una kebabberia quale base operativa di spaccio. Minori alloggiati in abitazioni ed impiegati come galoppini. 4 misure cautelari e sequestro del locale

I poliziotti della Squadra Mobile della Questura di Padova hanno eseguito su delega della Procura della Repubblica di Padova un’ordinanza di applicazione di misure personali e reali disposta dal G.I.P. del Tribunale di Padova nei confronti di quattro soggetti di nazionalità tunisina, con precedenti vari, gravemente indiziati di aver ceduto nella città di Padova, tra il luglio ed il settembre 2023, anche per il tramite di minori, sia stranieri che italiani (taluni dei quali sotto i quattordici anni), sostanze stupefacenti del tipo cocaina e hashish ad una pluralità di soggetti.

Per due degli indagati, un 46enne abitante a Villafranca Padovana, titolare di una Kebabberia di Via Chiesanuova, a Padova, esercizio pubblico di cui è stato pure disposto il sequestro preventivo, ed un 20enne domiciliato a Selvazzano, attualmente già detenuto per altri gravi fatti, sono stati destinatari della misura della custodia cautelare in carcere. Per gli altri complici, due fratelli di 23 e 27 anni, di fatto senza fissa dimora e tuttora oggetto di ricerche, è stato disposto il divieto di dimora nei comuni della Regione Veneto.

L’indagine affidata ai poliziotti è scaturita proprio da alcuni interventi che i medesimi agenti della Squadra Mobile avevano effettuato nei mesi precedenti a ridosso ed all’interno dell’esercizio pubblico gestito dal 46enne, sequestrando droga ed armi (machete), e denunciando o in alcuni casi arrestando diversi pusher, così maturando il convincimento che il locale fungesse in realtà da base operativa e logistica. Un punto di riferimento per i diversi pusher, per lo più minorenni stranieri non accompagnati, di fatto impiegati nell’attività di spaccio su strada dal 46enne e dal 20enne suo fidato collaboratore. Quest’ultimo provvedeva a sua volta ad effettuare le cessioni di stupefacenti, a differenza del primo, che invece non maneggiava ma direttamente la cocaina, piuttosto riceveva dai galoppini il denaro provento dello spaccio.

I giovanissimi pusher erano soliti stazionare nel locale in attesa di raggiungere i luoghi deputati agli scambi con i clienti. Le zone adiacenti al medesimo locale ed al Cimitero Maggiore, ma anche Via Caporello, Via Palestro, Via Sorio, le adiacenze del centro commerciale di Rubano e ancora Riviera San Benedetto e le vie limitrofe ad essa.

Aspetto allarmante è l’attività che è stata volta a reperire alloggi per i minorenni non accompagnati impiegati nello spaccio. Grazie alla complicità di una cittadina marocchina pregiudicata per sfruttamento della prostituzione minorile, i minorenni venivano alloggiati in cambio di denaro in un’abitazione di Via San Giovanni Bosco. Così, benché affidati alle Comunità ogniqualvolta venivano rintracciati sul territorio e denunciati a piede libero, i minori continuavano a trovare in quella dimora un punto di riferimento ove poter tornare.

La capacità di controllo che il duo aveva sulla batteria dei giovanissimi “cavallini” emergeva proprio allorquando taluno di loro veniva indagato dalla Squadra Mobile perché sorpreso a cedere cocaina, quindi affidato ad una Comunità. Il minore fuggiva dalla comunità dopo appena pochi minuti dal suo affidamento e veniva recuperato a bordo di vetture inviate appositamente dal 46enne, in ogni caso sempre attento ad evitare di parlare al telefono con i suoi “cavallini”, dai quali veniva contattato solitamente per interposta persona, oppure mediante applicazioni di messaggistica difficilmente intercettabili.

Un’ampia rete di spaccio con un giro d’affari quantificabile in 5.000 euro giornalieri ovvero 35.000 euro settimanali. Più di mezzo chilo di cocaina ceduta settimanalmente, cui si aggiungevano le cessioni di hashish, anche in quel caso per quantitativi non irrilevanti. In una delle tante intercettazioni il 46enne faceva cenno pure ad un complice che aveva fatto ritorno in Tunisia portandosi dietro più di un chilogrammo di cocaina, esortando in quella circostanza il suo interlocutore a controllare se il connazionale vendesse la cocaina nel “loro quartiere” in Tunisia.

Durante l’indagine i poliziotti hanno operato l’arresto in flagranza di 4 pusher (2 minori di età) ed il sequestro di droga (cocaina ed hashish). Ma altri sono stati i minori deferiti alla Procura per i Minorenni di Venezia. 37 sono invece i clienti identificati e segnalati alla Prefettura, su un totale di più di 100 soggetti, giovani e meno giovani, di tutte le estrazioni sociali, che hanno acquistato in varie occasioni cocaina e hashish. Clienti ben consapevoli di ricevere la droga da minori, e vale a dire da giovani sotto i sedicenni, in un caso persino un 13enne più volte controllato e arrestato nella flagranza di attività di spaccio di cocaina.

Il solo 20enne è stato sottoposto alla misura in carcere anche per una rapina commessa appena il luglio scorso, quando d’accordo con altre persone, prendeva a colpi di mazza un connazionale, provocandogli la frattura delle ossa nasali e un trauma oculare, e minacciandolo pure con un coltello, il tutto per impossessarsi di una somma di denaro, verosimilmente legata anch’essa allo spaccio. Un episodio riconducibile di fatto ad un conflitto finalizzato al controllo del territorio di spaccio ed ai relativi proventi.

Oltre al sequestro della Kebabberia di Via Chiesanuova, i poliziotti della Squadra Mobile hanno eseguito pure delle perquisizioni delegate dalla stessa Procura della Repubblica, una delle quali disposta nei confronti del 46enne ha portato gli agenti a scoprire e sequestrare 10.000 euro di merce di probabile provenienza furtiva, fra orologi, bracciali e collane di vario valore.  Un riscontro importante a quanto già emerso dalle intercettazioni, in una delle quali il 46enne chiedeva ad un secondo soggetto se stesse vendendo l’oro che i clienti avevano lasciato come garanzia in cambio della droga. Proprio in quel medesimo dialogo l’indagato evidenziava che la Squadra Mobile era attiva di giorno e di notte in zona.

(Questura di Padova)

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