
Verona, 12 febbraio 2025. Le anomalie lungo la filiera agroalimentare sono ormai fin troppo evidenti. Secondo i rilevamenti di Coldiretti nazionale, su 100 euro spesi dal consumatore per l’acquisto di prodotti agricoli freschi, meno di 20 euro remunerano il valore aggiunto degli agricoltori, ai quali, sottratti gli ammortamenti e i salari, resta un utile di 7 euro, contro i circa 19 euro del macro-settore del commercio e trasporto. Per i prodotti alimentari trasformati la situazione è ancora peggiore con l’utile dell’agricoltore che si riduce a 1,5 euro, solo di poco inferiore a quello dell’industria, pari a 1,6 euro, contro i 13,1 euro del commercio e trasporto che fanno la parte del leone.
Coldiretti è intervenuta alla conferenza stampa che si è tenuta questa mattina nella Sala Arazzi di Palazzo Barbieri per denunciare il forte divario tra le remunerazioni riconosciute agli agricoltori e i costi che i cittadini devono sostenere per potersi nutrire.
All’incontro con la stampa era presente Giorgio Girardi, Responsabile Area Economica e componente della Commissione prezzi del Comune di Verona.
“Dai dati presentati questa mattina – ha esordito Girardi – è evidente che nella nostra provincia dal campo alla tavola i prezzi vengono ben più che triplicati e che, se i compensi pagati ai coltivatori sono crollati, nel contempo sono cresciuti i prezzi di vendita dei beni alimentari su valori che vanno dal +5,7% per l’area Euro al +5,9% per l’Italia secondo le elaborazioni del nostro Centro Studi nazionale”. “Questo andamento – continua Girardi – è dovuto prevalentemente a una pressione inflazionistica persistente a Verona che, pur essendo sede di un grande mercato agroalimentare internazionale, è anche una città che attira più di 20 milioni di turisti all’anno i quali per forza di cose influenzano l’equilibrio tra domanda e offerta del territorio”.
Entrando più nel merito dei prodotti agricoli presi in esame dalla Commissione Prezzi del Comune, il divario pare più che evidente: nel luglio 2024 l’insalata lattuga veniva pagata al mercato ortofrutticolo al produttore 1,48 euro e si trovava sugli scaffali a 2,67 euro (+45%), i cetrioli andavano da 0,55 euro al produttore a 2,06 euro al supermercato (+ 73%), mentre per i pomodori da insalata la differenza era 0,80 euro contro i 2,11 euro (+62%).
“C’è un disequilibrio chiaro ed evidente che penalizza le imprese agricole ed i consumatori che occupano le due estremità della filiera. Chi sta nel mezzo, invece, si appropria della fetta più grande dell’indotto – riprende Girardi – Gli italiani cercano di contenere i consumi alimentari, ma in realtà spendono di più per mangiare di meno e con qualità inferiori. Nel contempo gli agricoltori non riescono nemmeno a coprire le spese di produzione a causa anche di altri fattori come quello della concorrenza sleale: l’invasione di prodotti che arrivano dall’estero, soprattutto dai paesi extra Ue, dove non rispettano le stesse regole sanitarie, ambientali e di diritti dei lavoratori che invece le nostre imprese devono sostenere, affondano le nostre imprese. Ecco perché stiamo chiedendo che sia applicato il principio di reciprocità: se vuoi vendere i tuoi prodotti in Italia ed in Europa devi stare alle nostre regole. Noi crediamo che si debba ripartire da un rapporto più equilibrato tra tutti gli attori della filiera”.
“I Mercati di Campagna Amica – ha aggiunto Girardi – sono una valida alternativa per i consumatori che volendo avvicinarsi il più possibile ai primi anelli della catena di distribuzione si rivolge direttamente ai produttori accorciando di fatto una filiera troppo lunga e troppo mal distribuita. Il valore aggiunto è molteplice: ai mercato del contadino sono garantite qualità, salubrità, stagionalità e prezzi equi, sia per gli agricoltori che per i cittadini”.
Secondo le rilevazioni effettuate dal Veronatura, il Consorzio dei produttori che gestisce i Mercati di Campagna Amica per conto di Coldiretti Verona, sono evidenti i vantaggi anche economici per i consumatori. Nel luglio 2024, per esempio, sui banchi a Km Zero si potevano acquistare le zucchine a 1,80 euro mentre sugli scaffali della grande distribuzione si trovavano a 2,20 euro con un divario del 15%, nello stesso periodo le pesche gialle locali erano disponibili nei mercatini a 1,90 euro contro i 3,30 euro del supermercato (+ 43%). Sintomatico anche il rincaro del 45% dal campo allo scaffale per le Mele Golden nell’autunno 2024: 1,20 euro ai Mercati di Campagna Amica, 2,30 euro nei circuiti della Gdo.
Serve dunque una distribuzione più equa lungo la filiera e serve soprattutto riconoscere agli agricoltori una giusta ed adeguata remunerazione che non deve mai essere inferiore ai costi di produzione applicando la direttiva contro le pratiche sleali.
La Direttiva europea, fortemente sostenuta da Coldiretti, prevede lo stop a 16 pratiche sleali che vanno dal rispetto dei termini di pagamento (non oltre 30 giorni per i prodotti deperibili) al divieto di modifiche unilaterali dei contratti e di aste on line al doppio ribasso, dalle limitazioni delle vendite sottocosto alla fine dei pagamenti non connessi alle vendite fino ai contratti rigorosamente scritti. Una norma che prevede soprattutto che i prezzi riconosciuti agli agricoltori ed agli allevatori non siano inferiori ai costi di produzione e che la Coldiretti è stata la prima ed unica a voler applicare aprendo una vertenza con la denuncia della multinazionale francese Lactalis (che ha acquisito i marchi italiani Parmalat, Locatelli, Invernizzi, Galbani, Cadermartori e Nuova Castelli) per aver modificato unilateralmente il contratto con gli allevatori fornitori di latte, diminuendo i prezzi riconosciuti.
