
Un momento semplice e profondo, quello vissuto da tutto il personale degli uffici di Curia (direttori degli uffici, dipendenti, collaboratori, volontari) con il Vescovo, venerdì 19 dicembre, in occasione dello scambio degli auguri di Natale. Prima la preghiera, curata dall’ufficio Liturgico e vissuta in presbiterio, davanti al vecchio altare maggiore, che conserva le spoglie dei martiri Teonisto, Tabra e Tabrata.
Poi, il saluto e gli auguri ai presenti, e al Vescovo, a nome di tutti, da parte del vicario generale, mons. Mauro Motterlini, che ha ricordato la figura di san Giuseppe, che non dice una sola parola nei Vangeli, ma con il suo “sì” al volere di Dio permette alla Parola di mettere radici, la fissa nella storia dell’uomo. Grazie al suo “sì”, Gesù può essere chiamato figlio di Davide, realizzando le profezie. “Giuseppe è simbolo di tutti i padri, chiamati a dare radici, identità solide, a figli che non sono frutto del caso o del caos, ma dell’amore, dentro una storia. Gesù di Nazareth ha trovato la sua gioia piena in suo padre putativo Giuseppe, il quale ci testimonia che solo chi si fida, ama, e ama davvero solo chi si fida”. L’augurio, infine, a diventare sempre di più persone di preghiera e, al Vescovo, “perché l’intercessione di San Giuseppe continui a sostenere e a guidare il tuo ministero episcopale tra di noi e con noi”.
La riflessione di mons. Tomasi ha avuto il tono di “un augurio che scaturisca dal mio tentativo di essere Vescovo con voi e per voi, ma anche tramite voi, con il vostro aiuto”.
L’augurio del Vescovo è stato, quindi, quello di “poter vivere in relazioni vive e “calde” le celebrazioni natalizie, e di trovare in esse i momenti della lode, della supplica, della contemplazione, del silenzio e della festa”, e di portare quel calore anche nei rapporti fra i collaboratori della Curia, riconoscendosi come persone, prima che nei rispettivi ruoli: “Mi piacerebbe anche, sono sincero, se un poco di quella forma comunitaria di relazione, di collaborazione, di fiducia reciproca la potessimo vivere anche tra noi. Che potessimo cioè vivere davvero le relazioni che ci legano con il calore della comunità, e non invece soltanto con l’efficacia e l’efficienza di una più anonima società. Se anche dopo il Natale ci si potesse ritrovare, insomma, non soltanto misurando la mole delle cose da fare – soprattutto quando si tratti di impegni vissuti come gravosi, o da qualcuno visti poco sensati – portando con noi quello stupore di cui il Vangelo di Luca ci narra: “Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”. Auguro che ci possiamo accogliere reciprocamente come persone, non come ruoli, portando i pesi gli uni degli altri, condividendo le gioie, valutando insieme “le gioie e le speranze, i dolori e le angosce”, come ci insegna il proemio della Costituzione Gaudium et spes. Ciascuna e ciascuno ha tante preoccupazioni e cure anche al di fuori di questa nostra Curia, porta con sé al lavoro sogni e ferite. Che ciascuno si possa sentire accolto con tutta la sua persona”.
E ancora, dal Vescovo, l’auspicio che “le nostre relazioni non siano solamente “funzionali”, che non generino contrapposizione e che non siano causa di frustrazione e di fatica nel vivere bene il dono di sé che contraddistingue ciascuno e ciascuna di voi. La radice di queste relazioni è però più profonda che non quella di una amicizia o una simpatia, o anche di una comunanza di intenti e di orizzonti. Essa sta tutta, infatti, nell’unione in Cristo nel Battesimo e nella mia configurazione al servizio di questa Diocesi e della Chiesa nell’Ordinazione episcopale. Ricordo le parole che sant’Agostino aveva rivolto ai suoi fedeli, nella ricorrenza dell’anniversario della sua consacrazione a Vescovo, e che voi conoscete senz’altro: “Nel momento in cui mi dà timore l’essere per voi, mi consola il fatto di essere con voi. Per voi infatti sono vescovo, con voi sono cristiano. Quel nome è segno dell’incarico ricevuto, questo della grazia; quello è occasione di pericolo, questo di salvezza”.”
L’augurio di mons. Tomasi ai suoi collaboratori, allora, è a “vivere i nostri compiti quotidiani come un autentico servizio alla Chiesa santa di Cristo, come un servizio di amore rivolto direttamente al Signore Gesù”, ha detto il Vescovo, che ha voluto condividere le parole che papa Leone ha offerto ai Vescovi italiani nel suo primo incontro con la CEI il 17 giugno 2025, un vero e proprio “programma importante da seguire”.
“Raccomando, in particolare, di coltivare la cultura del dialogo. È bello che tutte le realtà ecclesiali – parrocchie, associazioni e movimenti – siano spazi di ascolto intergenerazionale, di confronto con mondi diversi, di cura delle parole e delle relazioni. Perché solo dove c’è ascolto può nascere comunione, e solo dove c’è comunione la verità diventa credibile. Vi incoraggio a continuare su questa strada! […]
– Restate uniti e non difendetevi dalle provocazioni dello Spirito. La sinodalità diventi mentalità, nel cuore, nei processi decisionali e nei modi di agire.
– Guardate al domani con serenità e non abbiate timore di scelte coraggiose! Nessuno potrà impedirvi di stare vicino alla gente, di condividere la vita, di camminare con gli ultimi, di servire i poveri. Nessuno potrà impedirvi di annunciare il Vangelo, ed è il Vangelo che siamo inviati a portare, perché è di questo che tutti, noi per primi, abbiamo bisogno per vivere bene ed essere felici.
– Abbiate cura che i fedeli laici, nutriti della Parola di Dio e formati nella dottrina sociale della Chiesa, siano protagonisti dell’evangelizzazione nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, negli ambienti sociali e culturali, nell’economia, nella politica.
Carissimi, camminiamo insieme, con la gioia nel cuore e il canto sulle labbra. Dio è più grande delle nostre mediocrità: lasciamoci attirare da Lui! Confidiamo nella sua provvidenza”.
