Vent’anni di riabilitazione al San Camillo: gli studenti del Pio X hanno presentato il loro Ptco, un percorso formativo accanto ai pazienti e ai sanitari

C’erano anche gli studenti del Collegio vescovile Pio X alla festa per i 20 anni del reparto di Medicina Fisica e Riabilitativa dell’ospedale San Camillo, e, anzi, sono stati proprio loro ad aprire l’evento, raccontando quello che il primario del reparto, il dottor Andrea Beltramin, ha definito: “Il progetto di cui andiamo più fieri negli ultimi anni”.

Si tratta del Pcto (Percorso per le competenze trasversali e orientamento) Service learning “Sostegno empatico”, che dal 2023 vede, ogni anno, una quindicina di studenti del Collegio, soprattutto del Liceo Classico a opzione Biomedica, alle prese con l’allestimento di un servizio accanto al personale sanitario e ai pazienti della Riabilitazione del San Camillo.

In concreto, questi ragazzi dedicano, per tutto l’anno, un pomeriggio a settimana al loro servizio, vivendo a stretto contatto con le persone ricoverate e aiutandole a superare le tante difficoltà fisiche e psicologiche del percorso riabilitativo.

Affiancati dal personale sanitario e da volontari adulti, gli studenti organizzano cinque diversi laboratori, uno per ogni giorno della settima, dal lunedì al venerdì. Con la Medicina narrativa, leggono e condividono libri e racconti, stimolando il dialogo e la memoria, con i lavori manuali in legno, con la pittura e con altre attività, come la lavorazione del midollino, una specie di vimini, per creare cestini e sottopentole, stimolano le abilità fisiche dei pazienti, attraverso la Musicoterapia e la Ludoterapia, condividono momenti di svago e spensieratezza, cantando e suonando assieme vecchie e nuove canzoni e mantenendo viva la concentrazione grazie a giochi come quelli delle carte o del Memory.

Un servizio, che ha molteplici valori terapeutici, come sottolineato dal dottor Beltramin, a partire dal recupero del danno neurologico e dal miglioramento dell’umore in pazienti con degenze molto lunghe. Favorisce, inoltre, il rientro in società dei degenti e, infine, ha un effetto educativo sui ragazzi. Giovani studenti che nel loro intervento hanno sottolineato le difficoltà di un servizio in cui ci si confronta con la sofferenza altrui, ma anche l’importanza di questo primo approccio al mondo delle professioni sanitarie, che “si realizza con i tempi e i modi corretti rispetto alla nostra età”.

A raccontare la loro esperienza sono stati tre studenti di quarta superiore “Ambassador” del progetto, cui avevano preso parte l’anno scorso: Alberto Berizzi, Camilla Pellegrini Gasparin ed Emma Pasqualato. Con loro, è intervenuta anche la professoressa Cristina Scardanzan, responsabile dell’orientamento e delle competenze trasversali del Collegio, che ha dato voce alle riflessioni di altri allievi. Tra tutte, emerge un messaggio chiaro, quello dell’importanza della relazione come “strumento di cura potente” e di una “presenza che fa la differenza”.

Il rettore del Pio X, mons. Lucio Bonomo, dopo aver ringraziato i ragazzi per il loro servizio, ha tracciato un profilo del fondatore delle suore del San Camillo, il beato Luigi Tezza, dal quale sono emerse alcune caratteristiche che devono contraddistinguere il prezioso lavoro di chi svolge una professione sanitaria, e cioè l’attenzione all’umanizzazione della cura e la professionalità.

Sull’importanza di questo servizio è tornato, nel suo successivo intervento, anche il vescovo di Treviso, mons. Michele Tomasi: “Sono grato – le sue parole – di questa attività. Mi fa molto piacere che ci siano i rappresentanti del Collegio Pio X, per la collaborazione e per l’esperienza che i ragazzi possono fare qui. È una continuità bella e vuol dire che ci aiutiamo insieme e contribuiamo, con un tessuto buono, a creare anche prospettive di futuro che aprano un po’ gli orizzonti, che facciano respirare, che facciano vivere meglio questa nostra società”.

Agenzia Fotofilm Treviso_San Camillo_20 anni riabilitazione

Mons. Tomasi, inoltre, salutando i convenuti e le religiose, ha ricordato i fondatori dell’ordine di San Camillo, il Beato Luigi Tezza e santa Giuseppina Vannini, e ha ringraziato le suore di San Camillo, per il loro impegno, sottolineando due aspetti poco “attuali” del loro carisma e dell’istituzione stessa. “Questa realtà è un luogo competente, di accoglienza, dove la professionalità si sposa all’umanità. Ebbene, credo che sia un valore aggiunto avere una comunità di sorelle consacrate, di suore, di donne di Dio che si mettono a disposizione con la loro competenza, con la loro professionalità, con la loro dedizione. Fin dal primo momento in cui ho conosciuto le sorelle di San Camillo, mi ha colpito tantissimo il quarto voto, quello di dedizione all’infermo, a costo della propria vita. È una cosa inattuale questa, ma è la forza del Vangelo. È quell’anima – ha spiegato il Vescovo – che permette di superare ostacoli, di andare avanti, di continuare a credere nell’umano, in un periodo in cui facciamo fatica a fidarci dell’umanità. Sembra che siamo impazziti. Ecco, questo è presidio di ragionevolezza, di cura, di accoglienza, di cuore e di dono totale di sé. Ho sperimentato nelle suore e in tutto il personale, nel periodo del Covid, questa particolare dedizione e so che continua, perché non è una questione che si inventa, che si improvvisa e non è solo per le situazioni d’emergenza, la si vede in un quotidiano che spesso è difficile. Il territorio è grato di questa presenza”.

L’altro aspetto “inattuale” sottolineato dal Vescovo, ricordando le parole di padre Tezza, è quello della santità: “Ma qual è la santità? Deve essere a tutti accessibile. In che cosa consiste? A far molto? No. A far grandi cose straordinarie? Neppure. Non sarebbe di tutti né di ogni momento. Ecco, la chiave della santità: è fare il bene, e questo bene, ben fatto, nella condizione, nello stato in cui ci ha posti Dio, nulla di più, nulla al di fuori di ciò. Allora, auguro al San Camillo e a tutta la comunità trevigiana che sia fatto tanto bene, e questo bene sia fatto bene”.

(Diocesi di Treviso)

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