La salute mentale nel Veneto: politiche organizzative e situazione dei servizi. Bigon (Pd): “Il Veneto ha disatteso la vocazione di Psichiatria di comunità. Servono spazi adeguati per gli adolescenti e più investimenti”

08 aprile 2024

(Arv) Venezia 8 apr. 2024  – La vicepresidente della commissione consiliare Sanità e Sociale, Anna Maria Bigon, nel corso di una conferenza stampa, oggi a palazzo Ferro Fini, assieme alle colleghe e componenti della Quinta commissione, Francesca Zottis e Chiara Luisetto, ha fatto il punto della situazione sullo status della salute mentale nella nostra Regione e, soprattutto, su come dovrebbe essere, con un focus sull’organizzazione e l’efficacia dei servizi offerti. Preziosi i contributi forniti da Andrea Angelozzi, psichiatra, già Direttore Dipartimento Salute Mentale, e da Luca Pezzullo, presidente dell’Ordine degli psicologi del Veneto.

“La Psichiatria deve tornare a essere di comunità, come indicato nella programmazione regionale. Serve un approccio partecipativo e trasparente che coinvolga le associazioni e le realtà attive nel territorio – ha evidenziato Bigon – Il paziente va subito preso in carico per restituirlo alla società, impedendo alla malattia di cronicizzarsi. Servono più investimenti nella salute mentale, più risorse per il personale, per l’accoglienza e per creare nuovi reparti funzionali alle esigenze dell’età adolescenziale, ovvero dei ragazzi di età compresa tra i 14 e i 25 anni, che non devono essere ricoverati, in caso di necessità, in promiscuità con gli adulti. Dobbiamo garantire servizi di supporto con la presenza di professionisti particolarmente preparati nei diversi campi della salute mentale. Siamo chiamati a tracciare la strada che dovremo seguire nei prossimi anni per dare quelle risposte che i cittadini si aspettano. Non ci possiamo permettere di non investire nella salute mentale”.

Francesca Zottis ha sottolineato che “la mappatura dei servizi rappresenta il primo step per riuscire a programmare gli interventi, sotto l’aspetto scientifico e operativo. Bisogna investire su un nuovo modello assistenziale, con un rinnovato approccio culturale, scientifico e operativo, che prenda in carico la persona e non la malattia. Perché il paziente non può essere identificato con la patologia che lo affligge. Un modello assistenziale che deve essere multiprofessionale: dallo psicologo all’infermiere, per una presa in carico tempestiva e adeguata dei pazienti con l’obiettivo primario di restituirli alla vita sociale. Solo così le persone, pur affette da gravi patologie, potranno, in diversi casi, sperare di avere una certa autonomia di vita: questa deve essere la nostra priorità. Dobbiamo pensare di costruire una società con una maggiore qualità esistenziale. Di conseguenza, verranno pure i risparmi economici”.

Chiara Luisetto ha posto l’accento “sugli scarsi investimenti nel settore della salute mentale e sulla necessità di avere un approccio multidisciplinare. La sfida è dare valore ai Piani di zona e promuovere in modo adeguato la programmazione integrata, con una visione a 360 gradi. Le risposte devono essere all’altezza dei nuovi bisogni assistenziali. Perché i pazienti devono essere tempestivamente presi in carico per cercare di sottrarli a un destino che non può essere già scritto. E siamo chiamati a valorizzare l’importante patrimonio di conoscenze di cui possiamo disporre. Dobbiamo aiutare le amministrazioni locali a coordinarsi tra loro e varare progettualità comuni, anche ascoltando le associazioni dei familiari dei pazienti che sono molto attive nel territorio e devono quindi avere più voce. Serve una forte sinergia e la nuova legge sugli ATS potrà essere di aiuto. Ricordo che una società si qualifica anche per il modo in cui si prende cura della salute mentale. Serve una responsabilità collettiva: dobbiamo agire subito”.

Il prof. Andrea Angelozzi ha sottolineato che “proprio partendo dai dati che la Regione Veneto fornisce al ministero della Salute, emerge un quadro problematico nell’ambito della salute mentale, con la diminuzione delle strutture, gli scarsi finanziamenti e il numero non adeguato di personale sanitario. Possiamo innanzitutto osservare una costante diminuzione dei servizi offerti. Diversi parametri significativi sono in peggioramento negli ultimi anni. Ad esempio, i tassi di ricovero in Veneto sono decisamente più alti rispetto alla media nazionale, palesando così difficoltà evidenti nella gestione dei pazienti nel territorio. E sta aumentando la percentuale dei pazienti che a distanza di sette giorni dalle dimissioni viene di nuovo ricoverata. Aumentano altresì gli accessi ai Pronto soccorso, dato che i cittadini non riescono a trovare risposte adeguate dal territorio. Altro aspetto dolente è legato alla disponibilità del personale sanitario in proporzione al numero di abitanti, decisamente inferiore rispetto alla media nazionale, soprattutto con riferimento alle figure professionali degli psichiatri, psicologi e professionisti della riabilitazione. Sottolineo poi che, per spesa pro capite nel settore della salute mentale, nella speciale classifica nazionale, di anno in anno il Veneto è terz’ultimo, penultimo o addirittura ultimo. E i pochi soldi vengono spesi in modo singolare: più per gli ospedali e decisamente meno per le strutture territoriali. Insomma, servono più investimenti economici e una seria progettazione per portare la nostra psichiatria al passo con i tempi che cambiano”.

Il dott. Luca Pezzullo ha osservato come “il Covid abbia fatto chiaramente emergere il tema della sofferenza psicologica diffusa nella nostra società, soprattutto tra giovani e giovanissimi”.

“Servono misure organiche importanti, dobbiamo superare le iniziative a spot e adottare una programmazione seria e strutturale. Servono più risorse e la capacità di metterle a terra in modo attento, efficace ed efficiente, nonché strutturale – ha chiarito il presidente dell’Ordine degli psicologi del Veneto -– Indico solo un dato: il bonus psicologo si è rivelato un evento spot perché, a fronte delle domande pervenute, mezzo milione, sono state stanziate risorse sufficienti solo a soddisfare le esigenze di 40 mila cittadini. E servono più professionisti. Cito a proposito un altro dato significativo: nel nostro Paese, la media degli psicologi assunti nelle varie strutture si attesta su 5 ogni 100 mila abitanti, a fronte di una media europea di 20 su 100 mila abitanti. Sono indispensabili investimenti strutturali per costruire una efficiente assistenza psicologica nel territorio, soprattutto nell’ottica della prevenzione, che potrebbe avere un importante ritorno in chiave di risparmi economici. Significativo è che proprio dagli under 35 venga forte la richiesta di ricevere aiuto: dobbiamo dare loro risposte adeguate”.

Erano presenti alla conferenza stampa e hanno preso la parola anche rappresentanti del mondo sindacale e associativo.

(Regione Veneto)

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