Giornata interdiocesana del Creato (Diocesi di Padova e Diocesi di Vicenza) Risorgive del Bacchiglione – Dueville (Vi) – Omelia vescovo Cipolla

Giornata interdiocesana del Creato

(Diocesi di Padova e Diocesi di Vicenza)

Risorgive del Bacchiglione – Dueville (Vi)

Omelia

Domenica 5 ottobre 2025

–  20ª Giornata mondiale per la cura del Creato.

– 10º Anniversario della promulgazione dell’enciclica Laudato si’

– due Chiese, quella di Vicenza e di Padova insieme

Queste tre coincidenze ci sottolineano le preoccupazioni che abbiamo nei confronti della porzione di Creato a noi affidata:

  • la nostra casa innanzitutto con il rischio di consumi e sprechi, ma anche inquinamento, gestione dei rifiuti non rispettose dell’ambiente;
  • il nostro territorio: spesso troppo edificato e cementificato, sfruttato e maltrattato.

L’attenzione alla piccola porzione a noi affidata è una delle forme per riconoscere che «del Signore e la terra e quanto contiene, l’universo e i suoi abitanti».

Siamo qui con la consapevolezza di una vocazione interiore e spirituale, personale e comunitaria di un mandato ad avere sensibilità e cura per la porzione di Creato che ci è stata consegnata come dono.

Guardiamo con questa lente alla Parola di Dio di oggi.

La Prima lettura descrive la difficile condizione degli uomini, disumana. Riporta le lamentele contro il Signore; a Lui vengono attribuite tutte le responsabilità.

Il Signore risponde con una promessa solenne: questa situazione terminerà: «se indugia attendila perché certo verrà e non tarderà».

C’è poi una considerazione sapienziale: «soccombe colui che non ha l’animo retto mentre il giusto vivrà per fede».

Anche noi viviamo situazioni disumane, ogni guerra è disumana! Lo sappiamo da tempo.

Alcune citazioni possono ravvivare la nostra memoria:

  • Primo Levi: “Se questo è un uomo” opera scritta al ritorno da Auschwitz;
  • un testo scritto nel 1966 dal cantautore Francesco Guccini,“Auschwitz – la canzone del bambino nel vento”

«Son morto con altri cento son morto ch’ero bambino passato per il camino e adesso sono nel vento.
Io chiedo come può l’uomo uccidere un suo fratello eppure siamo a milioni in polvere qui nel vento.
E ancora tuona il cannone e ancora non è contenta di sangue la bestia umana e ancora ci porta il vento. §Io chiedo quando sarà che l’uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare e il vento si poserà».

Salvatore Quasimodo scrive questa drammatica riflessione nella poesia “Uomo del mio tempo”:

Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
Quando il fratello disse all’altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
Salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.

Quasimodo scrive nel 1946: oggi dovremmo inserire vocaboli nuovi, più distruttivi, più disumani: droni, intelligenza artificiale, armi nucleari.

L’invito del salmista, sembra per noi: «Non indurite il cuore come a Merìba, come nel giorno di Massa nel deserto».

La Prima lettura ricorda che «soccombe colui che non ha l’animo retto mentre il giusto vivrà per la sua fede». Soccombere significa abbassarsi e scendere di livello: con più scienza, più tecnica, più risorse si può anche scendere in profondità inaudite, in abissi di male sconosciuti. Indurire il cuore significa disumanizzare la vita, avere un animo retto significa scegliere la vita.

All’inizio della guerra in Ucraina:

  • la prima vittima della guerra, si diceva, è la verità (e di conseguenza la giustizia);
  • la seconda vittima sono le persone, uomini e donne, anziani e bambini (oltre un milione tra morti e feriti in Ucraina; e in Palestina oltre 66.000 morti di cui circa 20.000 bambini e oltre 150.000 feriti);
  • la terza vittima è il Creato: le case e palazzi, campagne ed animali, rischi di catastrofi nucleari, paura per la capacità distruttiva di tutte le armi oggi in uso; senza contare gli investimenti economici e finanziari a cui sono costretti gli Stati e le sperequazioni conseguenti che creano società sempre più povere e ricchi sempre più ricchi.

Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’ parla di uno stretto legame tra creazione e società. Usa due espressioni che ci riguardano:

Ecologia integrale e debito ecologico:

– con ecologia integrale il Papa intende sottolineare che la vita è connessione di tanti aspetti ed intende proporre una nuova visione e un approccio fondato su un cambio di prospettiva che:

1) metta in luce l’inseparabilità della «preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore» (LS, 10);

2) «recuperi i diversi livelli dell’equilibrio ecologico: quello interiore con sé stessi, quello solidale con gli altri, quello naturale con tutti gli esseri viventi, quello spirituale con Dio» (LS, 210);

3) prenda coscienza della responsabilità dell’essere umano, di ognuno di noi, verso sé stesso, verso il prossimo, verso la società, verso il creato e verso il Creatore.

– Con debito ecologico Papa Francesco intende ricordare che i paesi ricchi hanno debiti nei confronti dei paesi sfruttati, come ad esempio è avvenuto tra noi con i Pfas. L’inquinamento delle acque nei paesi a valle ha creato un debito da parte di chi ha inquinato a monte; ma si crea un debito anche nei confronti dei nostri figli e nipoti, e nei confronti del futuro: troveranno una terra meno abitabile perché l’abbiamo impoverita e sfruttata per noi stessi, senza pensare a chi verrà.

Celebrare questa giornata significa rinnovare la nostra vocazione cristiana ed umana ad essere custodi e cultori di pace nelle relazioni tra le persone, tra i popoli, tra le generazioni e nella nostre relazioni con la terra che è e resta di Dio.

Il Vangelo ci parla di “servi inutili”. Penso di poter interpretare questa espressione come se si dicesse che siamo servi senza un utile, senza un utile materiale.

Non lavoriamo solo per fare soldi ma per servire il futuro e per servire l’umanità: una vocazione che da significato e nobiltà alla nostra vita.

«È ormai davvero il tempo di far seguire alle parole i fatti»  – scrive papa Leone XIV nel Messaggio per la X Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato – e prosegue  «Vivere la vocazione di essere custodi dell’opera di Dio è parte essenziale di un’esistenza virtuosa, non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell’esperienza cristiana»( ivi, 217). Lavorando con dedizione e con tenerezza si possono far germogliare molti semi di giustizia, contribuendo così alla pace e alla speranza. Ci vogliono talvolta anni prima che l’albero dia i suoi primi frutti, anni che coinvolgono un intero ecosistema nella continuità, nella fedeltà, nella collaborazione e nell’amore, soprattutto se quest’amore diventa specchio dell’Amore oblativo di Dio».

+ Claudio Cipolla, vescovo di Padova

(Diocesi di Vicenza)

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