“Usiamo questo tempo di Quaresima come un tempo diverso, proviamo a vivere in maniera diversa, prendiamoci un impegno per avere uno spazio – anche grazie al digiuno, alla preghiera e alla carità – in cui il Signore può stare con noi, in cui Lui ci può dire quello che è bene per la nostra vita, la apre e la libera”: così il vescovo Michele Tomasi mercoledì sera, 14 febbraio, durante la celebrazione in cattedrale con il rito di imposizione delle ceneri, inizio del tempo di Quaresima. Molti i fedeli presenti.
“Hanno già avuto la loro ricompensa, hanno già avuto la loro ricompensa, hanno già avuto la loro ricompensa”: per tre volte – ha ricordato il Vescovo – Gesù usa questa espressione per coloro che compiono le opere – anche le più giuste le più vere le più buone – per essere visti. Per essere visti dagli altri, per essere lodati, per ricevere dagli altri, dai fratelli e dalle sorelle una ricompensa di gratificazione. Gesù aveva già visto la bolla nella quale sta vivendo la nostra società”. Una società dell’immagine, dei social, dove se non si è visti non si esiste, ha sottolineato il Vescovo. Il rischio è quello di contribuire a creare un mondo della politica, dell’economia, della cultura e delle relazioni, delle nostre vite che, “se non è raccontabile in qualche storia sui social, non esiste”.
“Non esiste più una decisione politica che abbia un orizzonte non dico di anni, ma neanche di mesi, e che ha, invece, l’orizzonte del click sotto i like del mio ultimo video. Ma questa è una bolla – ha ribadito mons. Tomasi -, che ti impedisce di essere visto dall’unico che, col suo sguardo, ti dà vita, ti mantiene in vita, ti fa crescere, ti fa aumentare di gioia, di pienezza, di sostanza, che è Dio”.
“Dio vede nel segreto. Dopo che tu hai fatto la giustizia, dopo che hai pregato e digiunato, lui che vede lì dove sei, vede nel profondo del tuo cuore, ti ricompenserà, cioè farà in modo che quel modo di santificare il tempo diventi veramente buono per te, ti farà vivere, ti donerà la vita”. E poi, il valore della condivisione: “io devo condividere, devo creare relazioni giuste, devo accogliere chi ha bisogno, devo dare lavoro a chi lo cerca, devo pagare il salario, devo pagare le tasse, tutte cose giuste, e le faccio sia che piaccia a chi mi sta attorno, sia che non gli piaccia, perché sono a immagine di Dio, e Dio è giusto, e la ricompensa è nell’essere annoverati tra i giusti, tra quelli che costruiscono un mondo buono, tra quelli che possono camminare a testa alta perché sanno che stanno tentando di vivere il bene”.
E riferendosi alla preghiera, il Vescovo si è chiesto: “Qual è la ricompensa della preghiera se non il dialogo, l’ascolto e l’ascolto di Dio che ci parla? Ma se io prego dicendo tante parole, come fanno i pagani, non c’è spazio perché lui possa parlare, e se lo faccio solo quando mi sembra che gli altri mi approvino, come posso essere in dialogo amoroso con Dio che continua a parlarmi e che continua a dirmi la parola di bene, di misericordia che ha per me in quel momento? La preghiera ha la sua ricompensa in se stessa, al cospetto del Signore, una volta che è rotta la bolla”.
Gesù, poi, non dice di non digiunare, ha ricordato il Vescovo. “Il digiuno ha tanti aspetti, ci trasforma in persone che ricevono la vita in dono e non che la vogliono conquistare, il digiuno ci fa meno divoratori di vita. Allora, divoriamo un po’ meno cibo, per non essere guidati dal ventre o dalla gola, divoriamo meno impressioni, meno cose visive, cerchiamo di guardare realtà belle e buone e cerchiamo di ascoltare nel silenzio la musica dell’anima. E non divoriamo relazioni: non tentiamo di consumare le persone che ci stanno accanto, riceviamo con rispettosa cura il dono degli altri, il dono del mondo, il dono del Creato, accogliamo con questo digiuno del desiderio ciò che veramente ci dà vita, perché ciò che catturiamo muore. Ciò che riceviamo in dono dà vita dà esistenza”.
“E allora facciamola questa esperienza – l’appello del Vescovo ai presenti -. Usiamo questo tempo di Quaresima come un tempo diverso, proviamo a vivere in maniera diversa. Prendiamoci un impegno per avere uno spazio in cui il Signore può stare con noi e ci può dire quello che è bene per la nostra vita, che apre la nostra vita e la libera. Ci affidiamo solo a Colui che ha parole di vita eterna, e potremo gustare la pienezza della Pasqua, per la quale questo cammino di Quaresima è cammino di preparazione, di attesa e di speranza. Fratelli e sorelle, lasciamoci riconciliare con Cristo, ci ha esortato a questo San Paolo, facciamo in modo che il segno delle ceneri sia questo desiderio di vivere solamente del suo amore, e nulla anteporre al suo amore nella nostra vita”. Poi, l’invito ai sacerdoti concelebranti, quelli della città, i sacerdoti del Capitolo della cattedrale, quelli della comunità del Seminario e ai diaconi: “Proviamo a metterci, cari fratelli nel presbiterato e nel diaconato, nell’atteggiamento richiesto dal profeta (“Che piangano i sacerdoti tra il vestibolo e l’altare”). Piangere lasciandoci toccare il cuore fino alla commozione per la fatica del popolo, per le preoccupazioni dei fratelli delle sorelle, per tutto il male che c’è nel mondo, per la guerra, per gli omicidi, per la violenza nelle parole e negli atti. Ché possiamo avere questo intendimento del cuore, che è l’unico che poi ci permette di annunciare una parola di vita con lo stesso sguardo di quel Signore che tutto ricompensa, perché si dona a noi. E non c’è dono più grande di Cristo vivo presente in mezzo a noi. Facciamo un po’ di spazio, un po’ di silenzio, lasciamoci commuovere nel profondo, e gioiremo della sua presenza e del suo amore”.