Sguardo di speranza, relazioni fraterne, amicizia sociale e centralità degli ultimi: gli atteggiamenti di Sant’Anselmo e san Pio X che possiamo fare nostri oggi

“Un rigoroso impegno per il rinnovamento della Chiesa, fedele all’opera del Papa, sollecito riformatore dei costumi del clero in vista di un rifiorire evangelico di tutta la vita della comunità cristiana. Sant’Anselmo, da Vescovo di Lucca, ha promosso la pratica della vita comune dei preti nello spirito apostolico della povertà, e si è fatto carico della diffusione di ospedali per la cura dei più deboli e fragili”: sono solo alcune delle caratteristiche di sant’Anselmo delineate dal vescovo Tomasi, invitato dal vescovo di Mantova, mons. Marco Busca, martedì 18 marzo, a presiedere in cattedrale la celebrazione eucaristica nella solennità del patrono della diocesi. L’occasione voleva celebrare, in particolare, il 140º anniversario dell’inizio del ministero episcopale a Mantova del trevigiano mons. Giuseppe Sarto (poi papa Pio X). Era presente anche una numerosa delegazione di pellegrini della parrocchia di Riese Pio X.

Riflettendo sul brano del Vangelo in cui Gesù si definisce “il buon pastore”, mons. Tomasi ha ricordato che il testo si riferisce a tempi difficili: parla infatti anche di lupi, e di ladri e di briganti, di mercenari, furti, uccisioni, distruzioni. Triste corredo della storia dell’umanità, al tempo di Gesù e spesso, troppo spesso, nel corso dei secoli. Anche per il nostro tempo sembra valere ancora la descrizione della minaccia dei lupi e dell’opera oscura dei mercenari, nelle grandi vicende della storia, così come talvolta anche nelle vicende quotidiane delle nostre vite. E questa sembra essere anche la caratterizzazione del nostro tempo”, ha aggiunto, ricordando la lettera “giubilare” del vescovo Busca, in cui si parla di “un rarefarsi della speranza che, almeno nel nostro mondo occidentale, sembra assumere i connotati di una «crisi della vita»”. “Ma sempre risuona fresca, incoraggiante e potente, nella sua forza mite e perseverante, la promessa di Gesù – ha messo in luce il vescovo Tomasi -, che ci esorta alla fiducia, ci scuote dalla disperazione, ci sostiene nel cammino. Sì, Lui è davvero la porta bella attraverso la quale possiamo transitare sicuri, il pastore buono e bello che dà la vita per noi, Lui è il vivente, venuto affinché noi avessimo la vita e la vita in pienezza, e Lui è sempre al nostro fianco, per l’eternità”.

Può essere “consolante” anche lo sguardo che possiamo dare al passato della nostra Chiesa – ha aggiunto il vescovo Michele, alla testimonianza di quei santi che hanno vissuto proprio qui, tra noi, nei nostri stessi territori, davvero nostri concittadini, e che nella fedeltà a Cristo buon pastore hanno trovato la guida, l’orientamento e la forza in tempi non meno difficili, nel contesto di vicende non meno contraddittorie e impegnative. “Così è stato per sant’Anselmo, patrono della Diocesi e della città di Mantova, vissuto tra il 1040 e il 1086, e morto in questa città dopo che era stato esiliato da Lucca, città di cui era pastore, nelle vicende turbolente e difficili della riforma di papa Gregorio VII e della sua lotta aspra con l’imperatore Enrico IV. Lo ricordiamo nel suo rigoroso impegno per il rinnovamento della Chiesa, fedele all’opera del Papa, sollecito riformatore dei costumi del clero in vista di un rifiorire evangelico di tutta la vita della comunità cristiana. Sant’Anselmo, da Vescovo di Lucca, ha promosso la pratica della vita comune dei preti nello spirito apostolico della povertà, e si è fatto carico della diffusione di ospedali per la cura dei più deboli e fragili. Egli ha messo a disposizione della Chiesa tutta la sua intelligenza, la sua ampia e profonda formazione teologica e giuridica, la profondità della sua vocazione monastica benedettina, la sua fedele capacità di ascolto delle Scritture sacre, la sua sensibilità di accompagnamento nello Spirito (lo ricordiamo consigliere di Matilde di Canossa), la sua opera di mediazione radicata in una profonda carica morale. La sua vicenda ci insegna a guardare alle avversità che ha dovuto affrontare e alla scelta di una radicale, sobria povertà, come al frutto e contemporaneamente alla condizione di una dedizione profonda al Signore Gesù, il buon Pastore, la Porta bella”.

Così è stato – ha poi aggiunto – anche del Vescovo di Mantova dal 1884 al 1893, Giuseppe Sarto, il futuro santo papa Pio X, “di cui ricordiamo quest’anno il 140 anniversario dell’ingresso in Diocesi come Vescovo (avvenuto il 18 aprile 1885). San Pio X costituisce per di più un solido ponte di fraternità tra le Diocesi di Mantova e di Treviso, che gli ha dato i natali a Riese Pio X, e ne ha visto dipanarsi la prima opera sacerdotale. Condividiamo tra l’altro San Pio X come compatrono delle nostre due Diocesi”.

E nel delinearne la figura come pastore, ha ricordato che “il Vescovo Sarto non si intromise nelle questioni civili e politiche della Mantova dell’epoca – che tra l’altro tante divisioni avevano creato in precedenza, anche tra il clero – ma si dedicò a ricentrare con forza e accortezza la vita religiosa e di fede della diocesi. Subito si prese cura con decisione del seminario e della vita dei preti, nelle sue due visite pastorali annunciò di venire nelle comunità per ricordare che “Gesù Cristo autore e consumatore della nostra fede, quale fu jeri, tale è oggi, e il medesimo sarà sempre per tutti i secoli”, e confermare nei fedeli la fiducia in Cristo come centro della vita. Partendo da questa convinzione chiedeva sincerità e apertura ai sacerdoti visitati, e ai parroci aveva chiesto con fermezza di non compiere, per la visita stessa, alcuna spesa aggiuntiva: “Ogni parroco ricordi che, quando mi avrà offerto la sua mensa di tutti i giorni, quando avrà diviso con me senza nessun invito, il pane del suo quotidiano sostentamento, allora partirò dalla sua canonica veramente soddisfatto”.  Si chiudeva per ore in confessionale, e passeggiava ogni sera per le strade di questa città, ci ricordano gli storici: “Si fermava a chiacchierare con la gente, interessandosi dei problemi di ciascuno, scherzando con i pescatori e non disdegnando di salire sulle loro barche” [G. Romanato, Pio X. Alle origini del cattolicesimo contemporaneo, Lindau, Torino, 2014, 284]. Manifestava la sua ironia, anche con una battuta o una barzelletta, era ospitale con tutti. Del tutto disinteressato, per aiutare i poveri si spogliava del suo. Viveva, insomma, da semplice e autentico prete il suo rapporto con il suo popolo. Intransigente nelle sue posizioni teologiche, si interessava delle condizioni dei lavoratori, e scrisse anche una lettera pastorale, affinché i parroci tutelassero e accompagnassero, per quanto possibile, il difficile cammino degli emigranti”.

“Sono stati tempi differenti dai nostri, tanto quelli di Sant’Anselmo quanto quelli di san Pio X. Differenti le questioni che essi dovettero affrontare, differenti – anche tra loro – le visioni di Chiesa, i riferimenti culturali, il rapporto con il contesto civile e secolare. Anche alcune delle risposte o delle soluzioni che essi elaborarono sarebbero forse oggi differenti, nel contesto dell’ecclesiologia del Concilio Vaticano II e nel clima contemporaneo di impulso sinodale alla vita della Chiesa. Ma da questi nostri padri possiamo imparare alcuni fondamentali atteggiamenti – ha sottolineato mons. Tomasi -. Come loro, possiamo riconoscere che Cristo è buon Pastore, e come loro possiamo orientarci ad ascoltare con fiducia la Parola del Signore che ci guida a cogliere, nelle situazioni della grande storia e in quelle della vita quotidiana, i “segni dei tempi”, e attraverso essi la volontà di Dio per la Chiesa a servizio del Regno. Possiamo interessarci delle vicende del tempo e orientare le nostre scelte mettendo a frutto tutte le possibilità di conoscenze e di discernimento che la ricerca del bene e il dialogo con i nostri contemporanei ci possono mettere a disposizione. Possiamo imparare a guardare con fiducia e con speranza al presente e al futuro, ricordando che il Signore non si è mai dimenticato del suo popolo. Possiamo creare relazioni fraterne all’interno della Chiesa, a servizio di una più ampia amicizia sociale, che ci farà compagni di strada di tutti coloro che hanno a cuore il bene comune e la dignità inviolabile della persona umana, costruttori di relazioni, artigiani di pace. Possiamo mettere al centro delle decisioni personali, comunitarie e pubbliche, e come criterio delle nostre scelte, il bene dei più piccoli, dei poveri, degli ammalati, degli esclusi. Possiamo continuare a seguire con gioia e speranza Gesù Cristo, Buon Pastore, e possiamo entrare nella vita, ogni giorno, prendendoci cura della relazione con Lui, Pastore buono, Porta bella”.

(Diocesi di Treviso)

Please follow and like us