“Le radici della santità di Pio X, un appello per noi oggi”

Vivere il pellegrinaggio delle spoglie di Giuseppe Sarto, Papa Pio X, come occasione per riappropriarci, in questo nostro tempo, delle radici che lo hanno generato alla santità: l’essere comunità cristiana viva capace di attrarre le nuove generazioni, l’essere appassionati e gioiosi annunciatori del Vangelo e, infine, l’essere pieni di compassione per le molteplici ferite presenti nel mondo. E’ questo l’invito che ha fatto mons. Giuliano Brugnotto, vescovo di Vicenza, nell’omelia della messa che ha presieduto stasera, 21 agosto, nella chiesa parrocchiale di Riese, di fronte a moltissimi fedeli, in occasione della festa di San Pio X. Una memoria, quest’anno, caratterizzata dall’evento straordinario della “Peregrinatio corporis” del Papa santo, in occasione dei 120 anni dell’elezione al soglio pontificio, che si terrà nella nostra diocesi dal 6 al 15 ottobre.

Nell’omelia, mons. Brugnotto ha sostato su tre radici della vita di Pio X “piantate in questa terra. Sono radici che hanno fatto germogliare Giuseppe Sarto alla santità nel servizio come pastore e sono pure un appello per noi”, ha detto il vescovo di Vicenza. Esse sono la radice della comunità cristiana, la radice del Vangelo e la radice della compassione per le ferite sociali.

Al termine della messa, la tradizionale processione dalla chiesa parrocchiale alla casa natale di Giuseppe Sarto.

Ecco l’omelia integrale:

OMELIA nella celebrazione Eucaristica della solennità di San Pio X

Riese Pio X, 21 agosto 2023

Letture: Ez 34,11-16; Sal 22(23); 1Ts 2,2a-8; Gv 21,15-17

La memoria di San Pio X è caratterizzata quest’anno da un evento straordinario: per la prima volta i resti mortali del santo giungeranno come in pellegrinaggio qui a Riese, suo paese natale. Una sorta di “visita del Papa” in occasione dei 120 anni della sua elezione a vescovo di Roma. La straordinarietà dell’evento vuole ravvivare una realtà che facilmente dimentichiamo: Pio X, come Maria e tutti i santi, è sempre presente in mezzo a noi nella comunione di coloro che già vivono in Dio. Egli è presente e ci sostiene nel cammino verso il Regno, perché anche noi possiamo rispondere alle chiamate di Dio in questo nostro tempo.

Alla luce della Parola di Dio che abbiamo ascoltato e considerando la visita straordinaria del Papa nella comunità cristiana che lo ha generato alla fede e lo ha forgiato nella sua umanità, possiamo sostare su tre radici della sua vita piantate in questa terra. Sono radici che hanno fatto germogliare Giuseppe Sarto alla santità nel servizio come pastore e sono pure un appello per noi.

La radice della comunità cristiana. Ce l’ha richiamata la promessa che Dio rivela al profeta Ezechiele: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore… le farò uscire dai popoli e le radunerò da tutte le regioni… le condurrò in ottime pasture. E ancora: andrò in cerca della pecora perduta… fascerò quella smarrita e curerò quella malata… Dio si prende cura di un popolo che è disperso per riunirlo insieme e fargli gustare la gioia dell’incontro e lo stupore per il creato voluto da Lui. Lo costituisce in comunità, non omologando tutti indistintamente, bensì prendendosi cura di ciascuno, nella condizione in cui si trova, di benessere o di povertà, sana o malata.

Come ricordava spesso don Pino Puglisi: “Dio ci ama, ma sempre tramite qualcuno”. Giuseppe Sarto ha conosciuto la cura di Dio in famiglia, con il papà Giovanni Battista e la mamma Margherita e i dieci fratelli e sorelle. L’ha conosciuta attraverso don Piero Paolo Pellizzari, il cappellano di Riese che lo ha battezzato e aveva unito in matrimonio i genitori. E pure con molte altre persone di questo paese si è sentito voluto bene dal Signore. Nella comunità di Riese Giuseppe si inserì nel coro, serviva all’altare come ministrante e prendeva parte alla formazione catechistica. Certamente sentì la vicinanza e la cura di molti quando nel 1852 morirono sia il padre che il fratello ultimogenito.

Questa comunità cristiana di Riese, nel XIX secolo in un tempo molto differente dal nostro, è stata una comunità capace di generare alla vita cristiana e alla santità un ragazzo e un giovane di questa terra.

La visita di papa Pio X ci rivolge una domanda: nei mutamenti culturali e sociali che ci vedono impegnati all’inizio del terzo millennio, i ragazzi e i giovani trovano ancora delle comunità cristiane vive, attraenti, capaci di far percepire la cura di Dio nei loro confronti? Una volta divenuto papa, Pio X si impegnò per portare un profondo rinnovamento ecclesiale, consapevole che la Chiesa non doveva preoccuparsi di mantenere privilegi ed essere, invece, sempre più radicata in Cristo a servizio dell’umanità.

La radice del Vangelo. L’annuncio del Vangelo è stata la caratteristica fondamentale del ministero dell’apostolo Paolo. Come Dio ci ha trovati degni di affidarci il Vangelo così noi lo annunciamo, non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio che prova i nostri cuori. Il Vangelo, interpretato alla luce dell’intera Bibbia e della tradizione soprattutto dei padri, è stato per Giuseppe Sarto il cibo solido che lo ha fatto crescere. In una lettera enciclica esorta tutti i sacerdoti a diffondere il Vangelo con la predicazione e non offrire solo il catechismo, perché quest’ultimo sono i rudimenti come si dà il latte ai bambini. Il Vangelo “È il pane, per dir così, che si spezza a chi è già adulto” (lettera Enciclica Acerbo nimis, 15 aprile 1905). Non possiamo dimenticare, inoltre, che nel 1906 papa Pio X rese obbligatorio un corso di Sacra Scrittura per tutti i seminaristi che si preparavano all’ordinazione. E nel 1909 fondò a Roma il Pontificio Istituto Biblico.

Ma la radice che ha permesso a Giuseppe Sarto di abbeverarsi alla linfa del Vangelo, affonda qui, nella comunità cristiana che lo ha visto crescere, soprattutto con i parroci e i cappellani del tempo, essendo l’annuncio del Vangelo una prerogativa dei preti. Oggi noi abbiamo consapevolezza che tutti i cristiani hanno ricevuto il dono dello Spirito Santo e sono chiamati a diffondere la gioia del Vangelo.

Con la prossima visita di papa Pio X ci viene consegnata la domanda di papa Francesco: “E noi che cosa aspettiamo [ad annunciare il Vangelo]?”. Egli afferma “Ogni cristiano è missionario nella misura in cui si è incontrato con l’amore di Dio in Cristo Gesù […]. Se non siamo convinti, guardiamo ai primi discepoli, che immediatamente dopo aver conosciuto lo sguardo di Gesù, andavano a proclamarlo pieni di gioia: «Abbiamo incontrato il Messia» (Gv 1,41). La samaritana, non appena terminato il suo dialogo con Gesù, divenne missionaria, e molti samaritani credettero in Gesù «per la parola della donna» (Gv 4,39). Anche san Paolo, a partire dal suo incontro con Gesù Cristo, «subito annunciava che Gesù è il figlio di Dio» (At 9,20). E noi che cosa aspettiamo?” (Esortazione apostolica Evangelii gaudium n. 120).

La radice della compassione per le ferite sociali. Certamente anche il nostro “Bepi Sarto” si è sentito più volte interpellato da Gesù: Mi ami tu più di costoro? E la risposta, anche forse la più sofferta, come quando dovette accettare l’elezione dei cardinali, è stata quella di Pietro: Signore, tu lo sai che ti voglio bene. E il Signore di volta in volta gli ha affidato le sue pecore.

Così Pio X si è fatto carico della vita di tante persone, con una predilezione per quelle più deboli, o malate, o vittime di ingiustizie. Uno sguardo sulle persone e sul mondo che ha imparato qui nella sua famiglia e nella vita parrocchiale. Uno sguardo sul mondo intero come quando, all’inizio del pontificato, delinea una sorta di programma – era il 4 ottobre 1903. Scrive ai vescovi: “Chi mai […] non si sentirà turbato dalla trepidazione e dall’angoscia nel vedere che gli uomini – mentre si esaltano giustamente i progressi umani – si combattono atrocemente la maggior parte fra loro, così che quasi vi è guerra di tutti contro tutti? Il desiderio di pace è certamente un sentimento comune a tutti, e non vi è alcuno che non la invochi ardentemente. La pace, tuttavia, una volta che si rinneghi la Divinità, è assurdamente invocata: dove è assente Dio, la giustizia è esiliata; e tolta di mezzo la giustizia, invano si nutre la speranza della pace” (enciclica E supremi, n. 7).

Giuseppe Sarto, da parroco di Salzano, sostenne convintamente l’attività della Filanda per dare l’opportunità del lavoro femminile. A Mantova, da vescovo, ebbe attenzione al lavoro sociale. Da pontefice difese i diritti degli indigeni in Amazzonia. E concluse la sua esistenza con una incessante preghiera per la pace mentre scoppiava il primo conflitto mondiale (Esortazione apostolica Dum Europa). In lui, l’amore per il Signore muoveva alla compassione per l’umanità ferita dalle ingiustizie sociali.

Anche questa radice di San Pio X diviene oggi un appello a noi credenti che spesso rimaniamo indifferenti e insensibili di fronte alle molteplici ingiustizie presenti nel mondo. Ascoltiamo il grido dei poveri oppressi? Ascoltiamo il grido della terra?

Accogliamo il pellegrinaggio delle spoglie di San Pio X come occasione per riappropriarci in questo nostro tempo delle radici che lo hanno generato: l’essere comunità cristiana viva capace di attrarre le nuove generazioni, l’essere appassionati e gioiosi annunciatori del Vangelo e, infine, l’essere pieni di compassione per le molteplici ferite presenti nel mondo.

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(Diocesi di Treviso)

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