“Viviamo le nostre città mettendoci a fianco dei pastori e saremo illuminati dalla luce vera”: messa della vigilia di Natale presieduta dal Vescovo alla stazione delle corriere

Una celebrazione attesa, quella della vigilia di Natale, presieduta dal Vescovo alla stazione delle corriere di Treviso, che anche quest’anno, nonostante il maltempo, ha raccolto molte persone sotto le pensiline delle partenze e degli arrivi, crocevia quotidiano per tante persone che vivono, lavorano, studiano in città, ma anche luogo simbolico, spesso sotto i riflettori per episodi e situazioni di marginalità e disagio. Promossa da qualche anno da Ceis Treviso, Caritas e Comunità di Sant’Egidio, con il patrocinio del Comune (presenti l’assessora Gloria Tessarolo e il presidente del Consiglio comunale, Antonio Dotto, oltre ai consiglieri regionali Paola Roma e Nicolò Rocco), l’iniziativa coinvolge operatori e volontari, persone che vivono qualche difficoltà, gli scout che animano la messa con il coro, le parrocchie cittadine. Hanno concelebrato con il Vescovo don Matteo Volpato, parroco di Fiera e Selvana e assistente del Ceis, don Silvano Perissinotto, direttore dell’ufficio Migrantes, don Marco Carletto e don Adriano Fardin.

Il Vescovo ha riflettuto sull’identità delle nostre città, a partire dal racconto del Vangelo che parla delle città di Nazaret e Betlemme, punto di partenza e di arrivo del viaggio di Maria, che era in attesa di Gesù, e di Giuseppe.

24 dicembre 2025

Messa della Vigilia di Natale – Stazione autocorriere – Treviso

Omelia del Vescovo Michele

Anche Nazaret nel Vangelo di Luca è una città. Anche Betlemme lo è, la città di Davide, del re di Israele. Non erano città come le nostre, certo. Ma erano città, dove si incrociavano storie e destini, dove si intrecciavano lingue e culture. Nazaret nella Galilea delle genti, città di confine, anche religioso. Da là partono Giuseppe e Maria in attesa di Gesù, in cammino verso Betlemme, uno dei capoluoghi di Giuda, affollata per il censimento in corso: nemmeno per un discendente del re Davide e per la sua piccola famiglia vi era disponibilità di alloggio.

Città delle persone, di vita quotidiana di molti, di tutti quelli che cercano modi di vivere sempre migliori, collaborando al bene, cogliendo ed offrendo occasioni di incontro, di abitazione, di lavoro, di svago, di crescita sociale e culturale. Città in cui si sviluppa la libertà delle persone, in cui si costruiscono progetti di vita personali, familiari e collettivi, città in cui cresce la convivenza, dove tutti possono prendersi cura di tutti, dove servizi migliori aiutano la vita. Città crocevia di strade e di trasporti, meta di viaggi, partenza verso luoghi lontani.

Città dove rischi di essere solo ed anonimo, città dove non riesci a stare al passo con i più veloci e fortunati. Città dove trovi di tutto, anche quello che non fa bene alla tua salute, alla tua mente, al tuo cuore e alla tua vita. Città indifferenti, dove puoi anche vivere da invisibile.

Città ricche e città diseguali, città luminose e città buie. Città ospitali e città fredde. Città tenere e violente. Città ciniche e città di fede.

Le nostre città sono un po’ tutto questo, tutto potrebbero accogliere, di molto hanno paura.

Ma è nelle nostre città che oggi si ripete il viaggio da Nazaret a Betlemme.

E qui possiamo perdere l’incontro con Gesù Salvatore, come coloro che non avevano posto per i suoi genitori nell’alloggio.

Qui possiamo trovarci nella notte con i pastori, e assieme a loro ascoltare la buona notizia degli angeli, e godere dei loro canti di Gloria. Città celesti o città terrene?

Non sono le mura, i palazzi e forse nemmeno le Chiese che fanno la differenza tra l’una e l’altra città. E non esiste una città che mostri soltanto l’una o l’altra faccia. La differenza la fa solamente l’amore.

Due amori dunque diedero origine a due città, alla terrena l’amore di sé fino all’indifferenza per Dio, alla celeste l’amore a Dio fino all’indifferenza per sé”.

Così ha riflettuto Agostino, in un tempo lontano da noi, un tempo di cambiamento d’epoca ancora più burrascoso e cupo del nostro. Due amori per due città? Forse piuttosto due amori per due forme della stessa città.

Se guardo solo a me, ci dice, costruisco un sistema in cui non ci sarà più posto nemmeno per me, perché in fondo non saprò prendermi cura di nessuno. Se penserò soltanto a me e a nessuno e a null’altro, costruirò una barriera invalicabile alla presenza dell’Amore vero, alla presenza di Dio. Non ci sarà posto nemmeno nella mangiatoia. Se intendo amare me, per primo me, soltanto me, non saprò più cos’è l’amore, e non saprò nemmeno amare me stesso.

Ma se amo Dio come sommo bene, se lo riconosco davvero come Dio – il mio Dio – non avrò più bisogno di curarmi di me, perché sarà Lui a custodirmi, Lui a proteggermi, Lui a darmi felicità piena e eterna. Indifferente a me stesso, godrò dell’amore vero, della vita vera, della gioia vera.

Se provo a non voler occupare il centro della scena, e a voler essere colui attorno al qual gira tutto il mondo, vedrò accanto a me fratelli e sorelle, come i pastori, e sentirò rivolto a loro e a me l’invito degli angeli, messaggeri della verità:

Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore”.

Non abbiate paura, è nato chi libera e che salva, non abbiate paura, non siete soli, non abbiate paura siete amati per l’eternità.

Non dovrete cercare la vostra gloria nell’applauso degli uomini, ma la riceverete dal Dio vero che vi parla nella coscienza, luogo della vostra vera gloria.

Non subirete la passione di dominio di nessuno, ma sarete liberi e uguali, e serviti in tutto, perché sarete tutti a servizio di tutti, e gli uni degli altri, nell’amore.

Non cercherete la vostra forza in quella dei vostri eroi, ma direte a Dio: “Ti amerò, Signore, mia forza”.

Non dovrete dare lode a nulla e a nessuno, e nulla adorare come fonte di vita se non Dio, fonte e sorgente vera della vita.

Non dovremo più avere paura dei cieli e della terra, perché i cieli si sono riaperti al canto degli angeli, e la terra ha germogliato il suo redentore.

La città di Dio è originata dall’amore di Dio, e ci conduce a scelte nuove, fino a dimenticarci di noi stessi. Ci conduce a trovare il bimbo nella mangiatoia, a trovare la gioia vera.

Le nostre città diventano città di Dio, ed autentiche città dell’uomo, perché in quel bambino abbiamo l’immagine e la presenza reale dell’uomo nuovo, della persona nuova.

Partendo da Nazaret; mettendoci a fianco dei pastori, nella notte, accanto a ogni povero nel corpo, nelle risorse, nello spirito, nelle opportunità, nella fede; guardando a noi dalle periferie delle nostre certezze e sicurezze, e dal marciapiede della quotidianità, saremo illuminati dalla luce vera, e vedremo le strade che ci si aprono dinnanzi, per vivere una vera umanità con tutti.

In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo” (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 22).

Canteremo allora la gloria di Dio e solo di Dio, e riceveremo come dono e come compito la pace, pace vera, pace per tutti, pace nell’amore:

Gloria a Dio nel più alto dei cieli

e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”.

(Diocesi di Treviso)