Giovedì santo, 28 marzo, alla sera, mons. Tomasi ha presieduto la “Messa in coena Domini” in cattedrale. Nell’omelia il Vescovo si è soffermato in modo particolare sul dono dell’Eucaristia da parte di Gesù attraverso il gesto della lavanda dei piedi: “Ogni volta che il Pane spezzato si fa nostro nutrimento, là c’è il Signore Gesù che si china su di noi, ci lava, ci purifica, ci dà refrigerio, riconferma la nostra infinita dignità, si prende cura di ogni fibra della nostra esistenza”. Il Vescovo ha vissuto il gesto della lavanda dei piedi nei confronti di dodici persone della parrocchia del Duomo.
L’omelia integrale:
“Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine”.
“Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto”.
La Passione di Cristo non è un incidente di percorso nella sua vicenda, e Gesù sa bene ciò a cui va incontro: sa che è venuta la sua ora, conosce bene il suo rapporto con il Padre, sa che ha nelle sue mani tutto, e che era venuto da Dio, e che a Dio ritornava.
È in questo contesto che Gesù pensa per noi il dono dell’Eucaristia.
È venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre. Quell’ora anticipata, forse anche affrettata dall’invito ad intervenire da parte di Maria sua madre alle nozze di Cana, in vista di una festa di nozze gioiosa e senza fine, è adesso giunta. È la sua passione, la sua crocifissione, la sua glorificazione. È il modo misteriosamente scelto per dare ogni compimento a tutto l’amore di cui sino ad allora era stato capace verso i suoi. E questo ora prende la forma del dono dell’Eucaristia, che così diviene per noi, ogni volta che la celebriamo, il compendio, il condensato, il distillato di tutto l’amore di Gesù per noi e per l’umanità intera.
Potremmo anche dire che li amò raggiungendo il fine, la meta di ogni sua azione, gesto, parola.
Mi consola tanto poter pensare alle nostre celebrazioni eucaristiche come ciò a cui tende tutto l’amore di Gesù per l’umanità.
Ci farebbe bene riuscire a vedere la Messa con gli occhi con cui la vede Gesù, amarla con l’amore con cui Lui ama incontrarsi con noi, e donarsi a noi nella celebrazione eucaristica.
Ci farebbe davvero bene quando ci riuniamo distrattamente, quando ci ritroviamo in pochi, quando non riusciamo a curarla come vorremmo, perché ci sembra che non ci siano le forze.
Ci farebbe davvero bene vederla così quando siamo tentati di scegliere di fare altro – magari cose bellissime ed importanti – al posto di ritrovarci con la comunità, convocati dal Signore, per la Messa.
Ci farebbe bene riuscire a gustare il distillato di amore che il Signore ci offre, quando siamo disposti a celebrare senza farci trafiggere dal suo amore, e pensiamo di essere in grado di incontrarci con Lui senza incontrarci davvero tra noi, senza rendere efficace la forza del perdono reciproco che Gesù ci ha donato, morendo per noi.
Nel Vangelo di Giovanni, lo abbiamo appena sentito, il racconto dell’istituzione dell’Eucaristia consiste nella lavanda dei piedi. Gesù pone questo gesto per insegnarci il senso più profondo dell’Eucaristia. E lo fa “sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava”.
Gesù che depone le vesti, si cinge del grembiule, versa l’acqua nel catino, lava e asciuga i piedi, Gesù che compie tutti i gesti e le azioni del servo nei confronti del proprio padrone, questo Gesù è colui che ha nelle sue mani tutte le cose, tutto l’universo, Dio da Dio che ritorna al Padre attraverso morte e risurrezione, l’Alfa e l’Omega, il principio e il fine di tutte le cose. È il «Pantocrator», il Signore del tempo e della storia.
E cioè: il senso profondo di tutto ciò che è, del creato, del tempo, della storia, di tutta la storia degli uomini e delle nostre storie, collettive ed individuali, tutto ciò si manifesta e si rivela in Gesù servo che lava i piedi ai suoi discepoli.
In questa sua azione vediamo l’onnipotenza di Dio, onnipotenza di amore. E ogni volta che spezziamo il pane eucaristico, che versiamo il Vino eucaristico, ogni volta che il Pane spezzato si fa nostro nutrimento, là c’è il Signore Gesù che si china su di noi, ci lava, ci purifica, ci dà refrigerio, riconferma la nostra infinita dignità, si prende cura di ogni fibra della nostra esistenza, si fa servo del nostro bene e della nostra vita, porta a compimento la sua creazione. L’onnipotenza di Dio non è cieco arbitrio, ma amore che sa e che vede, e che decide di amare sconfinatamente, oltre ogni misura, oltre ogni limite.
Mi suscita una riverenza infinita pensare che ogni volta che celebriamo Eucaristia incontriamo l’amorevole onnipotenza e l’amore onnipotente di Dio in quel Pane che è Gesù che si china su di me, su di noi. E se c’è il timore – che è dono dello Spirito – c’è anche gratitudine e sollievo: se Dio è vicino a noi così, come possiamo rimanere nella tristezza e nella solitudine?
Da qui, ora, da ogni celebrazione dell’Eucaristia, ci viene assegnato un compito dal nostro Maestro:
“Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”.
È semplice, anche se spesso non è facile.
È semplice, ed è inesauribile.
È semplice, e tocca ogni aspetto della nostra vita.
È semplice, e ci chiama a conversione.
È semplice e ci umanizza ad ogni celebrazione della Messa.
È semplice e rende divino ogni istante della vita, ogni incontro, ogni gesto, parola o silenzio.
Se riusciremo ad entrare nel mistero dell’amore di Dio donato nella Messa, la vita diventerà un canto, e non cesseremo mai di lodare il Signore e di ringraziarlo per come ci attira a sé.
Lui si fa ospite e nutrimento, noi possiamo diventare come Lui.
Giovedi santo 2024 – Messa “in Coena Domini”
Cattedrale di Treviso
Omelia del Vescovo Michele