La cautela e le raccomandazioni con le quali il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha annunciato il graduale ingresso dellItalia nella cosiddetta Fase 2 dellemergenza sanitaria da coronavirus sono comprensibili e lodevoli. Anche se si vede la luce, non siamo affatto fuori dal tunnel della pandemia.
Ed è giusta e necessaria la fedeltà allalleanza tra scienza e politica che allinizio della crisi avevamo auspicato dalla prima pagina di Avvenire in uneditoriale affidato alla penna di un grande medico e nostro collaboratore, il professor Walter Ricciardi. Cè bisogno di competenza e di calibrata fermezza per vincere la sfida rappresentata dal Covid-19.
Ma sconcerta, preoccupa e ferisce lorientamento maturato, come ha sottolineato lo stesso premier, nel confronto finale tra autorità di governo e tecnici a negare ancora, per settimane e forse mesi, ai credenti la possibilità di partecipare, naturalmente secondo rigorose regole di sicurezza, a funzioni religiose diverse dai funerali (gli unici finalmente consentiti). È un errore molto grave. Non si può pensare di affrontare una generale ripartenza che si annuncia delicatissima rinunciando inspiegabilmente a valorizzare la generosa responsabilità con cui i cattolici italiani come i fedeli di altre confessioni cristiane e di altre religioni hanno accettato rinunce e sacrifici e, dunque, senza dare risposta a legittime, sentite e del tutto ragionevoli attese della nostra gente.
Sarà molto difficile far capire perché, ovviamente in modo saggio e appropriato, si potrà tornare in fabbriche e in uffici, entrare in negozi piccoli e grandi di ogni tipo, andare in parchi e giardini e invece non si potrà partecipare alla Messa domenicale. Sarà difficile perché è una scelta miope e ingiusta. E i sacrifici si capiscono e si accettano, le ingiustizie no.
Marco Tarquinio