La chiesa di san Francesco ha ospitato, venerdì 26 gennaio, la veglia diocesana per la vita, promossa dall’ufficio di Pastorale familiare, dai Centri aiuto vita e dal Movimento per la vita della diocesi di Treviso.
La celebrazione, “tappa” annuale in occasione della giornata per la vita, è sempre un invito a pregare e a riflettere, partendo dal messaggio dei Vescovi italiani che quest’anno aveva come titolo “La forza della vita ci sorprende”.
L’invito è quello a lasciarci “sorprendere” dalla potenza della vita, che ci rende immagine di Colui che ce l’ha donata, portatrice di bellezza e di fecondità. Nella Pasqua ogni vita è stata redenta dalla morte e dalla Resurrezione di Cristo: è solo dentro questo mistero di salvezza che possiamo intuire e sperimentare che la vita – ogni vita -, anche quella che agli occhi del mondo può apparire inutile e insignificante (dell’anziano, del disabile, dell’immigrato, del bambino nel grembo materno…) è in se stessa generatrice di bellezza, in solidarietà, amore, amicizia, “dono degno di essere accolto e capace di offrire a propria volta grandi ricchezze di umanità e spiritualità a un mondo che ne ha sempre maggiore bisogno” (dal messaggio dei Vescovi).
“La vita si comprende quando è narrata, perché la Parola si è fatta vita…”: così, don Antonio Mensi, vicario per le Collaborazioni pastorali, che ha presieduto la veglia, ha commentato la Parola di Dio e le testimonianze di Ida, Luigi e Bruna e Orietta.
Il Vangelo ci mostra come la vita “può essere invisibile agli occhi”, come quella del piccolo seme, del granello di senape e del chicco di grano – immagini della piccolezza e della fragilità scelte da Gesù per parlare della sua vita e del suo Regno – che nel nascondimento e nella loro debolezza sono generativi di comunione, di umanità e di speranza. Essi “proteggono in noi l’umanità di Cristo”, sviluppando in noi la bellezza dell’essere bisognosi di cura e di misericordia e donandoci occhi nuovi, capaci di lasciarci sorprendere dalla fecondità di ogni vita umana. “Ascoltare e narrare è condividere, per arricchirci vicendevolmente” ha sottolineato don Antonio. Perché la vita va ascoltata. Se non ascoltiamo la vita, ascoltiamo altro: le nostre paure, i pregiudizi… e l’altro – il fratello, la sorella – diventa per noi una minaccia.
E noi abbiamo ascoltato, durante la veglia, il racconto delle vite di Carlo, un bambino nato con la sindrome di down, di Tanya, Maxim e Ivan, una mamma e due bambini ucraini profughi in Italia a causa della guerra e ospiti di una famiglia trevigiana, e di Maria, una donna malata di sla in fase terminale, ricoverata in una struttura sanitaria: vite apparentemente “ai margini”, ma che si sono rivelate – come scrivono i Vescovi – “un dono prezioso”, capaci di generare gioia, solidarietà, gratitudine in chi ha saputo accoglierle. (L.B.)
Che sorpresa, la forza della vita!
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