“C’è bisogno di uomini nuovi dentro, per pensare la politica e prendere la decisione più coraggiosa: fare la pace”

Pellegrinaggio dei giovani alla Madonna della Salute

(Venezia, 20 novembre 2025)

Intervento del Patriarca Francesco Moraglia

Cari ragazzi,

anche quest’anno siamo venuti in pellegrinaggio alla Salute, portando nel cuore soprattutto una domanda: la richiesta di intercessione rivolta alla Madre del Signore affinché possa lenire le sofferenze dei popoli della Palestina, dell’Ucraina e di tutti i Paesi in cui si vive il dramma della guerra. Sì, chiediamo la pace senza la quale tutto viene meno.

Siamo infatti consapevoli che, come tutte le guerre, anche queste lasceranno alle loro spalle solo odio e rancore; non basteranno molte generazioni per sradicare questi sentimenti che penetrano nell’intimo delle anime.

Ringraziamo il Patriarca di Gerusalemme e l’Arcivescovo di Leopoli per i messaggi che abbiamo ascoltato all’inizio del nostro pellegrinaggio. Dalle loro parole accorate abbiamo, almeno in parte, percepito cosa significhi essere chiamati a guidare spiritualmente delle comunità devastate dall’irrazionalità della guerra.

Rimane ancora vivo in me l’incontro dello scorso mercoledì 15 ottobre, in Patriarchio, con un gruppo di ragazzi e ragazze provenienti da Gaza e dall’Ucraina. Le loro testimonianze, la loro maturità, la loro consapevolezza di vivere un dramma, che non solo avrebbe segnato la loro vita ma quella dei loro figli, mi ha colpito. Sì, la sofferenza matura e fa crescere.

Ho potuto percepire che quando la guerra porta via tutto – dagli affetti più cari alle piccole gioie del vivere quotidiano – si capisce quello che molti adulti non hanno ancora compreso e forse non comprenderebbero mai anche se vivessero più esistenze.

È disumanizzante vivere sapendo che, comunque, a tutti i livelli, ciò che sempre conta e fa la differenza è la legge del più forte, di chi possiede gli armamenti più potenti e moderni e gli alleati più forti e più spregiudicati.

Quest’anno il nostro pellegrinaggio ci fa ancor più consapevoli – posti dinanzi alle scelte dei leader politici – che abbiamo bisogno di uomini nuovi. Uomini nuovi, non perché agli attuali ne succedano altri, ma perché c’è bisogno soprattutto di uomini nuovi “dentro”, nuovi nel pensare la politica e perciò capaci di prendere la decisione più coraggiosa: fare la pace.

C’è una frase che è attribuita a Dostoevskij: “Satana lotta con Dio, e il campo di battaglia è il cuore degli uomini”. Ci può aiutare a capire che la novità a cui facciamo riferimento è quella che ci insegna il Vangelo di Marco: “Dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo” (Mc 14,20-23).

La pace, quindi, non è qualcosa che fluisce naturalmente dal nostro intimo, qualcosa di spontaneo; se fosse così, la pace sarebbe la regola e la guerra l’eccezione ma, purtroppo, non è così.

Sì, pace e guerra nascono dal cuore dell’uomo che o è abitato da Dio – che è verità, bene, bontà e giustizia che poi si traducono al di fuori in scelte politiche e sociali – oppure senza Dio – come dice Ivan, nei Fratelli Karamazov – “tutto è possibile”. Tutto, ovviamente, è nel senso deteriore della parola. L’uomo che si fa “dio” e su tutto vuol dispiegare il suo potere: ecco cos’è la guerra.

La pace riguarda i popoli e gli Stati ma, anche, le famiglie e le persone; è il risultato di un insieme di circostanze vissute in un modo o in un altro, di gesti compiuti od omessi incominciando dalle piccole cose di tutti i giorni, in famiglia, a scuola, con gli amici.

La pace, inoltre, non si accontenta di parole ma ha bisogno di mani che si diano da fare, ha bisogno di tempo donato; la pace è opera della giustizia della condivisione, è un modo di pensare i propri “io”, gli altri e la comune convivenza.

La pace non va confusa col silenzio delle armi e, tanto meno, col silenzio del nemico che potrebbe non rispondere perché è stato annientato.

Per essere veri costruttori di pace dobbiamo imparare a pensare che ogni problema non ha solo la “mia” soluzione o la “tua”, ma vi è una soluzione che può essere l’incontro della “mia” e della “tua” soluzione.

Prima di tutto, allora, dobbiamo saper entrare in noi stessi e poi potremo anche pensare di cambiare il mondo e di stabilire nuove governance. Soltanto dopo passiamo all’azione.

Le guerre sono sempre il frutto di scelte di chi non sa più entrare in se stesso e di scelte compiute in precedenza e che, poi, implodono apparentemente per una questione di nessuna importanza, spesso per un pretesto ricercato.

Per il discepolo del Signore – ricordiamocelo al termine di questo pellegrinaggio alla Madonna della Salute – rientrare in sé vuol dire, innanzitutto, saper pregare.

La preghiera, prima d’esprimersi in domande, è affidare noi stessi, i potenti del mondo e i conflitti in atto nelle mani di Dio e chiedere a Lui quello di cui gli uomini non sono capaci. La preghiera continua poi al di fuori di noi, attraverso atti conseguenti alla preghiera stessa.

condividi su

(Diocesi di Venezia)

Please follow and like us