Conosciamo Emanuele Billo, il giovane che verrà ordinato prete il 3 giugno in Cattedrale

Appassionato di letteratura, cuoco mancato «da piccolino volevo iscrivermi all’alberghiero» racconta. Poi ha virato per l’insegnamento frequentando il classico. Al primo anno di università (lettere) è scoccata la scintilla e ha deciso di entrare in Seminario. Solare e gioviale, Emanuele Billo, 28 anni, originario di Locara, si racconta qualche giorno prima dell’ordinazione sacerdotale che riceverà dal vescovo Giuliano il 3 giugno, alle 16, in Cattedrale.

Sarà possibile seguirle l’ordinazione di don Emanuele in diretta su Radio Oreb e sul Canale YouTube della Diocesi di Vicenza.

Emanuele come si sente?
«Sto bene, sono sereno. Per quanto ne so potrei morire anche stanotte: perché affannarsi? Vivo questo tempo con grande spirito di consegna».

“Il diaconato è un sì che profuma di eternità”»” ci aveva detto alla vigilia dell’ordinazione diaconale. Quella sacerdotale è l’eternita?
«Beh, è per sempre. Si è preti per sempre. Poi mi piace spesso ricordare che con l’ordinazione si diventa “presbiteri” (preti), mentre “sacerdoti” lo siamo tutti nel battesimo. Anche lei che mi sta intervistando è una sacerdotessa».

Siamo tutti sacerdoti, re e profeti.
«Esatto. Sacerdoti perché siamo tutti abilitati alla preghiera: anche il quotidiano e persino il lavoro possono essere da noi offerti a Dio! Re perché siamo figli nel Figlio, profeti perché, pregando, per mezzo dello spirito, siamo resi capaci di leggere i segni dei tempi»

Lei riesce a leggere i segni dei tempi?
«Non sempre ci riesco. Preti e laici devono lavorare insieme proprio per questo. Un padre di famiglia, ad esempio, ha sicuramente uno sguardo diverso dal mio. Ho bisogno di lui. Lo stesso vale per i ragazzi. Mi aprono la mente».

Come sta andando l’esperienza pastorale nell’Up di Chiampo?
«Molto bene. Sto con i giovani, è quello che mi piace. Tra scout e Azione cattolica ce ne sono tantissimi. Volevo fare il professore di lettere proprio per crescere con i giovani».

Perché le piace stare con i ragazzi?
«Mi restituiscono quella freschezza che non ho vissuto appieno. Sono cresciuto bruciando le tappe. I giovani mi insegnano a vedere le cose da un’altra prospettiva. E mi fanno tenere i piedi per terra. Ragionano fuori dagli schemi. Sono tutt’altro che spenti e lavativi come spesso il mondo adulto li dipinge. Sono capaci di generare soluzioni e novità. Amo relazionarmi con loro soprattutto quando mi chiedono: “Don, che senso ha questa cosa?”».

Perchè è cresciuto “bruciando le tappe”?
«Fin da piccolissimo ho sempre impostato con molta serietà il mio futuro. Ho frequentato il liceo classico a Verona. Alle 6.20 ero in bici per raggiungere la stazione. Il treno partiva alle 6.40. Tutte le mattine. Puntavo ad un percorso solido e il più rapido possibile. Non volevo pesare sulla famiglia».

Famiglia religiosa-religiosa?
«No, normalissima. Diciamo che non era la classica famiglia all’ombra del campanile».

La fede da dove arriva?
«Dalle nonne: Elena e Regina. Loro sì che avevano una fede incrollabile. Da piccolino ricordo che mi dettavano le preghiere difficili. Salve Regina alle elementari non mi entrava in testa».

Ha una passione per la letteratura. Che cosa legge?
«Ho sempre amato i classici. In terza media ho letto tutta la Divina Commedia. In questa fase della vita mi piace il genere fantasy: Tolkien e Clive Staples Lewis. C’è tanta teologia nascosta».

Che prete le piacerebbe essere?
«Un fratello maggiore nella fede. Vorrei predicare il Vangelo con l’esempio, più che con le parole. È lo “stare” che fa la differenza. Ce lo insegna San Francesco. Punto a essere un prete disponibile, a cui dare del tu. Credo nei rapporti veri, oltre il ruolo che avrò. È necessario andare oltre».

Il 3 giugno sarà solo nell’enorme Cattedrale.
«Ho avuto tanti compagni di viaggio. Tanti che mi precedono nel ministero, come Nicolò Rodighiero che per me è un fratello, e qualcuno che mi seguirà. Il fatto che sono da solo mi potrebbe scoraggiare, ma guardo al di là della mia “classe”. C’è tanta grazia che mi precede e mi segue».

Emanuele Billo in Brasile con il vescovo Giuliano e i missionari fidei donum don Lorenzo Dall’Olmo, don Attilio Santuliana e don Enrico Lovato.

È rientrato da poco dal viaggio in Brasile con il vescovo Giuliano. Che esperienza è stata?
«Non volevo più tornare a casa. È stato un regalone. Mai avrei immaginato un’esperienza così bella, arricchente, gratificante. Il vescovo Giuliano ha una forza pazzesca. Il mio desiderio era di avere l’opportunità di conoscerlo prima di diventare prete. Così è stato. Lo ringrazio di cuore».

La foto ufficiale della sua ordinazione è stata scattata proprio lì. Finalmente qualcosa di più “moderno”, al passo con i tempi.
«Volevo un po’ rompere gli schemi. Volevo che esprimesse gioia. E ho voluto che comparissero anche i missionari fidei donum. È una foto di gruppo».

A casa i suoi genitori come stanno?
«Sono tutti molto più agitati di me. Io sono sereno anche per la celebrazione della prima messa a Locara. In realtà sarà la seconda. La vera prima messa è il 3 giugno, alle 16, in Cattedrale».

Chiudiamo con i peccati di gola. So che le piace cucinare. Che cosa le riesce meglio?
«Di sicuro i panificati: fare pane e pizza è il mio forte. E poi impastare mi rilassa. Dovendo scegliere un dolce direi la torta delle rose».

Marta Randon

(Diocesi di Vicenza)

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