La sfida educativa per una sessualità buona

«Quando parliamo di educazione alla sessualità affrontiamo una realtà complessa, che coinvolge varie dimensioni: corpo, affetti, psiche, cultura, la comprensione della sessualità che ci viene data dalla nostra storia personale e dal tempo in cui viviamo. È qualcosa che si evolve, che cambia a seconda dell’età. Non la si può definire una volta per tutte».

Don Luca Lunardon, a partire da quest’anno, sarà il nuovo docente di Morale sessuale e familiare all’Istituto superiore di scienze religiose “Arnoldo Onisto”, un incarico per il quale si è preparato studiando all’Università Gregoriana di Roma, dove sta completando la tesi di dottorato.

Don Luca, oggi più che in passato il tema della pornografia sembra centrale quando si affronta l’educazione alla sessualità. Perché?

«La novità non è la diffusione di contenuti pornografici, ma la facilità con cui oggi si può accedere ad essi. Non esiste più, ad esempio, la mediazione di un edicolante o il rischio di essere scoperti utilizzando il computer di casa. Questo cambia le dinamiche: non c’è un controllo, una consapevolezza personale, e attraverso lo smartphone l’esposizione avviene ad un’età sempre più bassa. Anche la pornografia incide sull’aspetto evolutivo della sessualità, e siccome viene vissuta autonomamente, senza una persona adulta che possa aiutare a capire, l’immaginario sessuale e relazionale viene determinato dalla forza delle immagini viste, non da un discorso fatto in famiglia o nella comunità ecclesiale».

Qual è il messaggio che dovrebbe venire dalla comunità ecclesiale su questo argomento?

«Il problema della pornografia non è che si vedano gli organi genitali o dei rapporti sessuali. Sappiamo che essi sono parte della creazione di Dio, anche su quelli Dio dice che sono cosa molto buona. Il punto è che le immagini pornografiche veicolano un modo deformato di relazionarsi con gli altri, e sul tema delle relazioni la Chiesa ha molto da dire, anche alla luce del mistero di Dio».

Siamo in un un’epoca in cui occorre ancora ribadire che la sessualità è cosa buona?

«Sì, ci troviamo ancora a dover dire che la sessualità è un fatto positivo, che è parte della nostra persona, non un incidente di percorso o qualcosa che dobbiamo prima di tutto gestire, guardare con diffidenza o regolare. È parte di noi, muove le energie più profonde, e il cammino della nostra vita è imparare a vivere questa spinta verso gli altri come dono. Questa è la sfida educativa. Evangelicamente, significa vivere la sessualità come linguaggio per esprimere l’amore».

Ma quali bisogni spingono all’utilizzo di contenuti pornografici, a parte la ricerca di piacere fisico e mentale?

«In un libro ben fatto, intitolato “L’amore vero” (Queriniana), Martin Steffens definisce la pornografia come una caricatura dell’amore. Di fronte all’amore libero e liberante di Gesù – capace di farsi carico dell’altro, di amare anche quando non si è compresi, o di affrontare il morire a se stessi che amare porta con se’ – la pornografia è una scorciatoia, un modo di pensare all’unione tra due persone che non passa attraverso le attese, la fatica, i tempi, i rituali del corteggiamento e della comunicazione. È l’illusione di pensarci uniti senza passare attraverso la gradualità e la pazienza che questo richiede. Per un adulto, la pornografia può essere la ricerca di consolazione in un momento della vita attraversato da tensioni, o di fuga quando la propria autostima è bassa… situazioni diverse dal giovane che vuole vedere cos’è un rapporto sessuale e come funziona. Quella che potrebbe sembrare una semplice ricerca di evasione, però, può creare ulteriore frustrazione, o confermare alcune immaturità o modi errati di relazionarci che portiamo avanti senza rendercene conto. È da qui che nasce la sfida educativa: occorre parlarne proprio perché nella sessualità in sé non c’è nulla di male, e per evitare che uno vada a cercare risposte da solo nel luogo sbagliato».

Parlare di sessualità nella comunità cristiana non è facile. Esistono molte idee diverse, dai rapporti pre matrimoniale all’utilizzo dei contraccettivi. Come si superano queste differenze?

«Le posizioni diverse all’interno della comunità cristiana e dei loro pastori ci sono sempre state, perché la varietà di situazioni presenti non permette di dare a tutti la stessa indicazione. Lungo la storia della Chiesa e della morale ci sono sempre stati strumenti per comprendere la norma nella situazione concreta, riconoscendo quale valore contiene e applicandolo, a volte anche superando la norma stessa. Gli ultimi Sinodi sulla famiglia (2014 e 2015) hanno messo in evidenza che, rispetto all’insegnamento ufficiale, molti fedeli stanno raggiungendo un equilibrio diverso, a partire dalla loro esperienza e da situazioni nuove. Per questo, Amoris laetitia ha recuperato la tradizione morale del discernimento tipica di Alfonso Maria de Liguori e di Tommaso D’Aquino, perché le norme morali non sono irreformabili o fini a se stesse, ma nascono dal dialogo continuo tra il Vangelo e l’esperienza umana, dialogo che la comunità cristiana ha il dovere di portare avanti senza timore, con i suoi diversi punti di vista».

Andrea Frison

(Diocesi di Vicenza)

Please follow and like us