Giornata mondiale dell’acqua 2022 – Acque sotterranee: il dossier di Legambiente

22 marzo 2022                                           Comunicato stampa 


Giornata mondiale dell’acqua 2022
Acque sotterranee: il dossier di Legambiente
Il Veneto dipende per oltre il 90% da queste riserve idriche eppure qui esiste uno dei casi più emblematici di inquinamento nelle falde: quello da PFAS.

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Invisibile ai nostri occhi eppure fondamentale per la vita e gli equilibri sulla terra: è l’acqua sotterranea, la più grande riserva idrica del pianeta ma una delle risorse più dimenticate, quest’anno protagonista della Giornata mondiale dell’acqua 2022 (World Water Day). In questa occasione Legambiente presenta un dossier, lanciando una road map con 3 proposte per tutelare e preservare questi importanti corpi idricitroppo spesso maltrattati e sovra sfruttati, la cui qualità e quantità è sempre più messa a rischio dall’urbanizzazione, dalla crescita demografica, dall’inquinamento e dai cambiamenti climatici. 

In Veneto, terra di risorgive, regione che dipende dalle acque sotterranee per oltre il 90%, esiste uno dei casi più emblematici di inquinamento nelle falde: la contaminazione da PFAS, interferenti endocrini e possibili cause di numerose patologie. Sono almeno 400mila i cittadini nel cui sangue scorrono molecole che numerosi studi scientifici associano a immunotossicità il che significa per chi è contaminato un rischio maggiore con il Covid e una risposta meno efficace ai vaccini, ipertensione, patologie del fegato e della tiroide, alterazione della riproduzione e rischio cardiovascolare, cancro al rene e al testicolo. Nessuno è risparmiato e i dati rilevati nell’ambito del Piano di Sorveglianza Sanitaria avviato dalla Regione del Veneto nel 2017, dicono che oltre l’80% dei bambini esaminati hanno quantità di PFAS nel sangue ben superiori a quelle rilevate nelle popolazioni esposte a contaminazione. 

In Senato la Commissione ha iniziato la discussione del disegno di legge “Misure urgenti per la riduzione dell’inquinamento da sostanze poli e perfluoroalchiliche (PFAS) e per il miglioramento della qualità delle acque destinate al consumo umano“ che fissa il limite a 0,50 μg/l. I tempi però sono stretti e l’urgenza è molto sentita, soprattutto in Veneto dove i Pfas sono presenti, in misura variabile, in circa 30 comuni della provincia di Vicenza e nelle zone limitrofe delle province di Padova e Verona. Dall’analisi degli scarichi fognari, è stato possibile individuare nella Miteni spa la fonte di contaminazione: fallita nel 2019 viene ritenuta responsabile anche della contaminazione da GenX e C6O4 composti fluorurati di nuova generazione ritrovati in falda nei pressi dell’azienda. Grazie all’impegno di associazioni, cittadini e attivisti nel luglio del 2021 si è finalmente arrivati ad uno storico processo penale che vede coinvolti quali responsabili civili anche la multinazionale Mitsubishi e il fondo lussemburghese ICIG proprietario del sito Miteni. Legambiente è presente nel processo come parte civile, rappresentata dall’avvocato Enrico Varali sia come nazionale che regionale che come circolo locale Perla blu di Cologna Veneta cittadina tra le più colpite dalla contaminazione. 

Ma le falde soffrono anche la siccità.  L’andamento delle falde del veneto ad oggi mostra un trend in continua diminuzione con gravi criticità nell’alta pianura tra Brenta e Piave e in diverse zone di bassa pianura, e in montagna manca almeno il 40% di neve sulle Alpi ed il 50% sulle Prealpi, che in questo periodo dell’anno dovrebbe costituire la scorta idrica più abbondante. Niente pioggia, niente neve e falde in sofferenza: gli acquiferi dell’alta pianura trevigiana segnano -38% tra valore medio mensile e valore atteso, mentre nell’alta pianura veronese, vicentina e padovana scendono al -48%. Nella zona costiera di Eraclea il confronto tra valore medio mensile e valore atteso dell’acquifero è del -53% . 

Difficile la vita anche per i fiumi. Secondo i dati Arpav, la portata dei fiumi è vicina o addirittura nettamente inferiore ai minimi storici. E quando non sono a secco come ora, soffrono di mala depurazione e glifosate. Lo dicono i dati raccolti da Legambiente Veneto con “Operazione Fiumi – Esplorare per custodire” che l’estate scorsa ha monitorato lo stato di salute dei fiumi più significativi della nostra regione: Brenta, Bacchiglione, Po, Adige, Livenza, Sile, Piave, Fratta Gorzone, Retrone e Dese che con numerosi altri affluenti e canali sono finiti sotto la lente di ingrandimento dei volontari dei Circoli territoriali di Legambiente.

“La situazione di grave siccità che stiamo attraversando, conseguenza del sovra sfruttamento, dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento, espone anche le nostre falde a enormi rischi” dichiara il presidente regionale di Legambiente Luigi Lazzaro. “Il deficit di risorsa idrica va affrontato nel contesto globale del cambiamento climatico, perché se ogni annata meteorologica fa storia da sé ed è impossibile fare previsioni per il futuro – prosegue Lazzaro – così non

 è per gli eventi estremi, che appaiono ormai con certezza una variabile impazzita, in un quadro previsto in aggravamento proprio a causa di prelievi esagerati e incontrollati, inquinamento ed emissioni climalteranti”. “Abbiamo un tesoro sotto i piedi da conoscere e proteggere – conclude Lazzaro – per questo Legambiente chiede alla politica regionale di arrivare ad una gestione condivisa e sostenibile delle acque sotterranee, come auspicato dalle politiche comunitarie, smettendola di ragionare sempre in emergenza e per compartimenti stagni. In mancanza di acqua, ad esempio, la richiesta di avere più terre da coltivare a mais rischia di essere del tutto inutile e addirittura dannosa in quanto il mais richiede moltissima acqua per arrivare a maturazione, e in carenza d’acqua assisteremo ad un aumento dell’utilizzo di pesticidi e fertilizzanti, con danni in termini di perdita di biodiversità e di difficoltà di dispersione degli inquinanti”.

Ufficio stampa Legambiente Veneto – ufficiostampa@legambienteveneto.it

(Legambiente Veneto)

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