiamo dire basta alla contrapposizione tra agricoltura e ambiente voluta da Timmermans, gli agricoltori sono il primo presidio ambientale”.
Le misure, anticipate da Prandini in una lettera alla presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen, puntano innanzitutto – sottolinea la Coldiretti – a porre fine all’aumento di adempimenti, obblighi e costi per le aziende agricole legati all’applicazione della condizionalità ambientale. Norme troppo stringenti e spesso svincolate dalla realtà che ne hanno reso di fatto impossibile l’applicazione nelle campagne, già colpite dall’aumento costante dei costi di produzione e un corrispondente calo dei prezzi agricoli. Coldiretti chiede dunque di eliminare le eventuali sanzioni a carico degli agricoltori per il 2024 e il 2025 e di procedere alla cancellazione definitiva dell’obbligo di tenere il 4% di terreni incolti, in quanto la semplice deroga non è sufficiente.
Al di fuori della Pac, la situazione economica del settore agricolo è però talmente grave che va affrontata con misure specifiche anticrisi a partire – continua Coldiretti – da una piena flessibilità sugli aiuti di stato, prorogando il Quadro Temporaneo di Crisi e Transizione di almeno un anno per consentire agli Stati membri di sostenere gli agricoltori con strumenti efficaci come la moratoria sui debiti, che aiuterebbe una larga parte delle aziende agricole soprattutto di piccole dimensione e condotte da giovani e donne.
Per quanto riguarda poi il caso del grano ucraino, per evitare che l’afflusso di grandi quantità di cereali sul mercato europeo possa far crollare le quotazioni, con il prezzo pagato agli agricoltori italiani che è oggi rischia di essere al di sotto dei costi di produzione, Coldiretti propone di utilizzare parte dei fondi Ue messi a disposizione per l’emergenza ucraina per acquistare e stoccare in magazzini europei i prodotti cerealicoli e, più in generale, prodotti agricoli da destinare ai Paesi colpiti da gravi emergenze alimentari. In questo modo si eviterebbe la destabilizzazione del mercato comunitario e al tempo stesso si potrebbe valorizzare il ruolo geopolitico dell’Europa nella lotta all’insicurezza alimentare di queste aree, sulle quali cresce sempre più l’influenza di Paesi come la Russia.
Ma a Bruxelles Coldiretti punta anche a scardinare alcune delle follie europee che minacciano l’agricoltura nazionale, dalla direttiva packaging che colpisce le aziende ortofrutticole cancellando, per fare un esempio, insalata in busta e confezioni di pomodorini, alla direttiva ammazza stalle che equipara gli allevamenti alle fabbriche, fino all’accordo Mercosur, il mercato comune dell’America meridionale di cui fanno parte Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay, con le gravi inadempienze di molti Paesi sudamericani sul piano della sostenibilità delle produzioni agroalimentari con rischi per l’ambiente, la sicurezza alimentare e lo sfruttamento del lavoro minorile.