Silenzio e preghiera continua, sostegno invisibile per l’umanità

Entrare in un monastero di clausura è come varcare la soglia di un silenzio che sostiene l’umanità. Fuori scorre la frenesia, dentro il ritmo dell’essenziale. È un silenzio che non isola, ma accoglie: qui la vita nascosta diventa voce, sostegno, ascolto, intercessione. Un luogo dove il silenzio si trasforma in sorriso quando bussi alla porta e una monaca ti accoglie dietro una grata. Non è una barriera, ma un varco. Percepisci la disponibilità all’ascolto: il cuore si apre e si illumina. Nelle fatiche della nostra quotidianità, dentro al monastero, sono la preghiera e la fiducia a nutrire le ore, la gioia a dare forma al tempo. Una semplicità ascetica fatta di povertà, castità, rinunce, che nasce dalla separazione dal superfluo per custodire una vicinanza più piena con Dio.
Ed è proprio per riconoscere questa presenza nascosta ma decisiva che il 21 novembre, memoria della Presentazione di Maria al Tempio, la Chiesa celebra la Giornata mondiale Pro Orantibus, istituita da Pio XII nel 1953 e dedicata alla vita contemplativa. Una giornata per ringraziare chi, nel silenzio, custodisce il legame con Dio e alimenta la speranza dell’umanità. Nel Vicentino, questa presenza silenziosa abita tre monasteri: a Bassano, a Creazzo e a Vicenza. Comunità diverse per storia e vocazione, ma unite da un unico filo: un’offerta di vita che diventa sostegno, dono e cura per gli altri.


Bassano: un cuore che adora senza sosta

Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento – Sacramentine

A Bassano, vive la comunità delle Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento: 14 monache, la più giovane ha 25 anni, la più anziana 93. La superiora, suor Miriam, viene dal Kenya e con lei ci sono tre sorelle italiane, due ruandesi, una nigeriana e due keniote: un mosaico di culture che prega come un solo cuore.
La giornata comincia alle 5.30, nel silenzio dell’alba. Preghiera, meditazione, adorazione continua davanti all’Eucaristia. «Siamo qui per testimoniare che Dio c’è» sottolinea suor Miriam «il mondo ha bisogno di preghiere e le preghiere possono cambiare il mondo».
La chiesa è sempre aperta, giorno e notte, e due volte al mese anche l’adorazione notturna è accessibile ai fedeli: «È un invito a entrare, a fermarsi davanti al Signore».
Le monache vivono la clausura papale, regolata dalla Santa Sede, ma la loro vita non è immobile: coltivano l’orto, allevano le galline, studiano musica e italiano, alcune preparano perfino l’esame di guida. «Custodire la natura è parte della nostra vocazione» spiegano, richiamando la Laudato si’.
Ogni notte, a turno, una sorella sveglia l’altra bussando alla porta per continuare l’adorazione: un dialogo d’amore che a Bassano prosegue da 124 anni senza interruzioni.
Molte religiose arrivano da storie difficili, e qui ritrovano pace: «Niente è impossibile con Dio» ripete suor Miriam «noi vediamo tanti miracoli, ogni giorno». Poi un invito semplice e radicale: «Se ogni cristiano pregasse anche solo cinque minuti al giorno, il mondo cambierebbe. E noi, con la nostra preghiera, siamo qui per ricordarlo».


Creazzo: un roseto di ascolto e accoglienza

Monache Clarisse dell’Immacolata – Monastero Roseto “Janua Coeli”

A Creazzo, nel monastero Roseto “Janua Coeli”, la comunità delle Clarisse dell’Immacolata è composta da 21 sorelle, dai 19 agli 80 anni. L’ultima arrivata è una giovane della Val Badia che ha ricevuto la veste religiosa poche settimane fa, accompagnata da tutto il suo paese sceso in pianura per sostenerla: un segno di affetto e di fede condivisa.
La loro vita è semplice e piena: preghiera, lavoro, cura degli animali, accoglienza. «Viviamo in un luogo bello, immerso nel verde» racconta suor Ave Maria «e fedeli e laici vengono qui per trovare pace».
Il parlatorio è un ponte quotidiano con il mondo: «Siamo in clausura, ma aperte ai fedeli. Ogni giorno riceviamo telefonate, richieste di preghiera, persone che hanno bisogno di essere ascoltate».
Famiglie, giovani, genitori in difficoltà, anziani soli: «Qui si aprono, parlano, chiedono un consiglio. Portano angosce e paure che spesso fuori non riescono a condividere».
La loro missione è essere “un’altra Maria”: intercedere, accogliere, custodire.
In ogni giornata la Messa è aperta ai fedeli, così come il Rosario e l’adorazione del martedì. «Viviamo di provvidenza» aggiunge sorridendo «la gente ci vuole bene e non ci fa mancare nulla».
Una comunità giovane, viva, radicata nella tradizione ma capace di parlare al presente. «Le nuove vocazioni ci sorprendono» spiega suor Ave Maria «ma mostrano che il desiderio di Dio cammina ancora nel cuore dei giovani. E noi siamo qui per sorreggere, accompagnare, aiutare».


Vicenza: la gioia nascosta delle Carmelitane

Monache Scalze dell’Ordine della Beatissima Vergine Maria del Monte Carmelo

A Vicenza, in viale D’Azeglio, ci sono 15 monache: la più giovane ha 40 anni, la più anziana 102. Suor Elisabetta, 60enne, racconta i suoi 25 anni di vita claustrale come «anni intensissimi di preghiera e amore per il Signore», sostenuti giorno dopo giorno dalla grazia.
La loro giornata comincia all’alba con la preghiera corale e trova il suo centro nella Comunione quotidiana, «una grazia enorme» sottolinea la monaca.
La gioia è il filo che attraversa la loro vocazione: «La nostra vita è nascosta, ma piena. Gesù è il tesoro che dà luce». E chi le incontra lo vede: «È la gioia promessa da Gesù: “Vi do la mia gioia”».
Il parlatorio è il ponte con il mondo. «Qui arrivano persone che non riuscirebbero a confidarsi con nessuno. Portano ansie, fatiche, disagi. Noi ascoltiamo, preghiamo, e il Signore tocca i cuori».
Famiglie, giovani, gruppi di catechismo, associazioni trovano in quel piccolo spazio un’oasi di ascolto e di consolazione.
E ogni giorno la comunità affida al Signore la pace, con una preghiera semplice ma continua: «Dio si prende cura dell’umanità. Noi ci mettiamo a disposizione».
Le Carmelitane custodiscono la genuinità del loro carisma e, allo stesso tempo, cercano di leggere il tempo presente: «La Chiesa è sempre in rinnovamento. Lo Spirito ci chiede fedeltà, ma anche passi nuovi per accogliere con maggior forza la comunità».

Giada Zandonà

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(Diocesi di Vicenza)