
Riportiamo qui le osservazioni integrali al documento preliminare del Piano di Assetto del Territorio della Giunta Tommasi, mandate dalla nostra associazione alla direzione Urbanistica del Comune di Verona in data 31 marzo 2025
I rapporti di Legambiente “Ecosistema Urbano” e “Mal’aria” ogni anno riportano dati allarmanti sulla situazione ambientale della città di Verona; ne esce una città ferma dal punto di vista delle politiche ambientali e della pianificazione, non in linea con le vicine città di medie dimensioni come Brescia, Mantova e Trento, che primeggiano sotto vari aspetti: rifiuti, mobilità, verde urbano, aree pedonali, ecc. Verona è inoltre tra le città che devono ridurre le concentrazioni di PM10 del 39% e quelle di NO2 del 16% nei prossimi cinque anni.
Nel documento preliminare del nuovo Piano di Assetto del Territorio ci sono scelte importanti e condivisibili per la mobilità urbana, come il progetto Città 30, l’estensione delle ZTL e il recupero del sistema metropolitano ferroviario di superficie. Tuttavia, quando si affronta il tema della qualità dell’aria, ci si affida quasi esclusivamente a nature-based solutions e riforestazione, mentre manca un’azione chiara sul principale responsabile dell’inquinamento urbano: il traffico veicolare.
Questo è il vero punto critico: da un lato si promuovono misure di mobilità sostenibile, dall’altro si discutono infrastrutture che privilegiano il trasporto privato su gomma. È noto che nuove strade non risolvono il problema del traffico, ma lo incentivano, aumentando l’appetibilità dell’auto privata e rendendo più difficile il necessario spostamento verso un trasporto pubblico più capillare ed efficiente. Queste scelte vanno in netta controtendenza con le politiche di qualità dell’aria che dobbiamo adottare quanto prima, perché il 2030 è dietro l’angolo e i margini di miglioramento si stanno riducendo.
Legambiente Verona chiede un cambio di passo deciso: ridurre il traffico privato con misure concrete, potenziare il trasporto pubblico, ampliare le zone pedonali e ciclabili, e adottare strategie urbane che mettano al centro la salute dei cittadini.
Ciò premesso vengono di seguito suggeriti alcuni spunti di riflessione su cui ci auguriamo ci sia il tempo necessario per ridefinire le politiche cittadine attraverso il nuovo PAT:
1) Metodo di approvazione del PAT
Chiediamo che per l’approvazione del PAT si utilizzi l’iter di approvazione indicato nell’art.14 della Legge Regionale urbanistica 11/2004, per garantire ampia partecipazione da parte dei cittadini e del Consiglio Comunale, attraverso osservazioni ed emendamenti. Chiediamo che l’elaborazione del PAT tenga conto delle profonde trasformazioni che il territorio e il suo utilizzo subiranno a causa della lotta al cambiamento climatico e alle conseguenti azioni di mitigazione e adattamento oltre che al programma di Transizione energetica.
2) Produzione di energia rinnovabile
Gli obiettivi e le azioni da perseguire sono contenuti negli accordi internazionali ed europei riassunti nel Green Deal, nel PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima) varato dal governo italiano, entrambi con un orizzonte al 2050, e, più modestamente, nel PAESC (Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima) approvato dal Comune di Verona dicembre 2021 con un orizzonte 2030.
Obiettivi riassumibili nella riduzione delle emissioni di CO2 del 55% entro il 2030 e del 100% entro il 2050 ottenibili attraverso la produzione anche locale di energia rinnovabile, riduzione dei consumi e efficientamento energetico e l’adattamento del territorio alle nuove condizioni climatiche ormai irreversibili. Attualmente la produzione locale di energia rinnovabile copre non più del 5% del totale consumo energetico cittadino; la maggior parte di questa produzione rinnovabile proviene dagli impianti idroelettrici di Chievo e Tombetta. Assolutamente insufficiente e lontano anche dagli obiettivi a breve termine indicati dal PNIEC e assegnati alla Regione Veneto ( vedi tabella obiettivi regionali inserita nel decreto Aree idonee del 3 luglio 2024).
L’obiettivo di produrre localmente il 50% del totale fabbisogno energetico (ca 2.5 milioni di Mwh, ca 2 GW di Fotovoltaico equivalente) è in ogni caso da considerare come minimo necessario per assicurare ai cittadini veronesi sufficiente resilienza nell’approvvigionamento di energia.
Per questo occorre individuare ed assegnare aree idonee nel contesto degli spazi pubblici, senza consumo di nuovo suolo, per l’installazione di impianti di produzione energia rinnovabile, sia a disposizione di utility che dei privati cittadini in modo singolo e collettivo (CER/CERS).Si sottolinea infatti come i soli tetti delle abitazioni siano per lo più inefficienti e costosi per l’installazione di pannelli fotovoltaici.
Si chiede invece di mappare l’esistente e rendere obbligatorio per il nuovo costruito, l’installazione di impianti rinnovabili sulle coperture dei parcheggi, sulle eventuali coperture delle piste ciclabili, sulle aree dismesse, sulle discariche chiuse.
3) Telaio infrastrutturale
Si chiede di attivare un tavolo di discussione sul tema della viabilità che coinvolga associazioni di categoria, ordini professionali, associazioni ambientaliste per discutere delle strategie che verranno individuate relativamente ai dati sul traffico e alle conseguenti nuove infrastrutture indicate dal PUMS, che vengono assorbite dal PAT preliminare.
Si ritiene che i dati sui flussi di traffico presi in considerazione per la redazione del PAT preliminare, siano obsoleti e parziali e non siano sufficienti ai fini della redazione del nuovo Piano di Assetto del Territorio. Già nel 2020, in occasione dell’iter di approvazione del PUMS, Legambiente osservava come i dati raccolti e i questionari somministrati ai cittadini fossero parziali ed inadeguati poiché prendevano in considerazione le abitudini dell’1% della popolazione, ovvero la popolazione che aveva risposto al questionario somministrato.
Tali dati, insieme ai dati del piano sovraordinato regionale P.R.T. sono da aggiornare per avere un quadro della situazione reale, che dopo il 2020 ha modificato le abitudini dei cittadini.
I dati saranno da aggiornare in base alla stazionarietà di crescita della popolazione residente e alle stime dei nuovi residenti nei comuni contermini, coinvolgendo le amministrazioni dei comuni più popolosi ( es. San Giovanni Lupatoto, San Bonifacio, Villafranca, Negrar e l’area della Valpolicella) proiettando tali stime ad un orizzonte temporale di almeno 15/20 anni.
Il PRT di Regione Veneto quando fu approvato nel 2020, prendeva in considerazione l’anno 2030 per la stima delle previsioni sul lungo termine, appare evidente come oggi non sia sufficiente ipotizzare la realizzazione di una nuova rete infrastrutturale con un orizzonte temporale di 5 anni.
Sottolineiamo inoltre come i dati del Rapporto Ecosistema Urbano 2024 di Legambiente, redatto su dati ufficiali forniti dal Comune di Verona, riportino una domanda di uso del Trasporto Pubblico Locale sempre crescente, a fronte di un decadimento progressivo dell’offerta. Ed è proprio sul TPL che chiediamo di puntare e di progettare prima di prendere in considerazione qualsiasi nuova infrastruttura viabilistica.
In particolare si richiede che le scelte di Piano siano supportate da dati aggiornati, integrati con quelli relativi alla mobilità sostenibile (trasporto pubblico locale e ciclabilità), in modo da elaborare scenari multimodali utili a valutare l’impatto delle diverse politiche di mobilità adottate, comprese quelle relative al trasporto pubblico e alla ciclabilità.
Lo scenario ottimale individuato dal Piano dovrebbe poi essere supportato da un’analisi costi-benefici e dall’individuazione dei potenziali canali di investimento, al fine di definire lo scenario più fattibile ed efficace per il raggiungimento dell’obiettivo di riduzione del traffico veicolare, così come enunciato nel Documento preliminare il qual prevede la “riduzione della quota modale dell’auto in prospettiva sotto il 40%” (pag. 49). Il telaio infrastrutturale dovrebbe anche essere il risultato della nuova strategia del PAT in relazione agli obiettivi dei piani sovraordinati. In particolare il PTRC sia il PTCP mirano a incentivare e favorire la riduzione dei flussi di traffico in rapporto allo sviluppo previsto, oltre a migliorare e potenziare l’interscambio ferro-gomma a cui si aggiunge il recente Piano Regionale di Tutela e Risanamento dell’Atmosfera (PRTRA) che prevede una serie di azioni volte a ridurre la percorrenza degli autoveicoli attraverso il rafforzamento della mobilità sostenibile. L’obiettivo è promuovere cambiamenti significativi verso una mobilità più sostenibile per contribuire alla riduzione delle emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, in linea con il Green Deal europeo, e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.
Alla luce di quanto sopra espresso, si richiede di esplicitare in modo più dettagliato, anche con dati e previsioni, quali azioni il PAT intenda adottare per il conseguimento di questi obiettivi.
Infine si richiede di fissare target chiari e misurabili da utilizzare anche per la VAS. Oltre all’obiettivo di riduzione della quota modale dell’auto in prospettiva sotto il 40%, km corsie preferenziali esistenti e di progetto, mq spazi pubblici esistenti/di progetto, km ciclabili esistenti/di progetto.
4) Sistema ferroviario metropolitano
Tra gli obiettivi per una mobilità più sostenibile, il PAT identifica il progetto di servizio ferroviario metropolitano, un’iniziativa che Legambiente sostiene da anni. Tuttavia, evidenziamo una carenza nel Documento preliminare, che non considera lo sviluppo della rete almeno a livello provinciale. Riteniamo che questo sia un tema centrale per ricalibrare la mobilità veronese verso la sostenibilità. Come riportato nel Documento stesso, infatti, circa il 40% del traffico cittadino proviene dall’esterno.
Riteniamo quindi che il PAT debba incidere con maggiore determinazione su questa politica, aprendo già nel periodo di concertazione un confronto con i comuni veronesi interessati dalle linee ferroviarie esistenti, dalla Provincia e dalla Regione, delineando più chiaramente le strategie per la realizzazione del servizio e orientando le politiche di rigenerazione urbana attorno alle stazioni ferroviarie (esistenti e programmate), così come prospettato dal PTRC e dal Piano dei Trasporti della Regione Veneto (PTR). In quest’ottica, riteniamo che il Piano debba promuovere una strategia più incisiva di integrazione tra la pianificazione urbanistica e quella della mobilità sostenibile, garantendo un coordinamento efficace in tutte le fasi di elaborazione e attuazione del PAT/PI e del PUMS; coordinamento che il PAT vigente aveva tentato di fare ma che poi si è perso con la pianificazione operativa del PI e delle sue varianti.
5) Trasporto pubblico
Una mobilità che offre più alternative di spostamento aumenta la libertà dei cittadini, soprattutto se si creano le condizioni affinché tutti possano muoversi in modo sostenibile. Una città in grado di garantire queste alternative deve necessariamente investire su più livelli di pianificazione della mobilità: ciclabile, pedonale e collettiva, supportando nuovi strumenti per la mobilità dolce e la condivisione dei servizi di trasporto, con progetti a livello di quartiere (aree pedonali, zone 30) e cittadino (sharing, infomobilità), e migliorando la qualità del trasporto pubblico.
Da questo punto di vista, il PAT appare carente, poiché prevede come unica strategia l’implementazione del filobus, un’infrastruttura che risulta ormai superata dalle nuove tecnologie e non sembra in grado di rispondere pienamente ai reali bisogni della città. Per affrontare il problema del traffico, riteniamo che sia necessario investire anche in un trasporto pubblico di massa più performante, che potrebbe concretizzarsi in una metropolitana o in un sistema tramviario integrato, da connettere con il sistema ferroviario metropolitano e l’aeroporto. D’altronde, tutte le città di dimensioni simili a Verona stanno andando in questa direzione, come dimostrano le esperienze di Brescia, Padova e Venezia.
Come si evince dalla conclusione del capitolo 6.3 – Verona città della filovia: “Infine, è possibile che una valutazione a più lungo temine della domanda servita dalla filovia possa portare a considerare necessario un upgrade del sistema di trasporto verso forme ancora più mature di mobilità collettiva… in favore di sistemi a guida vincolata (ad esempio tranviari)” chiediamo che questo upgrade venga già valutato in questa fase, per poter analizzare quale scenario risulti più efficace nel raggiungere i target prefissati dal Piano e dalla sua VAS.
In merito invece al progetto dell’attuale filobus si chiede di esplicitare meglio, anche medianti indicazioni progettuali puntuali, come il progetto intenda raggiungere gli obiettivi del Piano richiamati sempre all’interno del capitolo 6.3 “per un ampio riassetto della sede stradale e la riqualificazione dei luoghi che attraversa, sviluppando un “progetto di suolo” in grado di restituire centralità allo spazio pubblico e dignità (architettonica, estetica, simbolica) a slarghi residuali, luoghi marginali e spazi di risulta della viabilità “autocentrica”.
Pensiamo che il PAT debba puntare a creare le basi per un moderno trasporto in ambito urbano che non si basi più sull’uso dell’auto privata, affiancando gli investimenti per le infrastrutture su ferro con offerte articolate e interconnesse. Vanno pensate soluzioni che favoriscano l’intermodalità come, ad esempio, l’acquisto di mezzi pensati per il trasporto bici e di monopattini elettrici. Oppure l’utilizzo delle tante app e tecnologie dedicate alla mobilità e agli spostamenti delle persone, che permettono di capire e analizzare i flussi e le esigenze di chi si sposta ogni giorno, sul modello delle innovazioni tecnologiche e digitali del trasporto merci, che stanno permettendo di organizzare moderne filiere industriali della logistica. Queste sfide non sono più limitate al pensiero degli ambientalisti, ma riguardano un tema di importanza trasversale e diffusa su cui tanto deve ancora essere fatto.
Sintetizzando chiediamo quindi di:
- Ripensare l’uso di strade, piazze e spazi pubblici adattandoli in funzione delle persone e non delle auto. Obiettivo realizzabile pensando a interventi di arredo urbano integrato a misure efficaci come la creazione di ampie Low Emission Zones (“zone 30” o “zone 20”), o di Ultra Low Emission Zones, che prevedano anche la messa in opera di dossi stradali o alterazioni della pavimentazione utili a far rispettare il limite di velocità consentito nei centri urbani e nei quartieri residenziali. In questo senso rientra il ragionamento delle “città dei 15 minuti” (in cui tutto ciò che serve sta a pochi minuti a piedi da dove si abita), e quello della sicurezza stradale (Vision Zero incidenti gravi, a cominciare dai minori), con quartieri liberi da auto, slow streets, incentivazione della ciclopedonalità e micromobilità elettrica.
- Altro tassello è quello della shared mobility, che necessita di incentivi per tutte le diverse forme di condivisione (micro, bici, auto, van e cargo bike) anche nelle periferie e ragionando su scala più ampia coinvolgendo i comuni contermini e le aree provinciali più popolose. A questo vanno affiancati programmi di incentivazione alla mobilità attiva (bike to work, bike to school). Per attivare questo cambio culturale vanno implementate anche le strade scolastiche, in cui viene vietato il traffico degli autoveicoli privati in modo che tutti possano raggiungere la scuola in sicurezza.
- Arrivare a una mobilità urbana totalmente elettrica. L’obiettivo nelle città e in tutti gli agglomerati di comuni che gravitano attorno ai centri maggiori, è quello di arrivare ad avere una mobilità completamente elettrica, grazie alla realizzazione delle ZEZ (Zero Emission Zone) e alla triplicazione dell’immatricolazione di autobus elettrici per il trasporto pubblico, già oggi più convenienti nel costo totale (acquisto e gestione). Pensare, poi, di istituire distretti ZED (Zero Emissions Distribution), dove possono entrare solo veicoli merci elettrici (dalle cargo bike ai camion).
I vantaggi saranno non solo ambientali, come il minore inquinamento e la mitigazione delle emissioni di gas climalteranti, ma anche di qualità della vita, attrattività delle nostre città e dei territori. L’infrastruttura è solo secondaria alla scelta del servizio necessario agli abitanti in un dato territorio, cercando innanzitutto di sfruttare al meglio la rete esistente, aumentando la frequenza dei convogli che è davvero distante dagli standard europei. Non bastano il rinnovo del parco circolante e il miglioramento dell’infrastruttura, se il servizio non è strutturato sulle esigenze dei cittadini. Sono, infatti, necessarie più corse per aumentare l’offerta di servizio in particolare nelle aree urbane nelle ore di punta.
Una nota va fatta sul biglietto unico integrato Verona – Verona, un’idea positiva da estendere anche ad altre tratte, ma che deve avvantaggiare soprattutto i pendolari lavoratori, contrariamente a quanto accade oggi con le tariffe giornaliere pensate solo per soddisfare un turismo “mordi e fuggi”.
6) Azzeramento del Consumo di Suolo:
L’Europa chiede di azzerare il consumo di suolo netto entro il 2050, di allinearlo alla crescita demografica e di non aumentare il degrado del territorio entro il 2030.
A Pag. 52 del Rapporto Ambientale Preliminare vengono riportati gli intenti di ridurre la dimensione quantitativa del consumo di suolo e di riordinare la ricognizione del consolidato. Per quanto si accolga con favore quanto dichiarato, ossia “il PAT intende intervenire con linee di indirizzo sul controllo nell’applicazione delle deroghe di legge (PAQE, infrastrutture, servizi e attrezzature pubbliche, Sportello unico per le imprese, ecc.)”, crediamo che in questa fase di pianificazione la perentorietà dell’azzeramento del consumo di suolo entro il 2050 debba essere l’obiettivo esplicitato in modo chiaro e irrevocabile. Non appare, né in questo né negli altri documenti del PAT preliminare, la necessità di arrivare all’azzeramento del consumo di suolo come chiesto dall’UE ed indicato come necessario dalla letteratura scientifica e dagli enti nazionali preposti alla ricerca.
Noi chiediamo di rendere chiaro l’obiettivo di Azzerare il consumo di suolo non entro il 2050 ma già entro il 2030, includendo in questa stima di valutazione gli interventi di impermeabilizzazione, sia pubblici che privati, e superando le deroghe previste dalla normativa attuale e futura di Regione Veneto; di incentivare il recupero e la rigenerazione urbana con interventi organici che migliorino l’ambiente, di naturalizzare gli spazi dove possibile; chiediamo che la localizzazione delle attività logistiche privilegi il recupero delle aree dismesse e la connessione intermodale, dialogando inoltre sul tema logistica, con i comuni più prossimi alla città, già interessati da fenomeni di urbanizzazione sfrenata e richieste di nuove urbanizzazioni; a questo proposito chiediamo di fare un’analisi sulle nuove richieste di logistica che interessano anche la Provincia e non solo il Comune di Verona e, se possibile, di attivare una consulta permanente tra i comuni interessati da questo fenomeno. Il nuovo PAT crediamo che debba avere una visione sfidante e di lunga veduta al fine di anticipare e respingere una politica cementificatoria del territorio.
7) Realizzazione del Parco delle Mura
Relativamente al telaio ecologico-ambientale e al telaio storico-culturale, si ritiene necessario osservare, per quanto riguarda il sistema delle fortificazioni e del Parco delle Mura, l’assenza di valutazioni relative sia al loro ruolo d’invariante strutturale nella gestione e organizzazione urbana della città, sia alla loro naturale funzione di principale parco urbano della città.
Il Parco delle Mura Magistrali, individuato nel PAT del 2007 attende da allora di essere realizzato principalmente attraverso gli strumenti pianificatori del Piano Ambientale e del Piano di Gestione Unesco. Il parco delle mura, infatti, è tutt’ora un luogo definito solo sulla carta, che vede una frammentazione degli spazi che creano disomogeneità nella struttura del parco e una non definita destinazione delle aree monumentali e dei tratti di aree verdi.
Si chiede di pianificare il parco delle Mura tenendo in considerazione le caratteristiche monumentali/storico/naturalistiche, anche dotandosi di consulte permanenti o di un comitato scientifico per la sua promozione e prevedendo un unico Ufficio interdisciplinare comunale con competenze per i vari aspetti di gestione del patrimonio (patrimonio, verde, urbanistica, ambiente, cultura, UNESCO). A tal proposito si chiede, in questa fase pianificatoria, di costituire un tavolo di lavoro tra gli enti e le associazioni che attualmente si occupano della gestione di porzioni del parco o che occupano a vario titolo gli spazi monumentali, per condividere le esperienze di gestione fino ad ora portate avanti in modo non coordinato. Chiediamo inoltre, in questa fase pianificatoria, di considerare l’opportunità di liberare l’immenso patrimonio della città da alcune delle infrastrutture sportive in abbandono o evidentemente in contrasto con il progetto di creazione di un grande parco urbano, o almeno di trovare delle soluzioni di riduzione dell’impatto sul verde, sui monumenti e sulla creazione di percorsi. Chiediamo di rivedere la presenza di parcheggi a ridosso di mura e bastioni, e di considerare prioritario l’abbattimento di costruzioni abusive o incongrue che si trovino a ridosso dei monumenti storici, compreso il trasferimento di impianti tecnologici (e.s.: strutture dell’ex zoo, pompe di Acque Veronesi e AGSM, presso bastione di Spagna e Madonna del Terraglio).
8) Patrimonio immobiliare pubblico inutilizzato (Caserme)
Nel Documento preliminare, a pagina 66, viene richiamata una recente indagine (2023) commissionata da Confartigianato la quale “ha rilevato che nella provincia di Verona il patrimonio immobiliare pubblico inutilizzato è composto da 416 unità immobiliari (352.663 mq di superfici), il dato più alto tra tutte le sette province della regione. A livello di unità immobiliari, il 49% è riferibile a caserme e carceri (quasi 173.000 mq)”. Da quanto emerge da questa interessante indagine, è evidente che, in una politica di contenimento del consumo di suolo, il tema del patrimonio immobiliare pubblico inutilizzato, e in particolare quello relativo ai compendi delle caserme cittadine, rappresenti un aspetto centrale nelle politiche di rigenerazione urbana che il nuovo PAT dovrà sviluppare.
Sempre nel documento, a pagina 75, si afferma che “tra questi vanno affrontati e compiutamente risolti all’interno di una visione strategica di valorizzazione, anche patrimoniale, alcuni importanti compendi di proprietà comunale già avviati ed in fase di ristrutturazione, come le ex caserme Santa Marta e Passalacqua a Veronetta o l’ex Arsenale asburgico”.
Data l’enorme consistenza di questo patrimonio, si ritiene fondamentale che il PAT dedichi maggiore attenzione a questo tema, quantificando con precisione il valore di tale patrimonio e definendo con chiarezza gli obiettivi di recupero, all’interno di un percorso condiviso e trasparente. Questo processo dovrebbe mirare a identificare usi compatibili con le reali necessità della città e dei quartieri in cui questi compendi sono ubicati, con particolare attenzione al tema abitativo.
9) Telaio Ecologico-Ambientale
Si chiede che quanto prima venga redatto il Piano del Verde in relazione a quanto previsto sia dal vigente Regolamento Comunale per la Tutela e l’Incremento del Verde Pubblico e Privato in vigore ormai da ben 4 anni (8 aprile 2021), sia dal documento 33/2024 edito dall’ISPRA: “I piani comunali per il verde: strumenti per riportare la natura nella nostra vita?”. Inoltre si ricorda che la Strategia Europea per la biodiversità al 2030 invita le città con più di 20.000 abitanti a dotarsi di un Piano del Verde Urbano, ora chiamato Piano Urbano per la Natura (PUN). Il Piano del Verde dovrà analizzare e pianificare attraverso piani ambientali, la gestione dei grandi parchi cittadini già individuati dal PAT vigente(delle mura e dei forti, della collina, dell’Adige, della Spianà) unendoli al verde residuo e marginale per creare una vera e propria infrastruttura verde di mitigazione agli effetti dei cambiamenti climatici. Si chiede di introdurre, nel futuro Piando del Verde, una strategia per il verde urbano nei quartieri che realizzi almeno un vasto parco urbano per quartiere. Seguendo l’esempio del Parco San Giacomo a Borgo Roma, la strategia dovrebbe specificare su quali spazi intervenire per realizzare, espandere o potenziare parchi urbani di medie dimensioni (ad esempio Santa Marta a Veronetta, San Marco a Borgo Venezia, l’Arsenale in Borgo Trento e speriamo quanto prima, il Parco allo Scalo in zona Fiera), che aree per il verde ricreativo e luoghi di socialità. La strategia dovrà integrare dimensione ecologica, usi sociali, servizi sportivi liberi, accessibilità pedonale e ciclabile;
Si richiede inoltre che per ogni istituto scolastico in fase di nuova progettazione e ove possibile negli istituti scolastici già presenti, di prevedere la presenza di aree verdi circostanti pari almeno a 50 mq per alunno, come illustrato nel convegno “Il benessere verde nelle nostre città” organizzato Venerdì 14 febbraio 2024 dall’ Università degli Studi di Verona; la presenza di spazi verdi accessibili agli studenti nelle scuole sono un elemento fondamentale per favorire la salute fisica e psichica.
Si sottoscrivono inoltre i suggerimenti già presentati dal coordinamento Verona Città Bosco, di cui Legambiente Verona fa parte.
Altro:
- Nella mappa Tav_3a_Telaio_amb_sto.pdf , vengono riportati solo parzialmente i manufatti monumentali. Attraverso il color marrone, con cui si individua il perimetro delle mura magistrali e si delimitano i perimetri dei bastioni di destra Adige, e di altri manufatti come Castel San Felice e la rondella delle Boccare, non vengono delimitati come spazi monumentali, ma solamente come aree verdi, i seguenti ambiti: rondella della Grotta, Rondella di San Zeno in Monte, Batteria di controscarpa Rondella di Santa Toscana, Bastione delle Maddalene, Bastione di Campo Marzo. Chiediamo di includere tali spazi nell’ambito dei manufatti architettonici.
- Individuare negli elaborati grafici gli immobili di proprietà comunale non utilizzati e da rigenerare con destinazioni d’uso sociali e culturali con la finalità di rispondere alle esigenze degli enti del Terzo Settore, che vivono una carenza cronica di spazi in cui proporre attività sociali e culturali.
